INDICE
C3.1. OPERE CIVILI E INDUSTRIALI
C3.1.3. CARICHI PERMANENTI NON STRUTTURALI
C3.1.4. SOVRACCARICHI
C3.1.4.1 SOVRACCARICHI VERTICALI UNIFORMEMENTE DISTRIBUITI
C3.1.4.2 SOVRACCARICHI VERTICALI CONCENTRATI
C3.1.4.3 SOVRACCARICHI ORIZZONTALI LINEARI

C3.2. AZIONE SISMICA
C3.2.1. STATI LIMITE E RELATIVE PROBABILITÀ DI SUPERAMENTO
C3.2.2 CATEGORIE DI SOTTOSUOLO E CONDIZIONI TOPOGRAFICHE
C3.2.3. VALUTAZIONE DELL’AZIONE SISMICA
C3.2.3.1 DESCRIZIONE DEL MOTO SISMICO IN SUPERFICIE E SUL PIANO DI FONDAZIONE
C3.2.3.2 SPETTRO DI RISPOSTA ELASTICO IN ACCELERAZIONE
C3.2.3.2.1 Spettro di risposta elastico in accelerazione delle componenti orizzontali
C3.2.3.6 IMPIEGO DI STORIE TEMPORALI DEL MOTO DEL TERRENO

C3.3. AZIONI DEL VENTO
C3.3.1. VELOCITÀ BASE DI RIFERIMENTO
C3.3.2. VELOCITÀ DI RIFERIMENTO
C3.3.3. AZIONI STATICHE EQUIVALENTI
C3.3.4. PRESSIONE DEL VENTO
C3.3.5. AZIONE TANGENTE DEL VENTO
C3.3.6. PRESSIONE CINETICA DI RIFERIMENTO
C3.3.7. COEFFICIENTE DI ESPOSIZIONE
C3.3.8. COEFFICIENTI AERODINAMICI
C3.3.8.1 EDIFICI A PIANTA RETTANGOLARE CON COPERTURE PIANE, A FALDE, INCLINATE E CURVILINEE
C3.3.8.1.1 Pareti verticali
C3.3.8.1.1.1 Altezza di riferimento per la faccia sopravento
C3.3.8.1.1.2 Altezza di riferimento per le facce sottovento e laterali
C3.3.8.1.2 Coperture piane
C3.3.8.1.3 Coperture a falda singola
C3.3.8.1.4 Coperture a falda doppia
C3.3.8.1.5 Coperture a padiglione
C3.3.8.1.6 Coperture a falde multiple
C3.3.8.1.7 Coperture a volta cilindrica
C3.3.8.2 TETTOIE
C3.3.8.2.1 Tettoie a falda singola
C3.3.8.2.2 Tettoie a falda doppia
C3.3.8.2.3 Tettoie a falde multiple
C3.3.8.3 COEFFICIENTI DI PRESSIONE PER PARETI VERTICALI DI EDIFICI A PIANTA CIRCOLARE
C3.3.8.4 COEFFICIENTI DI PRESSIONE PER COPERTURE SFERICHE DI EDIFICI A PIANTA CIRCOLARE
C3.3.8.5 PRESSIONI INTERNE
C3.3.8.6 COEFFICIENTI DI PRESSIONE PER TRAVI AD ANIMA PIENA E RETICOLARI
C3.3.8.6.1 Travi isolate
C3.3.8.6.2 Travi multiple
C3.3.8.7 COEFFICIENTI DI PRESSIONE PER TORRI E PALI A TRALICCIO A SEZIONE RETTANGOLARE O QUADRATA
C3.3.8.8 COEFFICIENTE DI ATTRITO
C3.3.9. COEFFICIENTE DINAMICO
C3.3.10. AVVERTENZE PROGETTUALI
C3.3.11 DISTACCO DI VORTICI

C3.4. AZIONI DELLA NEVE
C3.4.1. CARICO DELLA NEVE SULLE COPERTURE
C3.4.2. VALORE DI RIFERIMENTO DEL CARICO DELLA NEVE AL SUOLO
C3.4.3. COEFFICIENTE DI FORMA DELLE COPERTURE
C3.4.3.1 GENERALITÀ
C3.4.3.2 COPERTURA AD UNA FALDA
C3.4.3.3 COPERTURA A DUE FALDE (O PIÙ)
C3.4.3.3.1 Copertura cilindrica
C3.4.3.3.2 Copertura adiacente o vicina a costruzioni più alte
C3.4.3.3.3 Effetti locali
C3.4.3.3.4 Accumuli in corrispondenza di sporgenze
C3.4.3.3.5 Neve aggettante dal bordo di una copertura
C3.4.3.3.6 Carichi della neve su barriere paraneve ed altri ostacoli
C3.4.5. COEFFICIENTE TERMICO

C3.5. AZIONI DELLA TEMPERATURA
C3.5.2. TEMPERATURA DELL’ARIA ESTERNA

C3.6. AZIONI ECCEZIONALI
C3.6.1. INCENDIO
C3.6.1.1 DEFINIZIONI
C3.6.1.2 RICHIESTE DI PRESTAZIONE
C3.6.1.3 CLASSI DI RESISTENZA AL FUOCO
C3.6.1.4 CRITERI DI PROGETTAZIONE
C3.6.1.5 PROCEDURA DI ANALISI DELLA RESISTENZA AL FUOCO
C3.6.1.5.1 Incendio di progetto
C3.6.1.5.3 Analisi del comportamento meccanico
C3.6.1.5.4 Verifiche di sicurezza
C3.6.2. ESPLOSIONI
C3.6.2.3 MODELLAZIONE DELLE AZIONI DOVUTE ALLE ESPLOSIONI

C3.1. OPERE CIVILI E INDUSTRIALI
C3.1.3. CARICHI PERMANENTI NON STRUTTURALI
Nel paragrafo § 3.1.3 delle NTC si danno indicazioni sui carichi permanenti non strutturali e sulla possibilità di rappresentarli come uniformemente distribuiti, nei limiti dati ai capoversi 3° e 4°. In particolare, vengono mostrate le equivalenze per i divisori con peso per unità di lunghezza non superiore a 5,0 kN/m.

C3.1.4. SOVRACCARICHI
Anzitutto è stato cambiato il titolo del paragrafo, da Carichi variabili, derivato dall’UNI EN 1991-1-1, in Sovraccarichi, più noto da tempo ai Tecnici italiani.
Vi sono poi modifiche alla Tab. 3.1.II Valori dei sovraccarichi per le diverse categorie d’uso delle costruzioni.
Si tratta di modifiche che si muovono nel senso di avvicinare ulteriormente il testo a quello dell’Eurocodice, pur conservando l’impostazione generale precedente.
Per le costruzioni scolastiche si applicano i valori dei sovraccarichi riportati nelle vigenti NTC; il D.M. 18.12.1975, riportante le norme tecniche relative all’edilizia scolastica, non si applica ai sensi dell’articolo 12, comma 5, della Legge 11 gennaio 1996, n.23.
I valori di progetto indicati nella Tabella 3.1.II costituiscono valori da adottare in relazione alla destinazione funzionale degli ambienti. In fase di progetto, al fine di tenere conto della possibile futura modifica della destinazione funzionale degli ambienti, può essere opportuno adottare i valori dei sovraccarichi corrispondenti alla pertinente destinazione funzionale più critica.

C3.1.4.1 SOVRACCARICHI VERTICALI UNIFORMEMENTE DISTRIBUITI
Questo nuovo paragrafo appare importante perché consente al Progettista di ridurre l’entità complessiva del sovraccarico verticale da considerare nel progetto sia su elementi orizzontali (ad es. travi) sia su elementi verticali (ad es. pilastri) in funzione della estensione della superficie interessata per le membrature orizzontali, e in funzione del numero di piani per le membrature verticali. In questo modo è possibile tenere conto della ridotta probabilità che si raggiunga il valore caratteristico del sovraccarico su superfici orizzontali sufficientemente estese o su tutti i piani dell’edificio.
Il testo riportato a questo proposito nelle NTC 2018 è ripreso dall’UNI EN 1991-1-1 ed è quindi possibile riferirsi direttamente all’Eurocodice per eventuali chiarimenti.

C3.1.4.2 SOVRACCARICHI VERTICALI CONCENTRATI
Il testo di questo nuovo paragrafo chiarisce il modo di effettuare le verifiche sotto i carichi concentrati precisando le impronte e le altre indicazioni necessarie.

C3.1.4.3 SOVRACCARICHI ORIZZONTALI LINEARI
Malgrado il cambio di numero e di titolo di questo paragrafo, non vi sono significative differenze fra le attuali NTC e le precedenti.

C3.2. AZIONE SISMICA
Il § 3.2, inerente la definizione dell’azione sismica, presenta alcune variazioni introdotte allo scopo di aggiornare approcci e procedure di calcolo all’attuale stato delle conoscenze.
Il dato di partenza per la definizione dell’azione sismica rimane sempre lo studio di pericolosità sismica italiana di base, i cui risultati sono stati prodotti e messi in rete dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).
L’azione sismica è valutata in condizioni di campo libero su sito di riferimento rigido a superficie topografica orizzontale, sito per sito e costruzione per costruzione.
Tale approccio, che rappresentava una delle principali novità delle NTC 2008, rimane invariato nell’attuale versione e dovrebbe condurre in media, sull’intero territorio nazionale, ad una significativa ottimizzazione dei costi delle costruzioni antisismiche, a parità di sicurezza.
La pericolosità sismica di un sito è descritta dalla probabilità che, in un fissato lasso di tempo, in detto sito un parametro che descrive il moto sismico superi un valore prefissato. Nelle NTC 2018, tale lasso di tempo, espresso in anni, è denominato “periodo di riferimento” VR e la probabilità è denominata “probabilità di eccedenza o di superamento nel periodo di riferimento” PVR .
Ai fini della determinazione delle azioni sismiche di progetto nei modi previsti dalle NTC, la pericolosità sismica del territorio nazionale è definita convenzionalmente facendo riferimento ad un sito rigido (di categoria A) con superficie topografica orizzontale (di categoria T1), in condizioni di campo libero, cioè in assenza di manufatti. Negli sviluppi successivi il sito di riferimento sarà dunque caratterizzato da sottosuolo di categoria A e superficie topografica di categoria T1.
Le caratteristiche del moto sismico atteso al sito di riferimento, per una fissata PVR , sono espresse dall’accelerazione massima e dallo spettro di risposta elastico in accelerazione.
È ammessa la possibilità di descrivere il terremoto in forma di storie temporali del moto del terreno, a condizione che esse siano compatibili con le caratteristiche del moto sismico attese. In particolare, per ciascuna PVR i caratteri del moto sismico su sito di riferimento rigido orizzontale sono descritti dalla distribuzione sul territorio nazionale delle seguenti grandezze, sulla base delle quali risultano compiutamente definiti gli spettri elastici di risposta:
ag = accelerazione massima al sito;
F0 = valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro in accelerazione orizzontale;
TC* = periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione orizzontale.
Il valore di ag è desunto dalla pericolosità di riferimento, attualmente fornita dallo INGV, mentre F0 e TC* sono calcolati in modo che gli spettri di risposta elastici in accelerazione, velocità e spostamento forniti dalle NTC approssimino al meglio i corrispondenti spettri di risposta elastici in accelerazione, velocità e spostamento derivanti dalla pericolosità di riferimento.
I valori di ag, F0 e TC* sono riportati negli allegati A e B al decreto del Ministro delle Infrastrutture 14 gennaio 2008 pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale del 4 febbraio 2008 n. 29 e negli eventuali successivi aggiornamenti; di essi si fornisce la rappresentazione in termini di andamento medio in funzione del periodo di ritorno TR, per l’intero territorio nazionale. (v. Figure C3.2.1 a, b, c). Si riportano inoltre, in corrispondenza di ciascun valore di TR, i relativi intervalli di confidenza al 95% valutati con riferimento ad una distribuzione log-normale, per fornire una misura della loro variabilità sul territorio (“variabilità spaziale”).
Nel caso di costruzioni di notevoli dimensioni, va considerata l’azione sismica più sfavorevole calcolata sull’intero sito ove sorge la costruzione e, ove fosse necessario, la variabilità spaziale del moto di cui al § 3.2.5.
Figura C3.2.1 a – Variabilità di ag con TR: andamento medio sul territorio nazionale ed intervallo di confidenza al 95%

Figura C3.2.1 b – Variabilità di F0 con TR: andamento medio sul territorio nazionale ed intervallo di confidenza al 95%

