INDICE
C1.1 - LOGICA DELLA NORMA

C1.2 - ORGANIZZAZIONE DELLA NORMA E DELLA CIRCOLARE

C1.1 LOGICA DELLA NORMA
L’attuale revisione delle Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC) viene alla luce nove anni dopo l’emanazione delle NTC08.
Questo lungo lasso di tempo si è reso necessario in considerazione delle importanti novità introdotte dalla precedente normativa, che ha rappresentato un vero e proprio giro di boa rispetto al passato, e per consentire, quindi, ai fruitori di acquisire una consuetudine all’uso e una sensibilità tali da far emergere quegli aspetti meno chiari o controversi che, unitamente al miglioramento delle conoscenze tecniche e scientifiche oltre che all’evoluzione tecnologica, determinano la spinta verso la revisione di un testo normativo.
Pur essendo state apportate numerose e significative modifiche e integrazioni al testo precedente, nell’aggiornare le Norme non è stato cambiato l’impianto generale e l’articolazione del documento.
In effetti, la sismicità del nostro paese, diffusa in tutto il territorio nazionale, e i condizionamenti progettuali connessi con la presenza di azioni sismiche, suggerirebbero l’opportunità di unificare, sintetizzandoli, i contenuti del Capitolo 7 (Progettazione per azioni sismiche) con i precedenti Capitoli 4 (Costruzioni civili e industriali), 5 (Ponti) e 6 (Progettazione geotecnica). Ciò nonostante si è realisticamente preferito lavorare solo sui contenuti delle Norme.
Tenuto conto di tutto ciò, con queste note introduttive si intende offrire al progettista una linea guida e rendere univoca l’interpretazione per agevolare l’uso delle Norme, evidenziando all’interno delle stesse quei percorsi logici unitari e unificanti che, non necessariamente, corrispondono alla mera successione dei Capitoli.
Il percorso progettuale, volendolo sintetizzare, può ritenersi articolato nelle fasi della concezione, della verifica, della esecuzione e del controllo:
• la concezione è tutta e sola appannaggio della creatività, della competenza tecnica e dell’esperienza del singolo progettista; essa ricade nella sua esclusiva responsabilità, certo non può essere normata;
• la verifica, la esecuzione e il controllo, invece, ricadono nella sfera delle attività collettive, assumendo l’aspetto di un contratto sociale, di una convenzione che, pur essendo basata su valutazioni scientifiche, giunge a fissare la frontiera tra lecito e illecito, tra accettato e rifiutato.
La normativa, proprio per il suo carattere eminentemente contrattuale e sociale, non si occupa della concezione, ma solo della verifica, della esecuzione e del controllo.
In questo ambito, certamente più ristretto, dello sviluppo progettuale, assumono importanza preminente, per gli obiettivi innanzi dichiarati, il modello di calcolo e il metodo di analisi, tenendo presente che le costruzioni civili, rispetto ai prodotti industriali, ad esempio, costituiscono sempre “oggetti unici”, cioè “prototipi”. Per quest’ultimo motivo è utile identificare e riconoscere, da subito, quegli elementi unificanti, validi cioè per ogni costruzione, necessari per l’individuazione del modello di calcolo e la scelta del metodo di analisi.
Per ogni costruzione civile il confronto tra capacità e domanda, che la valutazione del livello di sicurezza impone, richiede una quantificazione conseguita attraverso il filtro del modello di calcolo individuato e del metodo di analisi prescelto.
La normativa lascia il modello di calcolo alla sostanziale discrezionalità del progettista, con alcune prescrizioni minime ineludibili. Ai fini della modellazione, quanto prescritto dalle Norme al § 6.2.2 (Indagini, caratterizzazione e modellazione geotecnica) e al § 7.2.6 (Criteri di modellazione della struttura e dell’azione sismica) costituisce certamente un elemento comune a tutte le costruzioni civili.
Passando ai metodi di analisi, le revisionate NTC ne consentono più d’uno; ovviamente si dovrà armonizzare il metodo di analisi con le scelte fatte in sede di modellazione. Ai fini della scelta dei metodi di analisi, quanto prescritto dalle Norme al § 4.1.1 (Valutazione della sicurezza e metodi di analisi), al § 6.2.4 (Verifiche della sicurezza e delle prestazioni) e al § 7.3 (Metodi di analisi e criteri di verifica), costituisce un elemento comune a tutte le costruzioni civili.
È dunque utile e opportuno, nelle fasi di modellazione e analisi di una costruzione, considerare insieme, e nell’insieme, i paragrafi innanzi indicati, perseguendo così quell’unitarietà di impostazione che il percorso progettuale delle costruzioni richiede.
Questa unitarietà di impostazione, peraltro - che gli aspetti trattati siano quelli architettonico-distributivi o quelli della meccanica dei terreni, dei materiali e delle strutture o quelli dell’ambiente interno e degli impianti che lo formano e lo controllano - deve essere percepita e tenacemente perseguita fin dalla fase della “concezione”, che pure esula dall’ambito normativo; solo così, quando dalla concezione si passerà, rientrando nell’ambito della normativa, alla verifica, alla esecuzione e al controllo, si potrà conseguire la desiderata unitarietà.
Un aspetto centrale della modellazione, con evidenti riflessi sulla scelta del metodo di analisi, è la ricerca di una risposta duttile della costruzione e del terreno di fondazione.
Una risposta duttile permette di evitare, per quanto possibile, la formazione di meccanismi parziali; ciò avviene per effetto del comportamento di tipo incrudente positivo proprio di questa risposta, tale cioè da permettere ridistribuzioni delle sollecitazioni e da perseguire, al crescere delle azioni esterne, la formazione di meccanismi globali.
Ovviamente, un sistema duttile, costruzione o terreno che sia, mobilita progressivamente la sua capacità a prezzo di deformazioni crescenti. Ecco dunque l’attenzione delle NTC nei riguardi degli stati limite di esercizio, attenzione che si deve trasferire al progettista.
Le considerazioni innanzi espresse evidenziano i limiti concettuali, ai fini della valutazione della duttilità necessaria, delle analisi che fanno riferimento al solo modello di mezzo elastico lineare o al solo modello di mezzo rigido-plastico, mentre tale obiettivo è perseguibile con modelli non lineari, in grado di descrivere adeguatamente il comportamento duttile di una costruzione. Il riferimento a modelli non lineari e a comportamento elastoplastico incrudente è ormai consolidato nell’ingegneria strutturale e geotecnica e i metodi di analisi che incorporano questi modelli sono ormai implementati in programmi di analisi di ampia diffusione. Peraltro il metodo di analisi più diffuso rimane quello che modella le strutture come elastiche lineari, eventualmente tenendo conto dei così detti effetti del 2° ordine mediante matrici di rigidezza geometriche. La dimestichezza che con esso hanno i progettisti, unita all’indubbia facilità d’uso, hanno fatto sì che le revisionate NTC lo utilizzino sistematicamente, favorendone l’adozione anche in presenza di azioni dinamiche di forte entità (il sisma eccezionale) e di comportamenti dei materiali fortemente non lineari per eccesso di deformazione, oltre che di tensione.
Da un lato, dunque, modello di analisi elastico lineare, dall’altro materiale deformato fortemente, ben oltre il limite elastico; questa evidente contraddizione ha motivazioni precise che è bene ricostruire.
Nella continua ricerca di soluzioni sicure e più economiche, l’ingegneria civile è stata, di necessità, costretta a spingersi nel campo delle deformazioni plastiche, cercando nella plasticità e nella riduzione di rigidezza che essa comporta un modo per favorire la naturale ridistribuzione della domanda sia sulla singola sezione e sulla singola membratura, sia sull’intera costruzione; un modo, dunque, per conseguire costruzioni ad un tempo più sicure e più economiche.