Figura C3.2.1 c – Variabilità di TC* con TR: andamento medio sul territorio nazionale ed intervallo di confidenza al 95%

C3.2.1. STATI LIMITE E RELATIVE PROBABILITÀ DI SUPERAMENTO
In un quadro operativo finalizzato a sfruttare al meglio la puntuale definizione della pericolosità di cui si dispone, si è ritenuto utile consentire, quando opportuno, il riferimento a 4 stati limite per l’azione sismica.
Ci si riferisce dunque a due Stati Limite di Esercizio (SLE), lo Stato Limite di immediata Operatività (SLO), particolarmente utile come riferimento progettuale per le opere che debbono restare operative durante e subito dopo il terremoto (ospedali, caserme, centri della protezione civile, etc.) e lo Stato Limite di Danno (SLD) – definito come stato limite da rispettare per garantire inagibilità solo temporanee nelle condizioni post-sismiche, in tal modo articolando le prestazioni della struttura in termini di esercizio.
In modo analogo, ci si riferisce a due Stati Limite Ultimi (SLU) facendo seguire allo Stato Limite di salvaguardia della Vita (SLV), individuato definendo puntualmente lo stato limite ultimo, lo Stato Limite di prevenzione del Collasso (SLC), particolarmente utile come riferimento progettuale per alcune tipologie strutturali (strutture con isolamento e dissipazione di energia) e, più in generale, nel quadro complessivo della progettazione antisismica.
I quattro stati limite così definiti, consentono di individuare quattro situazioni diverse che, al crescere progressivo dell’azione sismica, ed al conseguente progressivo superamento dei quattro stati limite ordinati per azione sismica crescente (SLO, SLD, SLV, SLC), fanno corrispondere una progressiva crescita del danneggiamento all’insieme di struttura, elementi non strutturali ed impianti, per individuare così univocamente ed in modo quasi “continuo” le caratteristiche prestazionali richieste alla generica costruzione.
Ai quattro stati limite sono attribuiti (v. Tabella 3.2.I delle NTC) valori della probabilità di superamento PVR pari rispettivamente a 81%, 63%, 10% e 5%, valori che restano immutati quale che sia la classe d’uso della costruzione considerata; tali probabilità, valutate nel periodo di riferimento VR proprio della costruzione considerata, consentono di individuare, per ciascuno stato limite, l’azione sismica di progetto corrispondente.
Viene preliminarmente valutato il periodo di riferimento VR della costruzione (espresso in anni), ottenuto come prodotto tra la vita nominale VN fissata all’atto della progettazione ed il coefficiente d’uso CU che compete alla classe d’uso nella quale la costruzione ricade (v. § 2.4 delle NTC). Si ricava poi, per ciascuno stato limite e relativa probabilità di eccedenza PVR nel periodo di riferimento VR, il periodo di ritorno TR del sisma. Si utilizza a tal fine la relazione:

ottenendo, per i vari stati limite, le espressioni di TR in funzione di VR riportate nella Tabella C.3.2.I.
Tabella C.3.2.I – Valori di TR espressi in funzione di VR

Alla base dei risultati così ottenuti è la strategia progettuale che impone, al variare del periodo di riferimento VR, la costanza della probabilità di superamento PVR di ciascuno degli stati limite considerati (strategia progettuale di norma).
È immediato constatare (v. formula C.3.2.1) che, imponendo PVR = costante al variare di CU, si ottiene
[TR = - CU · VN / ln(1 - PVR) = -CU · VN / costante]
e dunque, a parità di VN, TR varia dello stesso fattore CU per cui viene moltiplicata VN per avere VR.
Fissata la vita nominale VN della costruzione e valutato il periodo di ritorno TR,1 corrispondente a CU = 1, si ricava il TR corrispondente al generico CU dal prodotto CU ·TR,1. Al variare di CU, TR e VR variano con legge uguale.
Strategie progettuali alternative a quella ora illustrata, sono ipotizzabili².
Al riguardo le NTC, alla fine del § 3.2.1, recitano “Qualora la protezione nei confronti degli stati limite di esercizio sia di prioritaria importanza, i valori di PVR forniti in tabella devono essere ridotti in funzione del grado di protezione che si vuole raggiungere.”
È evidente che la riduzione delle probabilità di superamento attribuite ai vari stati limite non può essere arbitraria ma deve allinearsi a precisi concetti di teoria della sicurezza; in particolare si possono eventualmente accrescere i livelli di protezione nei confronti degli Stati Limite di Esercizio, mentre i livelli di protezione nei confronti degli Stati Limite Ultimi (più direttamente legati alla sicurezza) possono restare sostanzialmente immutati perché già ritenuti sufficienti dalla normativa.
Per rispettare le limitazioni testé citate, al variare della classe d’uso e del coefficiente CU, si può utilizzare CU non per aumentare VN, portandola a VR, ma per ridurre PVR.

Figura C3.2.2 – Variazione di R con CU e PVR

Constatato che, con la strategia ipotizzata, si rispettano le condizioni preliminarmente indicate come irrinunciabili (sostanziale costanza di TR, dunque protezione sostanzialmente immutata, per i valori di PVR relativi agli SLU ossia per PVR ≤ 10%, e significativa crescita di TR, dunque protezione significativamente incrementata, per i valori di PVR relativi agli SLE ossia per PVR ≥ 60%) si può poi passare a valutare come applicare la indicazione di norma, ossia come modificare le PVR .
Per trovare come modificare, al variare di CU, i valori di PVR nel periodo di riferimento VR per ottenere gli stessi valori di TR suggeriti dalla strategia ipotizzata, basta imporre R=1 nella formula C.3.2.2 ed indicare con P*VR i nuovi valori di PVR , così ottenendo:

È così possibile ricavare, al variare di CU, i valori di P*VR a partire dai valori di PVR ; tali valori sono riportati, insieme ai valori di TR corrispondenti, nella Tabella C.3.2.II. Adottando la strategia ipotizzata, al crescere di CU i valori dei P*VR corrispondenti agli Stati Limite di Esercizio (SLE) si riducono sensibilmente ed i corrispondenti TR crescono, mentre i valori dei P*VR corrispondenti agli Stati Limite Ultimi (SLU) ed i corrispondenti TR, sostanzialmente non variano.
Tabella C.3.2.II – Valori di P*VR e TR al variare di CU

Se dunque la protezione nei confronti degli SLE è di prioritaria importanza, si possono sostituire i valori di PVR con quelli di P*VR , così conseguendo una miglior protezione nei confronti degli SLE. La strategia progettuale testé ipotizzata, peraltro, conduce ad un’opera decisamente più costosa e dunque è lecito adottarla unicamente nei casi in cui gli SLE siano effettivamente di prioritaria importanza.
Ottenuti i valori di TR corrispondenti ai quattro stati limite considerati (utilizzando, a seconda dei casi, la strategia progettuale a o b) si possono infine ricavare, al variare del sito nel quale la costruzione sorge ed utilizzando i dati riportati negli Allegati A e B al Decreto del Ministro delle Infrastrutture 14 gennaio 2008 e eventuali successivi aggiornamenti, l’accelerazione del suolo ag e le forme dello spettro di risposta di progetto per ciascun sito, costruzione, situazione d’uso, stato limite.

²Si veda al riguardo EN-1998-1, § 2.1, punto 4.

C3.2.2 CATEGORIE DI SOTTOSUOLO E CONDIZIONI TOPOGRAFICHE
Le condizioni del sito di riferimento rigido non corrispondono, in generale, alle condizioni reali. È necessario, pertanto, tenere conto delle condizioni stratigrafiche del volume di terreno interessato dall’opera ed anche delle condizioni topografiche, poiché entrambi questi fattori concorrono a modificare l’azione sismica in superficie rispetto a quella attesa su un sito rigido con superficie orizzontale. Tali modifiche, in ampiezza, durata e contenuto in frequenza, sono il risultato della risposta sismica locale.
Si denomina “risposta sismica locale” l’azione sismica che emerge in “superficie” a seguito delle modifiche in ampiezza, durata e contenuto in frequenza subite trasmettendosi dal substrato rigido. Per individuare in modo univoco la risposta sismica si assume come “superficie” il ”piano di riferimento” così come definito, per le diverse tipologie strutturali, al § 3.2.2 delle NTC.
Le modifiche sopra citate corrispondono a:
- effetti stratigrafici, legati alla successione stratigrafica, alle proprietà meccaniche dei terreni, alla geometria del contatto tra il substrato rigido e i terreni sovrastanti ed alla geometria dei contatti tra gli strati di terreno;
- effetti topografici, legati alla configurazione topografica del piano campagna. La modifica delle caratteristiche del moto sismico per effetto della geometria superficiale del terreno è dovuta alla focalizzazione delle onde sismiche in prossimità della cresta dei rilievi a seguito dei fenomeni di riflessione delle onde sismiche ed all’interazione tra il campo d’onda incidente e quello diffratto. I fenomeni di amplificazione cresta-base aumentano in proporzione al rapporto tra l’altezza del rilievo e la sua larghezza.
Gli effetti della risposta sismica locale possono essere valutati con metodi semplificati oppure eseguendo specifiche analisi. I metodi semplificati possono essere adoperati solo se l’azione sismica in superficie è descritta dall’accelerazione massima o dallo spettro elastico di risposta; non possono cioè essere adoperati se l’azione sismica in superficie è descritta mediante storie temporali del moto del terreno.
Nei metodi semplificati è possibile valutare gli effetti stratigrafici e topografici. In tali metodi si attribuisce il sito ad una delle categorie di sottosuolo definite nella Tabella 3.2.II delle NTC (A, B, C, D, E) e ad una delle categorie topografiche definite nella Tabella 3.2.IV delle NTC (T1, T2, T3, T4). In questo caso, la valutazione della risposta sismica locale consiste nella modifica dello spettro di risposta in accelerazione del moto sismico di riferimento, relativo all’affioramento della formazione rocciosa (categoria di sottosuolo A) su superficie orizzontale (categoria topografica T1).
L’identificazione della categoria del sottosuolo è basata sulla descrizione stratigrafica e sui valori della velocità di propagazione delle onde di taglio Vs. Ai fini della valutazione semplificata della risposta sismica locale, nelle NTC, non è più consentita la classificazione del sottosuolo sulla base del parametro NSPT30  per i terreni a grana grossa e Cu30 per i terreni a grana fine. Le NTC richiedono, quindi, che la categoria di sottosuolo sia stabilita sulla base del profilo Vs. La misura diretta di Vs attraverso specifiche indagini geofisiche è in ogni caso preferibile, essendo consentita, in alternativa, la definizione del profilo Vs attraverso il ricorso a correlazioni empiriche “di comprovata affidabilità” solo per il metodo semplificato ed in ipotesi residuali, stante la maggiore incertezza che caratterizza la determinazione di Vs con le citate correlazioni empiriche. In caso di utilizzo di correlazioni empiriche è comunque raccomandabile non limitarsi all’uso di un singolo modello empirico, al fine di consentire una stima dell’incertezza legata al carattere regionale di tali correlazioni e alla conseguente elevata dispersione dei relativi dati sperimentali.
Fatta salva la necessità di estendere le indagini geotecniche nel volume significativo di terreno interagente con l’opera, la classificazione si effettua in base ai valori della velocità equivalente VS,eq definita mediante la media armonica [3.2.1] delle NTC ([C.3.2.4]).