Tale processo ha interessato, negli anni, dapprima la sezione e immediatamente dopo l’intera costruzione, sostanziandosi nelle metodologie tipiche dell’analisi limite (analisi plastica) e dell’analisi non lineare. Nello specifico, si è passati: per la sezione, dal valutare la capacità riferendosi alle tensioni (metodo delle tensioni ammissibili, non più ammesso dalle revisionate NTC) al valutarla riferendosi alle resistenze (metodo a rottura), per la costruzione, dal valutare la domanda con analisi lineari elastiche al valutarla con analisi plastiche o non lineari.
A questo punto, è bene precisare che la ricerca di duttilità non è confinata ai casi in cui l’azione sismica sia dimensionante, anzi essa è basilare, in tutte le altre situazioni di carico, per conseguire la robustezza, ovvero la “capacità di evitare danni sproporzionati rispetto all’entità di possibili cause innescanti eccezionali …” e di eventuali errori di progettazione o di esecuzione.
Le accortezze costruttive, utili per conseguire sezioni, elementi, collegamenti, strutture duttili (indipendentemente dalla duttilità intrinseca del materiale impiegato), si possono dunque utilizzare sistematicamente, qualunque sia l’azione che produce la domanda; in particolare la progettazione in capacità e i particolari costruttivi illustrati nel Capitolo 7 migliorano il comportamento locale e d’insieme anche in presenza di azioni gravitazionali o di azioni eccezionali.
In tal senso sono utilmente generalizzabili la distinzione tra sezioni, elementi, collegamenti a comportamento fragile e a comportamento duttile e le accortezze finalizzate ad accoppiare correttamente gli uni con gli altri e a conseguire un comportamento duttile sia locale sia globale, evitando i collassi locali.
L’ampia messe di dati sperimentali resasi disponibile, evidenziando la sostanziale aleatorietà dei parametri che caratterizzano sia i materiali sia le azioni, ha poi costretto a trattare il problema della sicurezza in termini probabilistici, sempre, indipendentemente dal metodo d’analisi adottato.
La sicurezza viene valutata, come recita il § 2.1. “Principi fondamentali”, riferendosi a precisi Stati Limite, sia Ultimi (SLU) sia di Esercizio (SLE), : “La sicurezza e le prestazioni di un’opera o di una parte di essa devono essere valutate in relazione agli stati limite che si possono verificare durante la vita nominale di progetto, di cui al § 2.4; il “mancato superamento di uno stato limite” (“verifica”) è immediatamente deducibile dalla definizione stessa dello stato limite.
Per alcuni degli Stati Limite Ultimi (SLU) si prefigura la necessità di cogliere il comportamento d’insieme della costruzione al di là del limite elastico; ciò avviene per gli Stati Limite Ultimi:
a. raggiungimento della massima capacità di resistenza della struttura nel suo insieme;
b. raggiungimento di una condizione di cinematismo;
per la verifica dei quali si deve ricorrere o ad un modello plastico o ad un modello non lineare. È evidente, infatti, che un modello elastico lineare non sempre consente di leggere il raggiungimento della massima capacità d’insieme o il manifestarsi di una condizione di cinematismo e, dunque, non sempre consente di progettare sfruttando a pieno la capacità della costruzione.
Da tale constatazione scaturisce l’abbinamento tra analisi elastica lineare e verifica della sezione effettuata accettando che il materiale si deformi fortemente, ben oltre il limite elastico, con la evidente contraddizione prima segnalata.
Volendo effettuare un’analisi elastica lineare e non potendo “verificare” gli stati limite d) ed e) si rinuncia a utilizzare, consapevolmente e totalmente, la capacità d’insieme della costruzione (seguendone l’evoluzione al crescere della domanda) e ci si limita a sfruttare, cautelativamente e a favore di sicurezza, la capacità delle singole sezioni.
Come necessariamente avviene, a fronte di un metodo di “verifica” che opera a favore di sicurezza, la struttura finisce per avere un eccesso di capacità (sovracapacità) rispetto alla capacità minima ammessa. La significativa sovra capacità conseguita valutando la domanda con un’analisi elastica lineare e verificando le sezioni a rottura si può leggere, con un’analisi plastica o non lineare, seguendo la domanda e la sua evoluzione al plasticizzarsi delle sezioni.