La velocità equivalente è ottenuta imponendo l’equivalenza tra i tempi di arrivo delle onde di taglio in un terreno omogeneo equivalente di spessore pari ad H. Dove H è la profondità del substrato definito come quella formazione costituita da roccia o terreno molto rigido caratterizzato da valori di Vs non inferiori ad 800 m/s. Per depositi con profondità H del substrato superiore a 30 m, la velocità equivalente delle onde di taglio Vs,eq è definita dal parametro Vs,30 ottenuto ponendo H = 30 m nell’equazione [3.2.1] - [C.3.2.4] e considerando le proprietà degli strati di terreno fino a tale profondità. Derivando da una media armonica, la velocità equivalente assume valori differenti da quelli ottenuti dalla media aritmetica delle velocità dei singoli strati pesata sui
relativi spessori, soprattutto in presenza di strati molto deformabili di limitato spessore. Lo scopo della definizione adottata è quello di privilegiare il contributo degli strati più deformabili.
Per i terreni nei quali la profondità del substrato è maggiore di 30 m (H≥30m), la Vs,eq, così come definita dall’equazione [3.2.1]-[C.3.2.4] coincide di fatto con la Vs,30 delle NTC 2008. L’introduzione della Vs,eq unita alla modifica nella definizione delle categorie di sottosuolo si è resa necessaria al fine di includere nell’attuale testo normativo le configurazioni stratigrafiche che rimanevano escluse nelle NTC 2008 (ad esempio profili di tipo B con profondità del substrato inferiore a 30 m).
Infine nelle NTC 2018 sono state eliminate le categorie speciali di sottosuolo (Classi S1 ed S2 presenti nelle NTC 2008). Per tutte quelle configurazioni litostratigrafiche non riconducibili alla classificazione riportata in Tab. 3.2.II (ad esempio terreni instabili o suscettibili di liquefazione, per determinati sistemi geotecnici o se si intende aumentare il grado di accuratezza nella previsione dei fenomeni di amplificazione), le azioni sismiche da considerare nella progettazione possono essere determinate mediante specifiche analisi di risposta sismica locale, meglio descritte nel § C.7.11.3.1. Queste analisi presuppongono un’adeguata conoscenza delle proprietà meccaniche dei terreni in condizioni cicliche e dinamiche, determinate mediante specifiche indagini e prove geotecniche.
La risposta sismica locale e, comunque, la modellazione sismica in generale, comprendono un propedeutico studio geomorfologico, stratigrafico e tettonico, nonché una individuazione delle categorie di sottosuolo a cui afferiscono le opere in progetto.

C3.2.3. VALUTAZIONE DELL’AZIONE SISMICA
Il moto sismico di ciascun punto del terreno può essere decomposto in componenti secondo tre direzioni ortogonali; per ciascuna componente dell’azione sismica può essere fornita una rappresentazione puntuale mediante la sola accelerazione massima attesa, mediante l’intero spettro di risposta o mediante storie temporali del moto del terreno (ad esempio accelerogrammi). Qualora la costruzione sia di dimensioni limitate o le sue fondazioni siano sufficientemente rigide e resistenti, si può assumere che il moto sia lo stesso per tutti i punti al di sotto della costruzione, altrimenti si deve tener conto della variabilità spaziale del moto, nei modi definiti nel § 7.3.2.5.
La rappresentazione di riferimento per le componenti dell’azione sismica è lo spettro di risposta elastico in accelerazione per uno smorzamento convenzionale del 5%. Esso fornisce la risposta massima in accelerazione del generico sistema dinamico elementare con T≤4 s ed è espresso come il prodotto di una forma spettrale per l'accelerazione massima del terreno.
La forma spettrale per le componenti orizzontali è definita mediante le stesse espressioni fornite dall’UNI EN 1998 nelle quali, tuttavia, non si è assunto un singolo valore per l’amplificazione massima ma si è fornita tale grandezza, F0, in funzione della pericolosità del sito insieme alle grandezze ag, TC e, conseguentemente, TB, TD. Per la componente verticale, invece, le uniche grandezze fornite in funzione della pericolosità del sito sono l’accelerazione massima, posta pari alla massima accelerazione orizzontale del suolo ag, e l’amplificazione massima Fv, espressa come funzione di ag.
La categoria di sottosuolo e le condizioni topografiche incidono sullo spettro elastico di risposta. Specificamente, l’accelerazione spettrale massima dipende dal coefficiente S = SS · ST che comprende gli effetti delle amplificazioni stratigrafica (SS) e topografica (ST). Per le componenti orizzontali dell’azione sismica, il periodo TC di inizio del tratto a velocità costante dello spettro, è funzione invece del coefficiente CC, dipendente anch’esso dalla categoria di sottosuolo.
Il coefficiente di amplificazione topografica ST è definito in funzione delle condizioni topografiche riportate nella Tabella 3.2.II ed assume i valori riassunti nella Tabella 3.2.V delle NTC.
Per le componenti orizzontali dell’azione sismica il coefficiente SS è definito nella Tabella 3.2.IV delle NTC. Esso è il rapporto tra il valore dell’accelerazione massima attesa in superficie e quello su sottosuolo di categoria A ed è definito in funzione della categoria di sottosuolo e del livello di pericolosità sismica di base del sito (descritto dal prodotto F0 · ag).
Figura C3.2.3 – Andamento del coefficiente SS per le componenti orizzontali dell’azione sismica

Nella Figura C.3.2.3 è mostrata, per le cinque categorie di sottosuolo, la variazione di SS in funzione del prodotto F0 · ag.
A parità di categoria di sottosuolo, l’andamento di SS con F0 · ag è caratterizzato da due tratti orizzontali, rispettivamente per bassi ed elevati valori di pericolosità sismica di base; tali tratti sono raccordati da un segmento di retta che descrive il decremento lineare di SS con F0 · ag.
In genere, per bassi valori di pericolosità sismica di base, a parità di F0 · ag i valori di SS si incrementano al decrescere della rigidezza del sottosuolo, passando dal sottosuolo di categoria A al sottosuolo di categoria E. In particolare, per F0 · ag < 0.78g, il sottosuolo di categoria D mostra amplificazioni maggiori delle altre categorie di sottosuolo. Come conseguenza del comportamento ciclico non lineare e dissipativo del terreno, per valori elevati della pericolosità sismica di base si osserva un’inversione di tendenza. Per 0.78g ≤ F0 · ag < 1.17g i fenomeni di amplificazione diventano più marcati per il sottosuolo di categoria C mentre per elevati livelli di pericolosità sismica del sito, caratterizzati da valori del prodotto F0 · ag > 0.93g, le
accelerazioni massime su sottosuolo di categoria D sono inferiori a quelle su sottosuolo di categoria A. Si verifica cioè una deamplificazione del moto in termini di accelerazione massima.
Per la componente verticale dell’azione sismica, in assenza di studi specifici, si assume SS=1.
Figura C3.2.4 – Andamento del coefficiente CC

Il coefficiente CC è definito nella Tabella 3.2.IV delle NTC in funzione della categoria di sottosuolo e del valore di TC riferito a sottosuolo di categoria A, TC*. Nella Figura C.3.2.4, la variazione di CC è mostrata, per le cinque categorie di sottosuolo, in funzione di TC*.
A parità della categoria di sottosuolo, il coefficiente CC decresce al crescere di TC* e, conseguentemente, l’effetto di amplificazione massima si sposta verso periodi più brevi e si riduce l’estensione del tratto orizzontale caratterizzato da ordinata spettrale massima. In genere, a parità di TC*, i valori di CC si incrementano al decrescere della rigidezza del sottosuolo, ovvero passando dal sottosuolo di categoria A al sottosuolo di categoria E. Il sottosuolo di categoria D presenta, nell’intervallo di valori di interesse, valori di TC maggiori di quelli relativi alle altre categorie di sottosuolo.

C3.2.3.1 DESCRIZIONE DEL MOTO SISMICO IN SUPERFICIE E SUL PIANO DI FONDAZIONE
Se le azioni sismiche al piano di fondazione sono ricavate mediante analisi di risposta sismica locale, si può procedere nella maniera seguente:
- Si selezionano accelerogrammi rappresentativi delle azioni su affioramento rigido di riferimento, verificandone la compatibilità con lo spettro elastico di risposta secondo quanto disposto al §3.2.3.6 della norma e tenendo conto delle indicazioni fornite al successivo C3.2.3.6 e al C7.11.3.1.2.2.
- Dalle analisi di risposta sismica locale si ottiene, per ciascun accelerogramma, il corrispondente accelerogramma in superficie o sul piano di riferimento (ad esempio il piano di fondazione) e il relativo spettro elastico di risposta.
- Per le analisi con spettro elastico di risposta si adotta lo spettro medio, ottenuto dagli spettri determinati con l’analisi di risposta sismica locale. Per le analisi nel dominio del tempo si utilizzano direttamente gli accelerogrammi ricavati dall’analisi di risposta sismica locale.

C3.2.3.2 SPETTRO DI RISPOSTA ELASTICO IN ACCELERAZIONE
C3.2.3.2.1 Spettro di risposta elastico in accelerazione delle componenti orizzontali
Il fattore η tiene conto delle capacità dissipative delle costruzioni alterando lo spettro di risposta assunto a riferimento, per il quale =1, definito come lo spettro elastico con smorzamento viscoso convenzionale ξ = 5%. La relazione [3.2.4] può essere utilizzata per costruzioni che non subiscono significativi danneggiamenti e può essere utilizzata nel campo di smorzamenti convenzionali compresi tra i valori ξ = 5% e ξ = 28%. Al di fuori di questo campo, la scelta del valore del fattore deve essere adeguatamente giustificata.
Nel caso di significativi danneggiamenti, generalmente associati ad azioni riferite agli Stati Limite Ultimi, il fattore η può essere calcolato in funzione del fattore di struttura q previsto per lo Stato Limite considerato secondo quanto definito al § 3.2.3.5 delle NTC.

C3.2.3.6 IMPIEGO DI STORIE TEMPORALI DEL MOTO DEL TERRENO
Le NTC indicano le caratteristiche delle storie temporali del moto da impiegare nelle analisi non lineari dinamiche delle strutture, definite al § 7.3.4.1, e di opere e sistemi geotecnici definite al § 7.11 consentendo l’uso di storie temporali artificiali o naturali (provenienti da registrazioni di terremoti reali) e, in particolari situazioni, di storie temporali simulate, generate cioè mediante simulazione del meccanismo di sorgente e della propagazione. Le norme specificano altresì che l’uso di segnali artificiali non è ammesso nelle analisi dinamiche di opere e sistemi geotecnici.
Per gli accelerogrammi artificiali e per quelli naturali le NTC definiscono i criteri di coerenza con lo spettro di risposta elastico per lo stato limite considerato (spettro-compatibilità) mentre per gli accelerogrammi simulati le NTC specificano che la loro determinazione si qualifichi in base alle caratteristiche degli accelerogrammi della sorgente e del mezzo di propagazione. Per gli accelerogrammi artificiali le norme prescrivono che essi debbano rispettare vincoli di compatibilità media con lo spettro elastico di riferimento.
Quando l’azione sismica è rappresentata da accelerogrammi naturali, è necessario che la selezione di questi segnali sia coerente con la pericolosità sismica attesa al sito, in particolare, con la magnitudo e la distanza epicentrale rappresentative di uno o più eventi di scenario. Poiché la pericolosità sismica di base è definita sul territorio nazionale in termini probabilistici, gli eventi di scenario, se il sito di costruzione appartiene alle categorie A di sottosuolo (tabella 3.2.II) e T1 topografica (tabella 3.2.III), possono essere definiti a partire dai risultati della disaggregazione della pericolosità sismica disponibili sul sito web dell’INGV (http://esse1-gis.mi.ingv.it). In questo caso, come indicato al C.7.11.3.1.2, i siti di registrazione dovrebbero essere posti su un affioramento rigido (categoria A) con superficie topografica orizzontale (categoria T1). Per i siti di costruzione non appartenenti alle categorie A di sottosuolo e T1 topografica, i segnali naturali testé selezionati sono utilizzati per effettuare analisi di risposta sismica locale.
Le norme stabiliscono per le registrazioni naturali selezionate alcuni vincoli di spettro-compatibilità rispetto allo spettro elastico di risposta per lo stato limite considerato (§3.2.3.6). Occorre, inoltre, tenere conto delle indicazioni fornite al paragrafo C.7.11.3.1.2.2. Al fine di soddisfare i suddetti requisiti di spettro-compatibilità, i segnali registrati possono essere scalati linearmente in ampiezza. È tuttavia opportuno contenere il fattore di scala in un intervallo limitato in modo da non alterare eccessivamente i segnali e renderli incompatibili alla magnitudo e alla distanza dalla sorgente degli eventi sismici a cui sono riferiti. In generale, ciascuna registrazione sismica è costituita da due componenti del moto in direzione orizzontale e una componente in direzione verticale. Mentre in linea di principio è possibile ottenere, differenziando tra loro i fattori di scala, la spettro-compatibilità per ciascuna componente del moto, in pratica può essere opportuno utilizzare un unico fattore di scala per le due componenti orizzontali, selezionato in modo da rendere la risultante delle azioni sismiche nel piano orizzontale compatibile con lo spettro risultante. Uno dei possibili metodi per ottenere questo risultato comprende le seguenti operazioni:
1. per ogni coppia di registrazioni orizzontali, si costruisce uno spettro SRSS, dato dalla radice quadrata della somma dei quadrati degli spettri di ogni componente;
2. lo “spettro medio SRSS” è pari alla media degli spettri SRSS di ciascuna coppia di accelerogrammi, appartenente al medesimo gruppo di storie temporali;
3. le coppie di registrazioni, nel numero indicato dalla norma, devono essere selezionate e scalate in modo tale che lo spettro medio SRSS approssimi, secondo i criteri di coerenza spettrale di norma, lo “spettro di riferimento”, dato dal prodotto dello spettro elastico di progetto per un opportuno coefficiente α.
Il valore del coefficiente α é in genere non superiore a 1,3 che corrisponde alla risultante di due componenti il cui rapporto è circa pari a 0,85. Tuttavia, nel definire la coerenza spettrale, con particolare riguardo al rapporto fra le componenti accelerometriche, in assenza di studi sismo-tettonici specifici che giustifichino scelte differenti, si deve adottare un valore limite per il coefficiente α pari a √2 , ovvero la risultante di due componenti uguali tra loro, come specificato al §3.2.3.1 della norma.
Ai fini dell’impiego di accelerogrammi nelle analisi, una descrizione delle azioni sismiche coerente con l’evento di origine può essere ottenuta proiettando ciascuna coppia di registrazioni lungo le direzioni principali del sisma, definite come le direzioni per le quali si annulla la correlazione tra le componenti. Il coefficiente di correlazione tra due componenti accelerometriche X e Y nell’intervallo di tempo t1 < t < t2, può essere così determinato:

dove t1 e t2 rappresentano gli estremi dell’intervallo temporale considerato, che può essere assunto corrispondente alla fase intensa del sisma.