L’istanza a conseguire strutture sicure ma più economiche spinge, peraltro, a contenere il più possibile tale sovra capacità; a tal fine le revisionate NTC impiegano la ridistribuzione.
In particolare, come recita il § 4.1.1.1 “Analisi elastica lineare” e come si può fare per qualunque materiale e qualunque azione: “... OMISSIS … Per le sole verifiche agli stati limite ultimi, i risultati dell’analisi elastica possono essere modificati con una ridistribuzione dei momenti, nel rispetto dell’equilibrio e delle capacità di rotazione plastica delle sezioni dove si localizza la ridistribuzione. In particolare la ridistribuzione non è ammessa per i pilastri e per i nodi dei telai, è consentita per le travi continue, le travi di telai in cui possono essere trascurati gli effetti del secondo ordine e le solette, a condizione che le sollecitazioni di flessione siano prevalenti ed i rapporti tra le luci di campate contigue siano compresi nell’intervallo 0,5-2,0.”
La ridistribuzione è un’applicazione semplificata dell’analisi plastica che permette di sfruttare, almeno in parte, la duttilità disponibile. L’entità delle sollecitazioni da ridistribuire è lasciata alla scelta del progettista, con un limite superiore fissato al 30%; l’applicazione al modello delle aliquote di sollecitazione da ridistribuire (cambiate di segno) consente di determinare, con un’analisi elastica lineare, le variazioni della domanda. La ridistribuzione, formulata nel Capitolo 4 per le costruzioni con struttura di c.a., può essere estesa a costruzioni in altri materiali o ad azioni diverse dalle azioni gravitazionali (in particolare le azioni sismiche) semplicemente adattando i limiti propri della ridistribuzione al materiale e all’azione considerati.
Tutte le precedenti considerazioni si riferiscono, evidentemente, alle nuove costruzioni, ma l’unità e la completezza del percorso progettuale, inteso come percorso obbligato, valgono anche per le costruzioni esistenti (Capitolo 8). Un’analisi critica consentirà di cogliere meglio la sostanziale coerenza esistente tra progettazione del nuovo e progettazione di interventi sull’esistente.
Centralità del modello di calcolo, capacità e domanda definite in termini sia tensionali sia estensionali, importanza della duttilità e attenzione ai modi per conseguirla (la progettazione in capacità), metodi di analisi, sostanziale preferenza attribuita all’analisi lineare elastica, verifica in termini di stati limite, ridistribuzione, sono ancora dati unificanti, validi sia per progettare le nuove costruzioni, sia per contribuire all’identificazione delle criticità delle costruzioni esistenti e per definire i relativi interventi.
La principale differenza tra costruzioni nuove e costruzioni esistenti è rappresentata, in termini progettuali, dalle peculiarità e dalle problematiche connesse alla loro conoscenza.
Per le nuove costruzioni la conoscenza è analitico-previsionale (legata allo stato di progetto e alle caratteristiche meccaniche dei materiali realmente prodotti e impiegati, con una relativa attenzione a come i vari elementi sono organizzati tra loro, in quanto tale organizzazione è fissata/garantita dal progetto, a meno di grossolani errori di ideazione o di esecuzione).
Per le costruzioni esistenti la conoscenza è sintetico-consuntiva (legata allo stato di fatto, con una relativa attenzione alle caratteristiche meccaniche dei materiali impiegati che, entro certi limiti, sono conoscibili e valutabili, e un’attenzione particolare al modo nel quale le diverse membrature sono articolate tra loro, meccanicamente e temporalmente, e a come, di conseguenza, interagiscano).
Tale peculiare distinzione conoscitiva tra costruzioni nuove e costruzioni esistenti non era ben evidenziata dalla precedente versione della Norma (in particolare dalla sua circolare attuativa).
Nell’approccio classico alla teoria della sicurezza le incertezze intrinseche nel modello di calcolo vengono accorpate con le incertezze sulle azioni (si veda al riguardo il § 6.3.2. dell’EN1990). Accade così che l’incertezza intrinseca del modello sfumi nelle incertezze proprie delle azioni, scomparendo spesso dalla comune consapevolezza. Conseguentemente il modello diviene, per chi lo definisce, estraneo al controllo delle incertezze, laddove invece, specie per le costruzioni esistenti, è il loro principale contenitore.
Recuperare l’incertezza del “livello di conoscenza” propria del modello di calcolo (incertezza usualmente espressa attraverso un coefficiente moltiplicativo dell’azione) ricorrendo soltanto a un coefficiente riduttivo della resistenza dei materiali può enfatizzare eccessivamente l’importanza delle indagini sui materiali, che restano comunque indispensabili.
Ciò porta talvolta a sottostimare l’importanza delle indagini relative ai dettagli costruttivi, alla connessione dei vari elementi tra loro, alle loro modalità di interazione e di collasso; questi elementi sono invece fondamentali per identificare le criticità presenti e irrinunciabili per individuare il modello di calcolo globale (che descrive il comportamento d’insieme della costruzione) e i modelli di calcolo dei meccanismi di collasso locali.
A conferma di ciò, il § 8.5.4. “Livelli di conoscenza e fattori di confidenza” recita:“ Sulla base degli approfondimenti effettuati nelle fasi conoscitive…, saranno individuati i “livelli di conoscenza” dei diversi parametri coinvolti nel modello e definiti i correlati fattori di confidenza, da utilizzare nelle verifiche di sicurezza.
Ai fini della scelta del tipo di analisi e dei valori dei fattori di confidenza si distinguono i tre livelli di conoscenza seguenti, ordinati per informazione crescente: LC1; LC2; LC3.
Gli aspetti che definiscono i livelli di conoscenza sono: geometria della struttura, dettagli costruttivi, proprietà dei materiali, connessioni tra i diversi elementi e loro presumibili modalità di collasso.
Specifica attenzione dovrà essere posta alla completa individuazione dei potenziali meccanismi di collasso locali e globali, duttili e fragili.”
Come si vede, le revisionate NTC sono esplicite in merito a quali siano le indagini da compiere ovvero quelle finalizzate a far emergere eventuali criticità presenti e a individuare i vari modelli di calcolo necessari per descrivere comportamenti globali e locali.
D’altra parte, mentre è agevole quantificare in termini di numerosità e di distribuzione i prelievi dei materiali e le relative prove meccaniche, è estremamente difficile definire “livelli di conoscenza e fattori di confidenza” associati all’effettivo comportamento della costruzione. Ancor più complesso è poi individuare le tipologie di elementi costruttivi che condizionano, positivamente o negativamente, tale comportamento, specie se sono interagenti e combinate nei modi più vari. Non è possibile, infatti, un confronto diretto tra le varie tipologie di elementi costruttivi rilevabili su una costruzione esistente e le prescrizioni tecnico-costruttive che la Norma impone alle nuove costruzioni e che consentono, per queste, un immediato giudizio di accettabilità.
Tuttavia, proprio dalla mancata conoscenza del comportamento delle costruzioni esistenti derivano prevalentemente i risultati non sempre soddisfacenti che gli interventi possono produrre.
La sostanziale unitarietà del processo progettuale, purché la conoscenza sia quella effettivamente necessaria nel senso prima evidenziato, non è compromessa neppure dai vincoli di carattere storico, artistico o ambientale che spesso caratterizzano le costruzioni esistenti.
Le costruzioni storiche, giunte a noi attraversando i secoli, sono frutto di lunghi e complessi processi di trasformazione, adattamento, danneggiamento e riparazione/ricostruzione (anche a seguito di terremoti di intensità non inferiore a quella che, di norma, ha una limitata probabilità di verificarsi durante la “vita utile” di una nuova costruzione); ogni volta si è intervenuti con i metodi di cui la tradizione costruttiva del tempo e del luogo disponeva (non necessariamente analitici, ma non per questo meno efficaci e determinanti). In questo contesto sono maturate le condizioni per cui i tentativi di migliorare il rapporto capacità/domanda modificando il comportamento delle costruzioni esistenti hanno prodotto risultati non sempre soddisfacenti.