C3.3. AZIONI DEL VENTO
Sparisce nel passaggio dalle NTC 2008 alle NTC 2018 la numerazione del § 3.3.1 Generalità, il testo resta praticamente immutato, ma quello che era il paragrafo successivo sulla velocità di riferimento assume ora il numero 3.3.1 contro il numero 3.3.2 delle NTC 2008.

3.3.1. VELOCITÀ BASE DI RIFERIMENTO
A parte la variazione di numerazione del paragrafo il suo contenuto è sostanzialmente immutato, la zonizzazione del territorio nazionale resta invariata rispetto alle precedenti NTC, così come la velocità base di riferimento del vento nelle varie zone, sia a livello del mare che all’aumentare della quota. La variazione della formula 3.3.1 è infatti solamente apparente e le due formulazioni conducono comunque agli stessi valori, per tutte le 9 zone e per qualunque quota sul livello del mare.

3.3.2. VELOCITÀ DI RIFERIMENTO
In questo paragrafo, vengono introdotte, in mancanza di indagini statistiche adeguate, le seguenti espressioni che forniscono la velocità di riferimento del vento vb(TR) riferita ad un generico periodo di ritorno:

dove:
vb è la velocità di riferimento del vento associata a un periodo di ritorno di 50 anni, αR è un coefficiente fornito dalla Figura C3.3.1, alla quale corrisponde l’espressione:

dove TR è espresso in anni.
La formula C3.3.2 è generalmente utilizzata per la valutazione della velocità del vento, riferita a tempi di ritorno inferiori a 50 anni per le condizioni transitorie delle costruzioni. Limitatamente alle analisi inerenti il comportamento delle costruzioni nei riguardi dei fenomeni di instabilità aeroelastica, per i quali le verifiche si conducono in termini di velocità media di riferimento e di velocità critica per il fenomeno in esame, si dovranno adottare valori di TR significativamente maggiori di 50 anni, secondo i criteri specificati in C3.3.11 per il distacco dei vortici ed in documenti di comprovata validità per le altre possibili tipologie dei fenomeni instabili.
Figura C3.3.1 – Valori del coefficiente αR in funzione del periodo di ritorno TR, (asse in scala logaritmica).

C3.3.3. AZIONI STATICHE EQUIVALENTI
Il paragrafo chiarisce che nel valutare i carichi agenti su ciascun elemento della costruzione si deve tenere conto delle pressioni agenti sulle due facce sopravento e sottovento.

C3.3.4. PRESSIONE DEL VENTO
Le espressioni 3.3.2 delle NTC 2008 e [3.3.4] delle NTC 2018, sono sostanzialmente equivalenti; il coefficiente cp viene definito coefficiente di pressione invece che coefficiente di forma (come nelle NTC 2008) ma il suo ruolo e valore, come indicato al § 3.3.8, restano immutati.

C3.3.5. AZIONE TANGENTE DEL VENTO
Le espressioni 3.3.3 delle NTC 2008 e [3.3.5] delle NTC 2018, sono sostanzialmente equivalenti.

C3.3.6. PRESSIONE CINETICA DI RIFERIMENTO
Le espressioni 3.3.4 delle NTC 2008 e [3.3.6] delle NTC 2018, sono sostanzialmente equivalenti.

C3.3.7. COEFFICIENTE DI ESPOSIZIONE
Il paragrafo mostra la dipendenza del coefficiente di esposizione dall’altezza sul suolo del punto considerato, dalla topografia del terreno e dalla categoria di esposizione del sito ove sorge la costruzione. Non presenta significative differenze rispetto alle precedenti NTC.

C3.3.8. COEFFICIENTI AERODINAMICI
In assenza di valutazioni più precise, suffragate da opportuna documentazione o prove sperimentali in galleria del vento, per i coefficienti di pressione si assumono i valori riportati ai punti seguenti, con l’avvertenza che si intendono positive le pressioni dirette verso l’interno delle costruzioni.
Nel seguito, in riferimento alle costruzioni di forma regolare indicate ai paragrafi da C3.3.3.8.1 a C3.3.8.4, si forniscono, tre distinte serie di coefficienti di pressione esterna:
- coefficienti globali cpe, che possono essere utilizzati in tutti i casi in cui la rappresentazione delle azioni aerodinamiche del vento possa essere effettuata in maniera semplificata, rivolta alla valutazione delle azioni globali su porzioni estese di costruzioni o delle risultanti delle azioni indotte dal vento sugli elementi principali della struttura;
- coefficienti locali cpe,10 consentono una rappresentazione più realistica dell’effettivo campo di pressione che si instaura sulle superfici delle costruzioni e che possono essere impiegati sia in alternativa ai coefficienti di pressione globali cpe, sia per quantificare la pressione locale sugli elementi con area di incidenza maggiore o uguale a 10 m²;
- coefficienti locali cpe,1 che consentono la quantificazione della pressione locale su elementi di piccole dimensioni con un’area di incidenza minore o uguale a 1 m2 (quali elementi di rivestimento ed i loro fissaggi).
Per i coefficienti di pressione locali relativi ad un’area di incidenza compresa fra 1 e 10 m², il valore è pari a:

dove:
A è l’area di incidenza della pressione del vento.
I coefficienti di pressione interna, da considerare, se del caso, congiuntamente ai coefficienti di pressione esterna, sono riportati al paragrafo C3.3.8.5.
Per costruzioni di forma non regolare e per i ponti, si dovrà fare riferimento ad indicazioni aggiuntive tratte da documenti di comprovata validità.

C3.3.8.1 EDIFICI A PIANTA RETTANGOLARE CON COPERTURE PIANE, A FALDE, INCLINATE E CURVILINEE
Per la valutazione della pressione esterna si assumeranno, nei casi più comuni, gli schemi di seguito riportati; per le forme non contemplate nel presente documento e per ulteriori approfondimenti sui criteri di analisi costituiscono utile riferimento l’Eurocodice EN-1991-1-4 e le Istruzioni CNR DT207. Per le forme non contemplate nei documenti citati si potrà ricorrere a dati di letteratura o a prove specifiche in galleria del vento o, infine, a simulazioni di fluidodinamica computazionale utilizzando strumenti di comprovata validità scientifica.

C3.3.8.1.1 Pareti verticali
I coefficienti globali cpe da assumere sulle pareti di un edificio a pianta rettangolare sono riportati in Figura C3.3.2 e in Tabella C3.3.I

a) Parametri caratteristici di edifici a pianta rettangolare,

b) Edifici a pianta rettangolare: cpe per facce sopravento, sottovento e laterali
Figura C3.3.2
Tabella C3.3.I:
Edifici a pianta rettangolare: cpe per facce sopravento, sottovento e laterali

I coefficienti locali cpe,10 e di dettaglio cpe,1 da assumere sulle pareti di un edificio a pianta rettangolare sono riportati in Figura C3.3.3 e in Tabella C3.3.II, il valore della dimensione e è pari al minimo tra b e 2h.

a) Schema planimetrico di riferimento

b) Suddivisione delle pareti verticali di edificio a pianta rettangolare in zone di uguale pressione (prospetti laterali)
Figura C3.3.3
Tabella C3.3.II - Edifici a pianta rettangolare: cpe per facce sopravento, sottovento e laterali.

C3.3.8.1.1.1 Altezza di riferimento per la faccia sopravento
La distribuzione altimetrica della pressione sulle pareti della costruzione è, in generale, diversa dal profilo della pressione cinetica di picco del vento indisturbato, come si ricava attraverso il coefficiente di esposizione (§ 3.3.7 delle NTC). In conseguenza di ciò, è opportuno calcolare la pressione cinetica di picco in corrispondenza di un punto posto ad una quota detta di riferimento (Ze), tale da consentire la stima, generalmente a favore di sicurezza, della risultante delle pressioni agenti sulle pareti verticali dell’edificio.
Per gli edifici bassi, ossia con altezza minore o uguale della dimensione in pianta ortogonale al flusso del vento (h≤ b), l’altezza di riferimento è costante e pari alla quota di sommità dell’edificio (Ze = h); la pressione del vento è pertanto uniforme.
Per gli edifici alti, ossia con altezza compresa fra la dimensione in pianta ortogonale al flusso del vento e 5 volte la profondità dell'edificio (b < h ≤ 5·d), si definiscono due zone distinte. Nella prima parte dell'edificio, sino alla quota z = b, l'altezza di riferimento è costante e pari a Ze = b; la pressione del vento è pertanto uniforme. Nella parte superiore dell’edificio, per z compreso fra b e h, la quota di riferimento Ze può essere scelta seguendo uno dei due seguenti criteri (figura C3.3.4):
1. L’altezza di riferimento è costante e pari alla sommità dell’edificio (Ze = h); la pressione del vento è pertanto uniforme fra le quote z=b e z=h. In questo modo il calcolo delle forze aerodinamiche è semplificato, ma la forza totale che ne risulta è generalmente maggiore di quella reale.
2. L’edificio è suddiviso in tronchi di altezza arbitraria, a ciascuno dei quali corrisponde un’altezza di riferimento costante pari alla sommità del tronco; se l’altezza di ciascun tronco coincide con l’interpiano dell’edificio, ed ogni singolo tronco risulta centrato sulla posizione degli elementi orizzontali (solai), è lecito ammettere che l’altezza di riferimento sia pari alla quota del solaio relativo; in entrambi i casi la pressione del vento è uniforme su ogni tronco. In questo modo il calcolo delle forze è più oneroso, ma i valori che si ottengono sono più aderenti alla realtà e non maggiori di quelli che si ottengono applicando la procedura di cui al punto precedente.
Figura C3.3.4 - Quote di riferimento negli edifici bassi ed alti

Particolare attenzione va posta nel caso di edifici particolarmente snelli, il cui rapporto h/d sia maggiore di 5, per i quali potrà farsi utile riferimento a studi specifici di settore.

C3.3.8.1.1.2 Altezza di riferimento per le facce sottovento e laterali
La pressione sulle facce sottovento e sulle facce laterali degli edifici può essere considerata, con buona approssimazione, costante con la quota. Di ciò si tiene conto assumendo che l’altezza di riferimento sia costante e pari alla quota di sommità dell’edificio (Ze = h).

C3.3.8.1.2 Coperture piane
Si considerano piane le coperture la cui inclinazione sull’orizzontale sia compresa tra -5° e +5°. L’altezza di riferimento Ze per le coperture piane è pari alla quota massima della copertura stessa, inclusa la presenza dei parapetti e di altri analoghi elementi. I coefficienti globali cpe da assumere sulle coperture di un edificio a pianta rettangolare sono riportati in Figura C3.3.5 e in Tabella C3.3.III.
Figura C3.3.5 - Schema di riferimento per coperture piane

Tabella C3.3.III - Edifici rettangolari: cpe per coperture piane.

Nella zona sottovento la pressione può assumere sia valori negativi sia valori positivi, per cui si devono considerare entrambi i casi.
I coefficienti locali cpe,10 e di dettaglio cpe,1 da assumere sulle coperture di un edificio a pianta rettangolare sono riportati in Figura C3.3.6 e in Tabella C3.3.IV. In riferimento alla Figura C3.3.6 e Tabella C3.3.IV, il valore della dimensione e è pari al minimo fra b e 2h.

a) Suddivisione delle coperture piane in zone di uguale pressione,

b) Altezza di riferimento per coperture piane con parapetti o raccordi (curvi e piani)
Figura C3.3.6
Tabella C3.3.IV - Coefficienti di pressione per coperture piane,

C3.3.8.1.3 Coperture a falda singola
L’altezza di riferimento Ze per le coperture inclinate a semplice falda è pari alla quota massima della copertura stessa. Per le inclinazioni -5°≤α≤+5° occorre fare riferimento al caso di copertura piana (§ C3.3.8.1.2). I coefficienti globali da assumere sulle coperture a singola falda di un edificio a pianta rettangolare, nel caso di vento ortogonale alla direzione del colmo sono riportati in Figura C3.3.8 e in Tabella C3.3.V. Nella zona 5°≤α≤45° la pressione può variare rapidamente da valori negativi a valori positivi, per cui vengono forniti valori dei coefficienti di pressione con entrambi i segni; in generale, si considerano ambedue le condizioni di carico, valutando quale può condurre a situazioni più gravose per la struttura o l’elemento strutturale considerato.
Figura C3.3.7 - Schema di riferimento per coperture a semplice falda

Figura C3.3.8 - Coperture a semplice falda: valori del coefficiente cpe: vento perpendicolare alla direzione del colmo.

Tabella C3.3.V - Coefficienti di pressione per coperture a semplice falda (α in °): vento perpendicolare alla direzione del colmo.
I coefficienti globali da assumere sulle coperture a singola falda di un edificio a pianta rettangolare, nel caso di vento parallelo alla direzione del colmo sono riportati in Figura C3.3.9 e in Tabella C3.3.VI.
Figura C3.3.9 - Coefficienti di pressione per coperture a semplice falda: vento parallelo alla direzione del colmo.

Tabella C3.3.VI - Coefficienti di pressione per coperture a semplice falda (α in °): vento parallelo alla direzione del colmo.

I coefficienti locali e di dettaglio da assumere sulle coperture a singola falda di un edificio a pianta rettangolare sono riportati in Figura C3.3.10 e in Tabella C3.3.VII e C3.3.VIII, il valore di e è pari al minimo fra b e 2h.

Vento parallelo alla direzione del colmo

Vento ortogonale alla direzione del colmo
Figura C3.3.10 - Suddivisione delle coperture a semplice falda in zone di uguale pressione.
Tabella C3.3.VII - Coefficienti di pressione per coperture a semplice falda (α in °): vento ortogonale alla direzione del colmo.

Tabella C3.3.VIII - Coefficienti di pressione per coperture a semplice falda (α in °): vento parallelo alla direzione del colmo.

C3.3.8.1.4 Coperture a falda doppia
L’altezza di riferimento Ze per le coperture inclinate a doppia falda (Figura C3.3.11) è pari alla quota massima della copertura stessa. Per le inclinazioni -5°≤α≤+5° occorre fare riferimento al caso di copertura piana.
I coefficienti globali da assumere sulla falda sopravento di coperture a falda doppia di un edificio a pianta rettangolare, nel caso di vento perpendicolare alla direzione del colmo, sono quelli per le coperture a falda singola. Nella zona 0°≤α≤45° vale quanto previsto per le coperture a falda singola circa la variazione di segno della pressione.
Per la falda sottovento, si fa riferimento ai valori riportati in Tabella C3.3.IX e Figura C3.3.12.
Figura C3.3.11 - Schema di riferimento per coperture a falda doppia

Figura C3.3.12 - Coefficienti di pressione per coperture a doppia falda: falda sottovento con vento in direzione perpendicolare al colmo

Tabella C3.3.IX - Coefficienti di pressione per coperture a doppia falda (α in °): vento in direzione perpendicolare al colmo.

Nel caso di vento parallelo alla direzione del colmo, i coefficienti di pressione sono riportati nella Tabella C3.3.X e Figura C3.3.13.
Figura C3.3.13 - Coefficienti di pressione per coperture a doppia falda: vento in direzione parallela al colmo

Tabella C3.3.X - Coefficienti di pressione per coperture a doppia falda (α in °): vento in direzione parallela al colmo.

I coefficienti locali cpe,10 e di dettaglio cpe,1 da assumere sulle coperture a doppia falda di un edificio a pianta rettangolare sono riportati in Figura C3.3.14 e in Tabella C3.3.XI e XII, il valore di e è pari al minimo fra b e 2h.
Figura C3.3.14 - Suddivisione delle coperture a falda doppia in zone di uguale pressione


Tabella C3.3.XI - Coefficienti di pressione per coperture a doppia falda: vento in direzione ortogonale al colmo.

Tabella C3.3.XII - Coefficienti di pressione per coperture a doppia falda in zone di uguale pressione: vento in direzione parallela al colmo.

C3.3.8.1.5 Coperture a padiglione
L’altezza di riferimento Ze per le coperture a padiglione (figura C3.3.15) è pari all’altezza massima della copertura stessa.
Per i coefficienti globali sulle coperture a padiglione di un edificio a pianta rettangolare, per le falde sopravento e sottovento, si assumano gli stessi coefficienti previsti per le coperture a falda doppia.
Figura C3.3.15 - Schema delle coperture a padiglione

Per le falde laterali, relative alle pareti parallele alla direzione del vento, si considerano i coefficienti riportati in Figura C3.3.16 e Tabella C3.3.XIII.
Figura C3.3.16 - Coefficienti di pressione per coperture a padiglione: falde laterali

Tabella C3.3.XIII - Suddivisione delle coperture a doppia falda in zone di uguale pressione: vento in direzione parallela al colmo.

I coefficienti locali cpe,10 e di dettaglio cpe,1 da assumere sulle coperture a padiglione di un edificio a pianta rettangolare sono riportati in Figura C3.3.17 e in Tabella C3.3.XIV, il valore di e è pari al minimo fra b e 2h.
Figura C3.3.17 - Suddivisione delle coperture a padiglione in zone di uguale pressione

Per la direzione del vento Θ = 0°, nel caso di inclinazione 5°≤α≤45°, ove è presente un doppio valore del coefficiente di pressione, vanno considerati due casi diversi: nel primo si adottano tutti i valori positivi dei coefficienti di pressione, nel secondo tutti i valori negativi; non occorre prendere in considerazione combinazioni di carico in cui i coefficienti di pressione assumano valori sia positivi sia negativi. E’ possibile utilizzare un’interpolazione lineare per valori intermedi del'angolo α, purché questa sia fatta fra valori corrispondenti di segno non opposto. I valori dei coefficienti di pressione sono sempre da valutare in funzione dell’inclinazione della falda sopravento.
Tabella C3.3.XIV - Suddivisione delle coperture a padiglione in zone di uguale pressione: vento in direzione parallela al colmo.

C3.3.8.1.6 Coperture a falde multiple
L’altezza di riferimento Ze per le coperture a falde multiple, ossia le coperture composte da successioni contigue di coperture a semplice o a doppia falda è pari all’altezza massima h della copertura stessa. In generale, i coefficienti di pressione per le coperture a falde multiple sono gli stessi forniti nei precedenti paragrafi per le coperture corrispondenti a semplice e a doppia falda.
Figura C3.3.18 - Suddivisione delle coperture a falda multipla

Limitatamente al caso di vento perpendicolare alla direzione del colmo, e per i soli tipi costruttivi illustrati in Figura C3.3.18, i coefficienti di pressione sopra definiti possono essere moltiplicati per i fattori riduttivi indicati nella stessa figura. In particolare:
- nel caso riportato nella Figura C3.3.18 (a), si applicano ad ogni tratto della copertura i coefficienti di pressione definiti nel paragrafo coperture a falda singola, con inclinazione negativa. Tali coefficienti sono moltiplicati per il fattore riduttivo 0,8 nel secondo tratto, e per il fattore riduttivo 0,6 nei tratti successivi;
- nel caso riportato nella Figura C3.3.18 (b), si applicano ad ogni tratto della copertura i coefficienti di pressione definiti nel paragrafo coperture a falda singola, con inclinazione positiva. Nel caso in cui tali coefficienti siano positivi (cpe> 0), nel secondo tratto e in quelli successivi si assume cpe = -0,4. Nel caso in cui tali coefficienti siano negativi (cpe< 0), essi sono moltiplicati per il fattore riduttivo 0,8 nel secondo tratto, e per il fattore riduttivo 0,6 nei tratti successivi;
- nel caso riportato in Figura C3.3.18 (c), si applicano al primo tratto della copertura (prima falda sopravento) i coefficienti di pressione definiti nel paragrafo coperture a falda singola con inclinazione positiva. Ai tratti successivi della copertura si applicano i coefficienti di pressione riportati nel paragrafo coperture a falda doppia con inclinazione negativa; tali coefficienti sono moltiplicati per il fattore riduttivo 0,6 a partire dal terzo tratto della copertura;
- nel caso riportato in Figura C3.3.18 (d), si applicano ad ogni tratto della copertura i coefficienti di pressione riportati nel paragrafo coperture a falda doppia con inclinazione negativa. Tali coefficienti sono moltiplicati per il fattore riduttivo 0,8 nel secondo tratto, e per il fattore riduttivo 0,6 nei tratti successivi.

C3.3.8.1.7 Coperture a volta cilindrica
La quota di riferimento per le coperture a volta cilindrica è pari a Ze = h + f/2 (in riferimento alla Figura C3.3.19 (a) e (b).
Nel caso di vento perpendicolare alle generatrici della copertura, la copertura è suddivisa in quattro zone distinte di uguale sviluppo:
- nella prima zona (A, sopravento) si adottano i coefficienti di pressione cpe,A;
- nelle due zone intermedie (B) si adottano i coefficienti di pressione cpe,B;
- nell’ultima zona (C, sottovento) si adottano i coefficienti di pressione cpe,C.
I valori dei coefficienti di pressione cpe,A, cpe,B e cpe,C sono forniti nella Figura C3.3.19 (c), in funzione dei rapporti h/d e f/d.
In particolare, per quanto riguarda il coefficiente cpe,A:
- nel caso in cui h/d ≥ 0,5, si considerano entrambi i valori riportati nel grafico;
- per valori intermedi tra h/d=0 e h/d=0,5, si possono interpolare linearmente i valori riportati.
Per valori di f/d ≤ 0,05 si possono adottare i coefficienti di pressione delle coperture piane.
Nel caso di vento parallelo alle generatrici della copertura, in prima approssimazione, è lecito applicare i coefficienti di pressione
relativi alle coperture piane.

a) e b) Schema di riferimento per coperture a volta cilindrica,
c) Coefficienti di pressione per coperture a volta cilindrica
Figura C3.3.19

C3.3.8.2 TETTOIE
Il presente paragrafo fornisce i criteri per valutare le azioni globali del vento sulle coperture in cui lo spazio sottostante non sia delimitato in maniera permanente da pareti.
Si definisce grado di bloccaggio Φ, il rapporto tra l'area esposta al vento di un'eventuale ostruzione presente al di sotto della tettoia e l’area totale della superficie ortogonale alla direzione del vento al di sotto della tettoia (Figura C3.3.20). Si identificano due situazioni limite:
- Φ = 0 corrisponde all'assenza di ostruzioni al di sotto della tettoia (tettoia libera);
- Φ = 1 corrisponde alla situazione in cui lo spazio al di sotto della tettoia risulti completamente ostruito.
La condizione Φ = 1 è sostanzialmente diversa da quella prevista per gli edifici in quanto l’eventuale ostruzione può essere offerta anche da elementi che non delimitano completamente e permanentemente lo spazio al di sotto della tettoia.
A valle della massima ostruzione si adotta Φ = 0
Le azioni aerodinamiche esercitate dal vento sulle tettoie dipendono fortemente dal grado di bloccaggio in quanto la presenza di un’ostruzione, anche soltanto sul lato sottovento, impedisce il passaggio dell’aria al di sotto della tettoia.
Figura C3.3.20 - Differenze nel flusso dell'aria per tettoie con Φ = 0 e Φ = 1

Il presente paragrafo schematizza l’azione del vento sulle tettoie attraverso le forze F risultanti dal campo di pressioni sulla superficie della falda della tettoia, dirette ortogonalmente ad essa. Tali forze sono quantificate dal prodotto dei coefficienti di forza, CF, per la superficie della falda in esame e sono applicate nei punti indicati nel seguito per le varie tipologie di tettoia.
Per la valutazione più dettagliata del campo di pressione agente sulle tettoie, al fine di valutare azioni locali su elementi o su porzioni delle tettoie costituite da un singolo strato di copertura, si potrà fare riferimento a documenti di comprovata validità. La valutazione delle pressioni locali sulla faccia superiore e sulla faccia inferiore delle tettoie costituite da un doppio strato di copertura richiede valutazioni specifiche e, se necessario, lo svolgimento di prove in galleria del vento.