Approcci progettuali basati invece sul riconoscimento, mediante adeguati e rigorosi processi di conoscenza, di tutti i possibili fattori di vulnerabilità di una costruzione storica e su interventi volti a ridurli, se non del tutto eliminarli, modificando il meno possibile il comportamento strutturale della costruzione esistente, sono non solo più rispettosi dei criteri di conservazione di valori storico-artistici, ma anche più affidabili ed efficaci dal punto di vista della sicurezza strutturale, come evidenziato anche dalle esperienze maturate in occasione dei più recenti terremoti.
Stabilito un ordine di priorità in merito ai vincoli da rispettare e dunque delimitato in modo chiaro, in forza della conoscenza effettivamente disponibile, il campo dei possibili/desiderabili interventi, anche per il costruito si procederà nei modi già illustrati per le nuove costruzioni e perseguendo le stesse finalità.
Peraltro, quanto ai livelli di sicurezza minimi da garantire, si consentirà al costruito di averli minori di quelli imposti al nuovo perseguendo dunque, almeno nei casi in cui siano dimensionanti le azioni sismiche, il rafforzamento o il miglioramento piuttosto dell’adeguamento, che verrà limitato alle situazioni in cui è obbligatorio per norma. Tale scelta articolata dei livelli di sicurezza riguarda sia le azioni sismiche sia le azioni gravitazionali, per le quali è possibile riferirsi sia ai carichi permanenti effettivamente presenti (quali individuati a seguito delle indagini condotte) sia a carichi variabili ridotti, accettando restrizioni d’uso.
Infatti, al § 8.3 “Valutazione della sicurezza” si legge: “Nelle verifiche rispetto alle azioni sismiche il livello di sicurezza della costruzione è quantificato attraverso il rapporto ζE tra l'azione sismica massima sopportabile dalla struttura e l’azione sismica massima che si utilizzerebbe nel progetto di una nuova costruzione; l'entità delle altre azioni contemporaneamente presenti è la stessa assunta per le nuove costruzioni, salvo quanto emerso sui carichi verticali permanenti a seguito delle indagini condotte (di cui al § 8.5.5) e salvo l’eventuale adozione di appositi provvedimenti restrittivi sull’uso e, conseguentemente, sui carichi verticali variabili.
La restrizione sull’uso può mutare da porzione a porzione della costruzione e, per l’i-esima porzione, è quantificata attraverso il rapporto ζV,i tra il valore massimo del sovraccarico variabile verticale sopportabile da quella parte della costruzione e il valore del sovraccarico verticale variabile che si utilizzerebbe nel progetto di una nuova costruzione.”
La diversità di trattamento tra nuovo ed esistente (sull’intero territorio nazionale) è motivata dalla volontà di perseguire, in un regime di risorse limitate, la massima riduzione possibile del rischio sismico medio. Così facendo si interviene, a parità di risorse pubbliche impiegate, su un numero di costruzioni esistenti molto maggiore di quello che si avrebbe allineando la sicurezza minima dell’esistente a quella del nuovo.
Il vantaggio che la collettività ne consegue in termini di riduzione di morti, feriti e danni è evidente.
In particolare, senza intervenire a livello globale e con interventi economicamente modesti, si possono eliminare criticità, per lo più locali, capaci di originare meccanismi di collasso anche rilevanti. Dunque, per una riduzione del rischio diffusa, l’eliminazione programmata di modeste criticità può costituire una strategia d’intervento ragionevole ed economicamente sostenibile.
Alla luce di tutte le considerazioni precedenti e dell’obiettivo perseguito (agevolare l’uso delle revisionate NTC rendendone univoca l’interpretazione) si può dunque confermare una chiave di lettura improntata all’unitarietà e alla completezza del percorso progettuale, inteso come percorso obbligato, qualunque siano la costruzione, il materiale e l’azione considerati e indipendentemente dal fatto che ci si riferisca ad una costruzione nuova o ad una esistente.