C3.3.8.2.1 Tettoie a falda singola
La Tabella C3.3.XV e la relativa Figura C.3.3.21 riportano i valori dei coefficienti di forza per le tettoie a semplice falda con vento agente perpendicolarmente alla linea di colmo. I valori dei coefficienti di forza sono espressi in funzione del grado di bloccaggio Φ e dell'inclinazione α della falda. Per valori intermedi di Φ è ammessa un'interpolazione lineare tra i valori relativi ai casi Φ=0 e Φ=1. La quota di riferimento Ze è pari all’altezza massima h della tettoia. L’area di riferimento L², ossia l’area su cui è applicata la forza risultante, è pari all’area della tettoia.
Figura C3.3.21 - Coefficienti di pressione complessiva per tettoie a semplice falda

Tabella C3.3.XV - Coefficienti di forza per tettoie a semplice falda (α in °).

Per il calcolo della tettoia si considerano le condizioni di carico più gravose tra le quattro indicate nella Figura C3.3.22, dove la forza risultante F = qp (z) L² CF

Tettoie a semplice falda: posizione del punto di applicazione della forza risultante in funzione della direzione di provenienza del vento e della direzione della forza

Figura C3.3.22
Le tettoie a semplice falda con vento agente parallelamente alla linea di colmo possono essere analizzate, in prima approssimazione, come tettoie piane a semplice falda (α=0°).

C3.3.8.2.2 Tettoie a falda doppia
La Tabella C3.3.XVI e la relativa Figura C3.3.23 riportano i valori dei coefficienti di forza per le tettoie a doppia falda (di uguale pendenza) con vento agente perpendicolarmente alla linea di colmo. I valori dei coefficienti di forza sono espressi in funzione del grado di bloccaggio Φ e dell'inclinazione α delle falde. Per valori intermedi di Φ è ammessa un'interpolazione lineare tra i valori relativi ai casi Φ=0 e Φ=1. La quota di riferimento Ze è pari all'altezza massima h della tettoia. L'area di riferimento L², ossia l'area su cui è applicata la forza risultante, è pari all'area di ciascuna falda della tettoia.
Figura C3.3.23 - Coefficienti di pressione complessiva per tettoie a falda doppia

Tabella C3.3.XVI - Coefficienti di forza per tettoie a doppia falda (α in °).

Per il calcolo della tettoia si considerano le condizioni di carico più gravose tra quelle indicate nella Figura C3.3.24, dove la forza risultante F = qp (z) L² CF è considerata agente simultaneamente su entrambe le falde oppure soltanto su una di esse. Ciascuna falda delle tettoie a doppia falda con vento agente parallelamente alla linea di colmo può essere analizzata, in prima approssimazione, come una tettoia piana a semplice falda (α=0°).

a) Tettoie a doppia falda: posizione del punto di applicazione delle forze risultanti in funzione della direzione della forza – schema per α>0°.

b) Tettoie a doppia falda: posizione del punto di applicazione delle forze risultanti in funzione della direzione della forza – schema per α<0°.
Figura C3.3.24

C3.3.8.2.3 Tettoie a falde multiple
Ciascuna coppia di falde delle tettoie composte da più coppie di falde affiancate (di uguale pendenza) può essere analizzata, in prima approssimazione, come una singola tettoia a doppia falda. Limitatamente al caso di vento perpendicolare alla direzione dei colmi, e per il solo tipo costruttivo illustrato in Figura C3.3.25 i coefficienti di forza sopra definiti possono essere moltiplicati per i fattori riduttivi riportati in Tabella C3.3.XVII, secondo lo schema indicato nella stessa Figura C3.3.25.
Figura C3.3.25 - Tettoie a falda multipla: individuazione dei vari elementi

Tabella C3.3.XVII - Coefficienti di forza per tettoie a semplice falda (α in °).

C3.3.8.3 COEFFICIENTI DI PRESSIONE PER PARETI VERTICALI DI EDIFICI A PIANTA CIRCOLARE
Analogamente agli edifici a pianta rettangolare, il comportamento aerodinamico delle costruzioni a pianta circolare e in particolare della loro superficie laterale dipende, sostanzialmente, dal rapporto tra il diametro in pianta e l’altezza. Per le costruzioni tozze si realizza un flusso tridimensionale.
Per le costruzioni snelle, con l’esclusione della porzione alla base e di sommità, si realizza un flusso bidimensionale in piani orizzontali.
I coefficienti di pressione forniti in questo paragrafo dipendono dal rapporto h/b, essendo h l’altezza della costruzione e b il suo diametro. Inoltre dipendono dal numero di Reynolds Re e dalla scabrezza k della superficie. Nel caso di costruzioni particolarmente snelle, il cui il rapporto h/b sia maggiore di 5, si faccia riferimento alle indicazioni riportate in documenti di comprovata validità.
La distribuzione altimetrica della pressione in generale è diversa dal profilo della pressione cinetica di picco del vento indisturbato. Il presente paragrafo fornisce un criterio di valutazione dell’altezza di riferimento, tale da condurre a stime approssimate, generalmente a favore di sicurezza, della risultante delle pressioni.
Per le costruzioni basse, ossia con altezza minore o uguale del diametro in pianta (h≤b), l'altezza di riferimento è costante e pari alla quota di sommità della costruzione ( Ze = h); la pressione del vento è pertanto uniforme in altezza.
Per le costruzioni alte, ossia con altezza compresa fra il diametro della pianta e 5 volte l'altezza della costruzione (b<h≤5·b), si definiscono due zone distinte:
- nella prima parte della costruzione, sino alla quota z = b, l’altezza di riferimento è costante e pari a Ze = b; la pressione del vento è pertanto uniforme in altezza;
- nella parte superiore della costruzione, per z compreso fra b e h, la quota di riferimento Ze può essere scelta seguendo uno dei due seguenti criteri:
1. l’altezza di riferimento è costante e pari alla sommità della costruzione ( Ze = h); la pressione del vento è pertanto uniforme fra le quote z=b e z=h. In questo modo il calcolo delle forze aerodinamiche è semplificato, ma la forza totale che ne risulta è generalmente maggiore di quella reale;
2. la costruzione viene suddivisa in tronchi di altezza arbitraria, a ciascuno dei quali corrisponde un’altezza di riferimento costante pari alla sommità del tronco; la pressione del vento su ogni tronco è pertanto uniforme in altezza.
In questo modo il calcolo delle forze è più oneroso, ma i valori che si ottengono sono più aderenti alla realtà e non maggiori di quelli che si ottengono applicando la procedura di cui al punto precedente.
I coefficienti di pressione esterna cpe sono forniti dalla relazione:

Il coefficiente di pressione esterna cpeo è fornito dalla relazione:

dove αp è l'angolo indicato in Figura C3.3.26, espresso in gradi (°); i parametri cpm, cpb, αm e αb hanno il significato illustrato nella stessa Figura C3.3.26.  La Tabella C3.3.XVIII riporta alcuni valori indicativi di tali parametri, corrispondenti a diversi numeri di Reynolds Re valutati attribuendo alla lunghezza di riferimento il valore del diametro b, e assumendo k/b ≤ 0,5 ·10-³.

dove αp è espresso in gradi (°); ψλ è un coefficiente di snellezza. Per le costruzioni trattate nel presente paragrafo (h/d≤5), può porsi ψλ=2/3.
Figura C3.3.26 - Coefficiente di pressione esterna cpeo

Tabella C3.3.XVIII - Valori indicativi dei parametri cpm, cpb, αm e αb per k/b ≤ 0,5 ·10-³.

C3.3.8.4 COEFFICIENTI DI PRESSIONE PER COPERTURE SFERICHE DI EDIFICI A PIANTA CIRCOLARE
Per coperture a cupola sferica, l’altezza di riferimento è pari a Ze=h+f/2. Sulla superficie della copertura si applica una distribuzione di pressione variabile lungo la direzione del vento incidente, mantenendo i valori dei coefficienti di pressione costanti lungo gli archi di cerchio ottenuti dall’intersezione della superficie sferica con i piani ortogonali alla direzione del vento.
I valori dei coefficienti di pressione sono riportati nella Figura C3.3.27 e sono indicati con cpe,A, cpe,B e cpe,C; essi sono riferiti, rispettivamente, al bordo sopravento (zona A), alla zona centrale della copertura (zona B) e al bordo sottovento (zona C); per la valutazione del valore del coefficiente di pressione lungo lo sviluppo della copertura si può utilizzare un’interpolazione lineare tra i tre valori indicati. Per valori intermedi del rapporto h/d rispetto a quelli riportati nella Figura C3.3.27 si può adottare un’interpolazione lineare.
Figura C3.3.27 - Schema di riferimento per cupole sferiche

C3.3.8.5 PRESSIONI INTERNE
Le pressioni interne agli edifici dipendono dalla superficie delle aperture che questi presentano verso l’esterno. Si possono verificare i tre casi seguenti:
Caso 1
Se per almeno due facce dell’edificio l’area totale delle aperture presenti su ciascuna faccia supera il 30% della superficie totale della faccia stessa si applicano le prescrizioni riportate nel § C3.3.8.2 (tettoie).
Caso 2
Se l’edificio non rientra nel caso precedente, ma presenta una superficie dotata di un’area totale di aperture pari ad almeno il doppio della somma delle aree delle aperture presenti sulle rimanenti superfici, il coefficiente di pressione interna cpi è pari a 0,75·cpe; se invece l’area delle aperture presenti su detta superficie è pari ad almeno il triplo dell’area delle aperture presenti sulle rimanenti superfici, il coefficiente di pressione interna cpi è pari a 0,90·cpe.
L’altezza di riferimento Zi è pari all’altezza di riferimento Ze relativa alla superficie dominante.
Caso 3
Se l’edificio non rientra in nessuno dei casi precedenti, ma è dotato di porosità distribuita in maniera circa uniforme, in assenza di determinazioni più dettagliate, per le quali si farà riferimento a documenti di comprovata validità, si possono assumere i valori cpi = +0,2 e cpi = -0,3, considerando il caso che di volta in volta conduce alla situazione maggiormente gravosa.
L’altezza di riferimento Zi è pari all’altezza massima dell’edificio.

C3.3.8.6 COEFFICIENTI DI PRESSIONE PER TRAVI AD ANIMA PIENA E RETICOLARI
Salvo più approfondite determinazioni, possono essere assunti per i coefficienti cp i valori seguenti.

C3.3.8.6.1 Travi isolate
Indicate con:
S la superficie delimitata dal contorno della trave;
Sp la superficie della parte piena della trave;

la pressione totale si considera agente solo su Sp e si valuta utilizzando i seguenti valori del coefficiente cp:

C3.3.8.6.2 Travi multiple
Nel caso di più travi disposte parallelamente a distanza d non maggiore del doppio dell’altezza h, il valore della pressione sull’elemento successivo sarà pari a quello sull’elemento precedente moltiplicando per un coefficiente di riduzione dato da:
Figura C3.3.28

Per d/h ≥ 5 gli elementi vengono considerati come isolati.
Per 2 < d/h < 5 si procede all’interpolazione lineare.

C3.3.8.7 COEFFICIENTI DI PRESSIONE PER TORRI E PALI A TRALICCIO A SEZIONE RETTANGOLARE O QUADRATA
Per torri e pali a traliccio a sezione rettangolare o quadrata e vento diretto normalmente ad una delle pareti, salvo più accurate valutazioni, i cp sono da valutare nel modo seguente:

L’azione di insieme esercitata dal vento spirante normalmente ad una delle pareti va valutata con riferimento alla superficie della parte piena di una sola faccia.
Per vento spirante secondo la bisettrice dell’angolo formato da due pareti, l’azione d’insieme è pari a 1,15 volte quella sopra definita.
Salvo documentazione specifica, i medesimi coefficienti si adottano cautelativamente anche per torri a sezione triangolare, per le quali non è da applicare il coefficiente 1,15 suddetto.

C3.3.8.8 COEFFICIENTE DI ATTRITO
In assenza di più precise valutazioni suffragate da opportuna documentazione o da prove sperimentali in galleria del vento, si assumeranno i valori riportati nella Tabella C3.3.XIX.
Tabella C3.3.XIX - Valori del coefficiente d’attrito

C3.3.9. COEFFICIENTE DINAMICO
A parte il cambio di numerazione (nelle NTC 2008 era il 3.3.8) questo paragrafo rimane immutato nel passaggio dalle NTC 2008 alle NTC 2018.

C3.3.10. AVVERTENZE PROGETTUALI
Questo paragrafo contiene in linea generale le indicazioni precedentemente contenute nel §3.3.9 (particolari precauzioni progettuali) delle NTC 2008, relative alle cautele da adottarsi nei con fronti di strutture particolarmente snelle e deformabili sotto l’azione del vento. Peraltro le indicazioni relative agli effetti del distacco di vortici da strutture cilindriche snelle, precedentemente presenti nelle NTC 2008, vengono riportate qui di seguito.

C3.3.11 DISTACCO DI VORTICI
Per strutture o elementi strutturali snelli di forma cilindrica, quali ciminiere, torri per l’illuminazione, elementi di travi reticolari, ponti ed edifici alti, si deve tener conto dell’effetto dinamico dovuto al distacco alternato dei vortici da un lato e dall’altro del corpo investito dal vento. Esso produce una forza di tipo armonico ortogonale alla direzione del vento e all’asse del corpo cilindrico, la cui frequenza fs è data dalla formula di Strouhal:

dove:
b è la dimensione di riferimento della sezione trasversale del corpo;
vm è la velocità media del vento;
St è il numero di Strouhal, funzione della forma della sezione, del suo orientamento rispetto alla direzione del vento e del numero di Reynolds. Il suo valore può essere ricavato da dati suffragati da opportuna documentazione o da prove sperimentali in galleria del vento. A titolo indicativo, St = 0,2 per le sezioni circolari (dove b è il diametro), St = 0,1 per le sezioni quadrate (dove b è il lato).
La velocità critica di distacco dei vortici per l’i-esimo modo di vibrazione della struttura perpendicolare alla direzione del vento, vcr,i, è la velocità media del vento vm che determina una condizione di risonanza ns = nk ad una generica quota z della struttura.
Dalla [C3.3.9] risulta:

Si raccomanda di valutare gli effetti del distacco dei vortici, facendo ricorso a dati suffragati da opportuna documentazione o tramite metodi analitici, numerici e/o sperimentali adeguatamente comprovati, per tutte le velocità critiche che soddisfano la relazione:

dove vm,l è la velocità media del vento, valutata alla quota alla quale si attua la velocità critica, per un periodo di ritorno TR pari a 10 volte il periodo di ritorno di progetto indicato al §3.3.2 per valutare la velocità di riferimento vr.
Si osservi che la condizione critica di risonanza dà luogo ad oscillazioni tanto più grandi quanto più piccolo è il numero di Scruton fornito dall’espressione:

dove:
m è la massa del corpo per unità di lunghezza;
ξ è il coefficiente di smorzamento strutturale;
ρ è la densità dell’aria assunta convenzionalmente costante e pari a 1,25 kg/m³.
In termini generali può dirsi che:
- se Sc > 30, il distacco dei vortici non è in generale particolarmente gravoso; tuttavia, si suggerisce di effettuare ugualmente opportune verifiche;
- se 5 < Sc < 30, il distacco dei vortici va analizzato nei riguardi delle verifiche agli SLU e della fatica indotta dalla ripetizione dei cicli di oscillazione;
- se Sc < 5, le vibrazioni indotte dal distacco dei vortici possono essere di grande ampiezza e notevolmente pericolose; si raccomanda pertanto massima cautela.

C3.4. AZIONI DELLA NEVE
C3.4.1. CARICO DELLA NEVE SULLE COPERTURE
Nelle NTC 2018 il valore del carico della neve sulle coperture è fornito da una espressione [3.4.1] contenente gli stessi elementi presenti in quella utilizzata nelle NTC 2008 [3.3.7] ma disposti in ordine differente; ciò porta a variare l’ordine dei successivi paragrafi: il coefficiente di forma è perciò descritto al § 3.4.3; il coefficiente di esposizione al § 3.4.4; il coefficiente termico al § 3.4.5.

C3.4.2. VALORE DI RIFERIMENTO DEL CARICO DELLA NEVE AL SUOLO
Nel passaggio dalle precedenti alle attuali NTC si conserva la suddivisione del territorio nazionale in tre zone (viene anche confermata la suddivisione della zona I in due sottozone: alpina e mediterranea) che conservano immutato sia i valori al suolo, sia l’incremento degli stessi con l’altitudine. Vengono però spostate 5 provincie dalla zona III alla zona II ed introdotte 3 provincie di nuova creazione (1 in zona I e 2 in zona II). Rispetto alle precedenti NTC nelle attuali vengono anche introdotti i periodi di ritorno da adottare per le fasi transitorie di durata compresa fra 1 e 3 mesi ovvero fra 3 mesi ed 1 anno.
Si può stimare un diverso valore di riferimento qSn corrispondente a Tn anni di periodo di ritorno impiegando l’espressione C.3.4.1.
In esse il coefficiente υ di variazione della serie dei massimi annuali del carico della neve potrà essere assunto, salvo specifici studi adeguati e documentati, pari a v = 0,6.

Figura C3.4.1 –
Adattamento del carico della neve al suolo al variare del periodo di ritorno (coefficiente di variazione v = 0,6)

C3.4.3. COEFFICIENTE DI FORMA DELLE COPERTURE
Nel § 3.4.3 delle NTC sono indicati i coefficienti di forma per le coperture ad una e a due falde (§§ 3.4.3.2 e 3.4.3.3); qui di seguito sono riportati i coefficienti di forma per le seguenti tipologie di copertura, sia per il carico da neve depositata in assenza di vento che in presenza di vento:
- coperture a più falde;
- coperture cilindriche;
- coperture adiacenti e vicine a costruzioni più alte.
Vengono, poi, fornite indicazioni riguardo agli effetti locali, che si generano in presenza di:
- sporgenze;
- neve aggettante rispetto al bordo della copertura;
- barriere paraneve.
Per numerose tipologie di coperture (a 2 falde, a più falde, cilindriche, ecc.) sono riportate più condizioni di carico alternative per l’azione della neve, che debbono essere tutte considerate, assumendo ovviamente la condizione più severa per la struttura considerata. L’esistenza di più condizioni di carico deriva dalle modalità dell’effetto combinato neve-vento durante la precipitazione nevosa, che può determinare accumuli di neve o riduzione di neve, a seconda della zona di copertura considerata e della direzione del vento. Questo specifico fenomeno è appunto quello che determina le condizioni di carico alternative previste dalle NTC, che debbono essere tutte considerate nelle verifiche, indipendentemente dalla concomitanza nelle combinazioni con l’azione del vento.

C3.4.3.1 GENERALITÀ
La figura C3.4.2 illustra i valori dei coefficienti di forma per le tipologie di copertura ad una, a due o a più falde, al variare dell’angolo α di inclinazione della falda sull’orizzontale, espresso in gradi sessagesimali. Gli stessi valori sono riportati nella Tabella C3.4.I.
Figura C3.4.2 - Coefficienti di forma per il carico neve

Tabella C3.4.I - Coefficienti di forma per il carico neve

C3.4.3.2 COPERTURA AD UNA FALDA
Nel caso di edifici con copertura piana la riduzione del manto sulla copertura, operata dal vento, risulta via via meno efficace al crescere delle dimensioni in pianta dell’edificio.
Si raccomanda di tenere conto di questi effetti per coperture estese, attraverso un opportuno incremento del coefficiente μ1, di cui alla tabella 3.4.II, secondo formulazioni contenute in documenti di comprovata validità.
In assenza di indicazioni più specifiche, definita la dimensione equivalente in pianta Lc


C3.4.3.3 COPERTURA A DUE FALDE (O PIÙ)
Si devono considerare, in alternativa, le due condizioni Caso (i) ed Caso (ii) riportate nella Figura C3.4.3.
Figura C3.4.3 - Coefficiente di forma per il carico neve – Coperture a più falde

Qualora una o entrambe le falde convergenti in un compluvio abbiano una inclinazione superiore a 60°, si dovrà prestare particolare attenzione alla scelta dei coefficienti di forma da utilizzare. In particolare si dovrà tenere presente che l’intensità degli accumuli che si vengono a formare nelle zone di compluvio è funzione dell’azione di redistribuzione della neve operata dal vento e della altezza del compluvio.
L’effetto degli accumuli in presenza di irregolarità del piano di copertura, quali ad esempio coperture con elementi prefabbricati, dovrà essere considerato solo per compluvi nei quali la larghezza delle campate (tratto sotteso dalle due falde adiacenti di inclinazione α1 e α2) sia superiore a 3,5 m e per angoli di inclinazione delle falde superiori o uguali a 30°. Per campate di dimensione e/o di inclinazione inferiore si può assumere, in via semplificativa, che la corrugazione della copertura sia ininfluente per la formazione di accumuli nelle zone di compluvio.

C3.4.3.3.1 Copertura cilindrica
Si assume che la neve non sia impedita di scivolare.
Si devono considerare in alternativa le due condizioni denominate Caso (i) e Caso (ii), riportate in Figura C.3.4.4.
Figura C3.4.4 - Coefficiente di forma per il carico neve – Coperture cilindriche

I valori dei coefficienti di forma sono dati dalle espressioni seguenti:

C3.4.3.3.2 Copertura adiacente o vicina a costruzioni più alte
Si dovrà considerare la condizione denominata Caso (i) nella Figura C.3.4.5 e si dovranno considerare gli effetti dei possibili accumuli causati dai due fenomeni seguenti:
- scivolamento della neve dalla copertura posta a quota superiore;
- deposito della neve nella zona di “ombra aerodinamica”.
La condizione di carico conseguente ai fenomeni di cui sopra è denominata Caso (ii) nella Figura C.3.4.5.
Figura C3.4.5 - Coefficiente di forma per il carico neve – Coperture adiacenti a costruzioni più alte

I valori dei coefficienti di forma sono dati dalle espressioni seguenti:
μ1 = 0,8 (assumendo che la copertura inferiore sia piana)
μ2 = μs + μw
in cui:
μè il coefficiente di forma per il carico neve dovuto allo scivolamento della neve dalla copertura superiore, che vale:

μw è il coefficiente di forma per il carico neve dovuto alla redistribuzione operata dal vento, che vale:

C3.4.3.3.3 Effetti locali
Le indicazioni che seguono sono da intendersi riferite a fenomeni locali, che debbono essere presi in considerazione per la verifica delle membrature da questi direttamente interessate. Le condizioni di carico non dovranno pertanto fare oggetto di specifiche combinazioni di carico che interessino l’intera struttura.

C3.4.3.3.4 Accumuli in corrispondenza di sporgenze
La presenza di sporgenze, quali ad esempio i parapetti di bordo presenti su coperture piane, causano la formazione di accumuli nelle zone di “ombra aerodinamica” del vento.
Per coperture pseudo-orizzontali si dovrà considerare la condizione di carico illustrata nella Figura C3.4.6, nella quale si assumerà:

dove:
γ è il peso dell’unità di volume della neve, che per il presente calcolo può essere assunto pari a 2 kN/m³;
ls = 2h, con la limitazione: 5 ≤ls≤15 m.
Figura C3.4.6 - Coefficienti di forma per il carico neve in corrispondenza di sporgenze ed ostruzioni

C3.4.3.3.5 Neve aggettante dal bordo di una copertura
In località poste a quota superiore a 800 m sul livello del mare, nella verifica delle parti di copertura a sbalzo sulle murature di facciata si dovrà considerare l’azione della neve sospesa oltre il bordo della copertura, sommato al carico agente su quella parte di tetto, secondo lo schema illustrato nella Figura C3.4.7.
I carichi dovuti alla neve sospesa in aggetto saranno considerati agenti in corrispondenza del bordo della copertura e si possono calcolare mediante l’espressione:

Figura C3.4.7 - Neve aggettante dal bordo di una copertura

C3.4.3.3.6 Carichi della neve su barriere paraneve ed altri ostacoli
In talune condizioni la neve può scivolare via da un tetto a falde o curvo. In questo caso si assume pari a zero il coefficiente di attrito tra la massa di neve e la superficie della copertura.
L’azione statica Fs impressa da una massa di neve che scivola su barriere paraneve o altri ostacoli, nella direzione dello scivolamento, per unità di lunghezza dell’edificio può essere assunta uguale a:

dove:
qs è il carico della neve sulla copertura, relativo alla distribuzione uniforme più sfavorevole tra quelle proprie della zona dalla quale la neve potrebbe scivolare;
b è la distanza in pianta (misurata in orizzontale) tra il paraneve o l’ostacolo ed il successivo paraneve o il colmo del tetto;
α angolo di inclinazione del tetto, misurato a partire dall’orizzontale.