C1.2 ORGANIZZAZIONE DELLA NORMA E DELLA CIRCOLARE
Venendo ora all’organizzazione delle NTC, esse risultano così articolate:
Premessa
1. Oggetto della norma
2. Sicurezza e prestazioni attese
3. Azioni sulle costruzioni
4. Costruzioni civili e industriali
5. Ponti
6. Progettazione geotecnica
7. Progettazione in presenza di azioni sismiche
8. Costruzioni esistenti
9. Collaudo statico
10. Norme per le redazioni dei progetti esecutivi e delle relazioni di calcolo
11. Materiali e prodotti per uso strutturale
12. Riferimenti tecnici
In particolare:
Il Capitolo 2 individua i principi fondamentali per la valutazione della sicurezza, definendo altresì gli Stati Limite Ultimi (SLU) e gli Stati Limite di Esercizio (SLE) per i quali devono essere effettuate le opportune verifiche sulle opere; introduce, inoltre, i concetti di Vita nominale di progetto e Classi d’uso; classifica, infine, le possibili azioni agenti sulle costruzioni ed indica le diverse combinazioni delle stesse e le verifiche da eseguire.
Il Capitolo 3 codifica i modelli per la descrizione delle azioni agenti sulle strutture (pesi e carichi permanenti, sovraccarichi variabili, azione sismica, azioni del vento, azioni della neve, azioni della temperatura, azioni eccezionali).
Il Capitolo 4 tratta le diverse tipologie di costruzioni civili ed industriali in funzione del materiale utilizzato (calcestruzzo, acciaio, legno, muratura, altri materiali).
Il Capitolo 5 disciplina i criteri generali e le indicazioni tecniche per la progettazione e l’esecuzione dei ponti stradali e ferroviari. Per i ponti stradali, oltre alle principali caratteristiche geometriche, definisce le diverse possibili azioni agenti, con i diversi schemi di carico per quanto attiene le azioni variabili da traffico. Per i ponti ferroviari particolare attenzione è posta sui carichi ed i relativi effetti dinamici. Particolari e dettagliate prescrizioni sono, poi, fornite per le verifiche, sia agli SLU che agli SLE.
Il Capitolo 6 tratta il problema della progettazione geotecnica distinguendo, in particolare, il progetto e la realizzazione:
- delle opere di fondazione;
- delle opere di sostegno;
- delle opere in sotterraneo;
- delle opere e manufatti di materiali sciolti naturali;
- dei fronti di scavo;
- del miglioramento e rinforzo dei terreni e degli ammassi rocciosi;
- del consolidamento dei terreni interessanti opere esistenti, nonché la valutazione della sicurezza dei pendii e la fattibilità di opere che hanno riflessi su grandi aree.
Nell’articolazione del progetto vengono introdotte, distintamente, la modellazione geologica e la modellazione geotecnica del sito i cui metodi e risultati delle indagini devono essere esaurientemente esposti e commentati, rispettivamente, nella “relazione geologica” e nella “relazione geotecnica”. Dopo le indicazioni relative alle verifiche agli stati limite, si fa un breve ma significativo cenno al metodo osservazionale ed al monitoraggio del complesso opera-terreno. È introdotto, infine, un importante paragrafo sui tiranti di ancoraggio, con le relative verifiche, regole di realizzazione e prove di carico.
Il Capitolo 7 tratta la progettazione in presenza di azioni sismiche ed introduce un importante paragrafo riguardante esplicitamente i criteri generali di progettazione e modellazione delle strutture, per la evidente riconosciuta importanza che assume nella progettazione la corretta modellazione delle strutture, anche in relazione all’ormai inevitabile impiego dei programmi automatici di calcolo. Nel paragrafo inerente i metodi di analisi ed i criteri di verifica, viene opportunamente trattata, accanto a quella lineare, l’analisi non lineare. Sono, poi, fornite le disposizioni per il calcolo e le verifiche delle diverse tipologie di strutture (cemento armato, acciaio, miste acciaio-calcestruzzo, legno, muratura, ponti, opere e sistemi geotecnici).
Il Capitolo 8 affronta il delicato problema delle costruzioni esistenti; dopo i criteri generali sulle diverse tipologie di edifici e le variabili che consentono di definirne lo stato di conservazione, introduce la distinzione fondamentale dei tre diversi tipi di intervento che possono essere effettuati su una costruzione esistente:
- riparazioni o interventi locali, che interessino elementi isolati e che comunque comportino un miglioramento delle condizioni di sicurezza preesistenti.
- interventi di miglioramento, atti ad aumentare la sicurezza strutturale esistente pur senza necessariamente raggiungere i livelli richiesti dalle NTC;
- interventi di adeguamento, atti a conseguire i livelli di sicurezza previsti dalle NTC;
Un ulteriore importante paragrafo riporta le disposizioni per la progettazione degli interventi in presenza di azioni sismiche nelle diverse tipologie di edifici.
Il Capitolo 9 riporta le prescrizioni generali relative al collaudo statico delle opere e le responsabilità del collaudatore. Indicazioni sono fornite sulle prove di carico, con particolare attenzione alle prove di carico su strutture prefabbricate e ponti.
Il Capitolo 10 tratta le regole generali per la redazione dei progetti strutturali e delle relazioni di calcolo, ovvero della completezza della documentazione che caratterizza un buon progetto esecutivo. Qualora l’analisi strutturale e le relative verifiche siano condotte con l’ausilio di codici di calcolo, un paragrafo indica al progettista i controlli da effettuare sull’affidabilità dei codici utilizzati e l’attendibilità dei risultati ottenuti.
Il Capitolo 11 completa i contenuti tecnici delle norme fornendo le regole di qualificazione, certificazione ed accettazione dei materiali e prodotti per uso strutturale, rese coerenti con le procedure consolidate del Servizio Tecnico Centrale e del Consiglio Superiore e le disposizioni comunitarie in materia.
Il Capitolo 12 infine, segnala a titolo indicativo, alcuni dei più diffusi documenti tecnici che possono essere utilizzati in mancanza di specifiche indicazioni, a integrazione delle norme in esame e per quanto con esse non in contrasto.
Nel seguito del presente documento sono riportate specifiche istruzioni per la corretta applicazione delle norme, al fine di facilitarne l’utilizzo da parte dei soggetti interessati a qualunque titolo (tecnici progettisti, direttori dei lavori e/o collaudatori, imprese, produttori, enti di controllo, ecc.), nonché, ove considerato utile a tale scopo, le principali innovazioni delle NTC medesime.
Si ripercorrono, quindi, i paragrafi delle NTC che si è ritenuto di dover in qualche modo integrare seguendo, per maggior chiarezza espositiva e di lettura, la medesima numerazione delle NTC, ma con l’aggiunta della lettera C (Circolare). Qualora un paragrafo non sia presente nelle NTC, la numerazione loro attribuita prosegue quella utilizzata nel testo delle NTC, ma sempre con l’aggiunta della lettera C.
Anche alle formule, figure e tabelle riportate solo nel presente documento viene data una numerazione preceduta dalla lettera C, della quale sono prive se compaiono anche nelle NTC.
Per i riferimenti al testo delle NTC, il relativo numero di paragrafo è generalmente seguito dalle parole “delle NTC”.
La comprensione e la corretta applicazione di alcuni aspetti potrebbe trarre un apprezzabile beneficio dall'approfondimento e dall'esemplificazione. Pertanto, in questa Circolare, alcuni aspetti sono stati presentati con un approccio più didascalico. Per una migliore corrispondenza tra Norma e Circolare, tuttavia, l'approfondimento e l'esemplificazione di questi stessi aspetti è approfondita a piè di pagina.
Le previsioni delle Norme Tecniche per le Costruzioni sono da ritenersi coordinate con ed integrate da tutte le vigenti disposizioni primarie e secondarie disciplinanti il settore delle costruzioni, ivi incluse quelle che disciplinano la loro progettazione nonché le relative competenze professionali. Analogamente, i diversi Capitoli ed i singoli paragrafi delle Norme Tecniche per le Costruzioni, e di questa Circolare, sono da ritenersi tra loro reciprocamente integrati, tanto ed in quanto le rispettive disposizioni non si pongano in contrasto oppure sia diversamente disposto in maniera espressa.