C3.4.5. COEFFICIENTE TERMICO
L’adozione di valori inferiori all’unità del coefficiente termico è da sconsigliarsi in linea generale.
Laddove adeguatamente motivato può applicarsi solamente per coperture ricadenti in località nelle quali il carico della neve al suolo è superiore a 1,5 kN/m², e caratterizzate da trasmittanza superiore a 1 W/m²K°
Per edifici nei quali la temperatura interna è mantenuta intenzionalmente sotto 0°C (edifici frigoriferi, impianti per il pattinaggio su ghiaccio ecc.) si raccomanda di assumere il valore del coefficiente termico pari a 1,2, indipendentemente dal valore del carico neve al suolo.

C3.5. AZIONI DELLA TEMPERATURA
Larga parte di questo Capitolo resta invariato al passaggio dalle precedenti NTC alle attuali. In particolare non vengono modificati né il § 3.5.1 relativo alle generalità, né il § 3.5.3 in cui si definisce la temperatura dell’aria interna, né il § 3.5.4 relativo alla distribuzione della temperatura negli elementi strutturali, né il § 3.5.5 che definisce le azioni termiche sugli edifici, né il § 3.5.6 che fornisce indicazioni relativamente alle precauzioni da adottare per le strutture soggette ad azioni termiche speciali, né infine il § 3.5.7 relativo alle valutazioni degli effetti delle azioni termiche sui materiali strutturali.

C3.5.2. TEMPERATURA DELL’ARIA ESTERNA
Modifiche significative sono state apportate solo in questo paragrafo relativo alle temperature massime e minime da adottarsi per l’aria esterna; tali temperature, che nelle precedenti NTC venivano assunte uguali per l’intero territorio nazionale, nelle attuali vengono differenziate suddividendo il territorio nazionale in quattro zone ed in ciascuna di esse tenendo anche conto della quota del sito della costruzione sul livello del mare. In questo paragrafo vengono anche indicati i valori dei periodi di ritorno delle temperature dell’aria da assumere per fasi transitorie di durata compresa fra uno e tre mesi, ovvero fra tre mesi ed un anno.

C3.6. AZIONI ECCEZIONALI
Il presente paragrafo fornisce indicazioni per la quantificazione degli effetti delle azioni eccezionali che intervengono in scenari di rischio ben identificati quali incendi, esplosioni ed urti. Attraverso la combinazione eccezionale delle azioni, di cui al § 2.5.3, è possibile dimensionare le membrature interessate da tali azioni.
Gli scenari di rischio da prendere in considerazione nella progettazione sono riportati in specifici decreti e regolamenti o, in assenza, in documenti di comprovata validità. Fermi restando gli scenari sopra descritti il committente può individuare ulteriori specifici scenari sulla base di una valutazione del rischio.
La norma UNI EN 1991-1-2 fornisce regole di carattere generale per la salvaguardia degli edifici e delle opere di ingegneria civile nei confronti dell’incendio.
Per le costruzioni progettate per limitare il rischio d’incendio, ai fini della salvaguardia dell’individuo e della collettività, nonché delle proprietà limitrofe e dei beni direttamente esposti al fuoco, occorre anche tenere conto delle disposizioni contenute nel D.M. 9 marzo 2007 o, in alternativa, nel D.M. 3 agosto 2015.
La norma UNI EN 1991-1-7 fornisce regole di carattere generale per la salvaguardia degli edifici e delle opere di ingegneria civile nei confronti di azioni derivanti da esplosioni e urti.
Per le costruzioni progettate per limitare il rischio di esplosioni, ai fini della salvaguardia dell’individuo e della collettività, nonché delle proprietà limitrofe e dei beni direttamente esposti, occorre anche tenere conto delle disposizioni contenute nel D.M. 3 agosto 2015

C3.6.1. INCENDIO
C3.6.1.1 DEFINIZIONI
Si chiariscono di seguito le seguenti definizioni:
- la capacità di compartimentazione è riferibile ai requisiti REI nonché ad ulteriori requisiti aggiuntivi attribuibili agli elementi delimitanti un compartimento antincendio ai fini della mitigazione del rischio di incendio. Utili indicazioni in merito sono riportate nel D.M. 16 febbraio 2007, nel D.M. 3 agosto 2015 e nella UNI EN 13501-2;
- il carico d’incendio è il potenziale termico netto della totalità dei materiali combustibili contenuti in uno spazio, corretto in base ai parametri indicativi della partecipazione alla combustione dei singoli materiali. Come conseguenza si rende più sintetica la definizione di carico d’incendio specifico, con la precisazione che è riferito all’unità di superficie lorda e che le indicazioni per il calcolo del carico di incendio specifico di progetto (qf,d) sono fornite nel decreto del Ministro dell’Interno 9 marzo 2007 e nel D.M. 3 agosto 2015; la definizione del carico di incendio specifico di progetto può essere altresì
effettuata attraverso la norma UNI EN 1991-1-2 integrata dalla corrispondente Appendice Nazionale che richiama i due decreti citati.
Si precisa che nel caso di presenza di elementi strutturali lignei è possibile considerare solo una quota parte del loro contributo alla determinazione del carico di incendio, da definire con riferimento a riconosciute normative o documenti di comprovata validità; utili riferimenti sono disponibili nella lettera circolare della Direzione Centrale per la Prevenzione e la Sicurezza Tecnica del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile prot. P414/4122 sott. 5 del 28/5/2008 o nel D.M. 3 agosto 2015.

C3.6.1.2 RICHIESTE DI PRESTAZIONE
Con riferimento al § 3.6.1.2 delle NTC, le disposizioni del Ministero dell’interno richiamate al punto precedente, sono contenute nei seguenti decreti:
- D.M. 9 marzo 2007: Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del corpo nazionale dei Vigili del Fuoco;
- D.M. 3 agosto 2015: Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell'art. 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.
Sono fatte salve quelle costruzioni per le quali le caratteristiche di resistenza al fuoco sono predeterminate da specifici regolamenti di prevenzione incendi che disciplinano specifiche attività, emessi ai sensi dell'art. 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 (ad. es. Attività ricettive turistico-alberghiere, attività di intrattenimento e pubblico spettacolo, impianti sportivi, ecc.).
Le prestazioni richieste alle strutture di una costruzione, in funzione degli obiettivi definiti al § 2.2.3, sono individuate in termini di Livello (in una scala da I a V) nella Tab. 3.5.IV (che non ha subito modifiche rispetto all’edizione 2008 delle NTC). La scelta del Livello di prestazione (e delle connesse classi di resistenza al fuoco) va effettuata, in generale, tenendo conto della destinazione d’uso ed estensione/altezza dell’edificio, del tipo e quantitativo di materiale combustibile in esso presente, del massimo affollamento ipotizzabile e delle misure di protezione antincendio presenti nell’opera, con le precisazioni di cui al primo capoverso del presente paragrafo.
Si precisa che la resistenza al fuoco richiesta, se misurata in minuti di incendio standard secondo la curva ISO 834 che approssima l’accrescimento delle temperature a partire dal momento di incendio generalizzato (flash over), è una quantificazione convenzionale non direttamente confrontabile con i tempi reali di evacuazione o di intervento.
Il progetto delle strutture sulla base di detta resistenza convenzionale porta comunque ad una capacità coerente con i richiesti livelli di prestazione

C3.6.1.3 CLASSI DI RESISTENZA AL FUOCO
Le classi di resistenza al fuoco sono da riferirsi all’incendio nominale di riferimento per il compartimento antincendio: in genere l’incendio di riferimento è costituito dalla curva nominale ISO 834. Non è ovviamente esclusa la possibilità di applicazione delle classi a differenti incendi nominali (idrocarburi, incendi esterni).

C3.6.1.4 CRITERI DI PROGETTAZIONE
La sicurezza del sistema strutturale in caso di incendio può essere determinata sulla base della resistenza al fuoco dei singoli elementi strutturali, di porzioni di struttura o dell’intero sistema costruttivo, valutando opportunamente lo schema statico di riferimento e secondo l’incendio convenzionale di progetto adottato. In generale, in caso di ricorso a curve di incendio naturali, ci si riferisce all’intero schema strutturale. In caso di adozione di curve di incendio nominali è possibile effettuare analisi per singoli elementi strutturali.

C3.6.1.5 PROCEDURA DI ANALISI DELLA RESISTENZA AL FUOCO
C3.6.1.5.1 Incendio di progetto
Secondo l’incendio convenzionale di progetto adottato, si precisa che l’andamento delle temperature è valutato con riferimento a una delle due seguenti condizioni:
- curva nominale d’incendio, da individuare tra quelle indicate successivamente, per l’intervallo di tempo di esposizione pari alla classe di resistenza al fuoco prevista, senza alcuna fase di raffreddamento;
- curva naturale d’incendio, da individuare tenendo conto dell’intera durata dello stesso, compresa la fase di raffreddamento fino al ritorno alla temperatura ambiente oppure a condizioni termiche ritenute ininfluenti per le strutture.
Si evidenzia infine la possibilità di utilizzare specifiche curve nominali, ulteriori rispetto a quelle citate nel paragrafo C3.6.1.1, per descrivere particolari scenari di incendio, purché di comprovata validità (“slow heating curve”, descritta al punto 4.3 della norma UNI EN 13501-2; “tunnel curve”, non ancora standardizzata a livello europeo, ma codificata in Italia (UNI 11076), Olanda (RWS), in Germania (ZTV) o in Francia (HCM, Curva degli idrocarburi modificata; etc.).

C3.6.1.5.3 Analisi del comportamento meccanico
Il comportamento meccanico della struttura è analizzato tenendo conto della riduzione della resistenza meccanica dei componenti dovuta al danneggiamento dei materiali per effetto dell’aumento di temperatura, con le regole specificate ai punti 4.1.13, 4.2.11, 4.3.9, 4.4.14, 4.5.11 delle NTC.
Sono da considerarsi le combinazioni dovute alle azioni eccezionali definite al § 2.5.3 trascurando la concomitanza con altre azioni eccezionali e con le azioni sismiche.
Si deve tenere conto, ove necessario, degli effetti delle sollecitazioni indirette dovute alle dilatazioni termiche contrastate ad eccezione di quando sia riconoscibile a priori che esse siano trascurabili o favorevoli. Le sollecitazioni indirette, dovute agli elementi strutturali adiacenti a quello preso in esame, possono essere trascurate quando i requisiti di sicurezza all’incendio sono valutati in riferimento a curve nominali d’incendio e alle corrispondenti classi di resistenza al fuoco.

C3.6.1.5.4 Verifiche di sicurezza
La verifica di resistenza al fuoco può essere eseguita nei domini delle resistenze, del tempo o delle temperature come specificato ai punti 4.1.13, 4.2.11, 4.3.9, 4.4.14, 4.5.11 delle NTC.
Qualora si eseguano verifiche con curve nominali di incendio la verifica di resistenza può essere effettuata senza tener conto della fase di raffreddamento che invece deve essere presa in considerazione quando si faccia riferimento a curve di incendio naturale, in accordo a quanto disposto al § 3.6.1.5.1 delle NTC.
Fermo restando il rispetto delle disposizioni legislative emanate ai sensi del D.Lgs. 139/2006, nel caso in cui i requisiti di resistenza al fuoco delle strutture sia previsto che siano mantenuti per un periodo limitato (ad esempio, livello di prestazione II di tab. 3.5.IV), la verifica della capacità portante delle strutture potrà essere limitata a un tempo di esposizione all’incendio naturale congruente con il livello di prestazione scelto. Il D.M. 3/8/2015 quantifica il tempo di verifica per il livello II in caso di curve naturali nel doppio del tempo richiesto per l’esodo degli occupanti con un minimo di 30 minuti a decorrere dall’innesco.

C3.6.2. ESPLOSIONI
C3.6.2.3 MODELLAZIONE DELLE AZIONI DOVUTE ALLE ESPLOSIONI
Si precisa che le esplosioni esercitano sulle costruzioni onde di pressione.
Per le costruzioni usuali è ammesso che tali onde di pressione siano convenzionalmente ricondotte a distribuzioni di pressioni statiche equivalenti, purché comprovate da modelli teorici adeguati. Utili indicazioni in merito sono fornite nel D.M. 3/8/2015.