INDICE
C8.1. OGGETTO
C8.2. CRITERI GENERALI

C8.3. VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

C8.4. CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI
C8.4.1. RIPARAZIONE O INTERVENTO LOCALE
C8.4.2. INTERVENTO DI MIGLIORAMENTO
C8.4.3. INTERVENTO DI ADEGUAMENTO

C8.5. DEFINIZIONE DEL MODELLO DI RIFERIMENTO PER LE ANALISI
C8.5.1. ANALISI STORICO-CRITICA
C8.5.2. RILIEVO
C8.5.2.1 COSTRUZIONI DI MURATURA
C8.5.2.2 COSTRUZIONI DI CALCESTRUZZO ARMATO O ACCIAIO
C8.5.2.3 COSTRUZIONI DI LEGNO
C8.5.3. CARATTERIZZAZIONE MECCANICA DEI MATERIALI
C8.5.3.1 COSTRUZIONI DI MURATURA
C8.5.3.2 COSTRUZIONI DI CALCESTRUZZO ARMATO O ACCIAIO
C8.5.3.3 COSTRUZIONI DI LEGNO
C8.5.4. LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA
C8.5.4.1 COSTRUZIONI DI MURATURA
C8.5.4.2 COSTRUZIONI DI CALCESTRUZZO ARMATO O DI ACCIAIO
C8.5.4.3 COSTRUZIONI DI LEGNO
C8.5.5. AZIONI
C8.5.5.1 COSTRUZIONI IN MURATURA
C8.5.5.2 COSTRUZIONI DI CALCESTRUZZO ARMATO O ACCIAIO

C8.6. MATERIALI

C8.7. PROGETTAZIONE DEGLI INTERVENTI IN PRESENZA DI AZIONI SISMICHE
C8.7.1. COSTRUZIONI IN MURATURA
C8.7.1.1 VERIFICA DELLE PARETI MURARIE ALLE AZIONI NON SISMICHE
C8.7.1.2 MECCANISMI LOCALI - METODI DI ANALISI DELLA RISPOSTA SISMICA E CRITERI DI VERIFICA
C8.7.1.2.1 Analisi dei meccanismi locali di corpo rigido
C8.7.1.2.1.1 Analisi con approccio cinematico lineare
C8.7.1.2.1.2 Analisi con approccio cinematico non lineare
C8.7.1.2.1.3 Definizione dell’oscillatore non lineare equivalente
C8.7.1.2.1.4 Azioni spettrali da applicare nella verifica dei meccanismi locali
C8.7.1.2.1.5 Verifica dello Stato Limite di Danno del meccanismo locale
C8.7.1.2.1.6 Verifica degli Stati Limite Ultimi di Salvaguardia della Vita (SLV) e di prevenzione del Collasso (SLC)
C8.7.1.2.1.7 Verifica semplificata dello SLV con fattore di comportamento q (analisi cinematica lineare)
C8.7.1.2.1.8 Verifica in spostamento allo SLV e allo SLC (analisi cinematica non lineare)
C8.7.1.2.1.9 Verifica con analisi dinamica non lineare dello SLV e SLC
C8.7.1.3 MECCANISMI GLOBALI - METODI DI ANALISI DELLA RISPOSTA SISMICA E CRITERI DI VERIFICA
C8.7.1.3.1 Edifici singoli
C8.7.1.3.1.1 Pareti murarie
C8.7.1.3.1.2 Solai e coperture
C8.7.1.3.2 Edifici in aggregato
C8.7.1.3.3 Edifici semplici
C8.7.1.4 ELEMENTI STRUTTURALI IN LEGNO
C8.7.2. COSTRUZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO O IN ACCIAIO
C8.7.2.1 REQUISITI DI SICUREZZA
C8.7.2.1.1 Stato Limite di prevenzione del collasso (SLC)
C8.7.2.1.2 Stati Limite di esercizio
C8.7.2.2 METODI DI ANALISI E CRITERI DI VERIFICA
C8.7.2.2.1 Analisi statica lineare
C8.7.2.2.2 Analisi dinamica modale con spettro di risposta elastico o con fattore di comportamento q
C8.7.2.2.3 Analisi statica non lineare
C8.7.2.2.4 Analisi dinamica non lineare
C8.7.2.3 MODELLI DI CAPACITÀ PER LA VALUTAZIONE DI EDIFICI IN CEMENTO ARMATO
C8.7.2.3.1 Travi, pilastri e pareti: flessione con e senza sforzo normale
C8.7.2.3.2 Stato limite di prevenzione del collasso
C8.7.2.3.3 Stato limite di salvaguardia della vita
C8.7.2.3.4 Stato limite di danno
C8.7.2.3.5 Travi e pilastri: taglio
C8.7.2.4 MODELLI DI CAPACITÀ PER LA VALUTAZIONE DI EDIFICI DI ACCIAIO
C8.7.2.4.1 Travi e pilastri: flessione con e senza sforzo normale
C8.7.2.4.2 Stato limite di prevenzione del collasso
C8.7.2.4.3 Stato limite di salvaguardia della vita
C8.7.2.4.4 Stato limite di danno
C8.7.2.4.5 Travi e pilastri: Taglio
C8.7.2.4.6 Collegamenti
C8.7.3. COSTRUZIONI MISTE
C8.7.4. CRITERI E TIPI D’INTERVENTO
C8.7.4.1 CRITERI PER GLI INTERVENTI DI CONSOLIDAMENTO DEGLI EDIFICI IN MURATURA
C8.7.4.2 CRITERI PER GLI INTERVENTI DI CONSOLIDAMENTO DEGLI EDIFICI IN CALCESTRUZZO
C8.7.4.2.1 Incamiciatura in c.a.
C8.7.4.2.2 Incamiciatura in acciaio
C8.7.4.2.3 Placcatura e fasciatura in materiali compositi
C8.7.5. ELABORATI DEL PROGETTO DELL’INTERVENTO
C8.7.6 INDICAZIONI AGGIUNTIVE PER GLI ELEMENTI NON STRUTTURALI E GLI IMPIANTI SOGGETTI AD AZIONI SISMICHE
C8.7.6.1 INDIVIDUAZIONE DEI COMPONENTI NON STRUTTURALI CHE RICHIEDONO UNA VALUTAZIONE SISMICA
C8.7.6.2 CRITERI DI PROGETTAZIONE E AZIONI DI VERIFICA
C8.7.6.3 RACCOMANDAZIONI AGGIUNTIVE PER LA LIMITAZIONE DEL RISCHIO DI FUORIUSCITE INCONTROLLATE DI GAS A CAUSA DEL SISMA

C8.8 INDICAZIONI AGGIUNTIVE RELATIVE AI PONTI ESISTENTI
C8.8.1 AZIONE SISMICA
C8.8.2 CRITERI GENERALI
C8.8.3 LIVELLO DI CONOSCENZA E FATTORE DI CONFIDENZA
C8.8.4 MODELLO STRUTTURALE
C8.8.5 METODI DI ANALISI E CRITERI DI VERIFICA
C8.8.5.1 ANALISI LINEARE STATICA
C8.8.5.2 ANALISI LINEARE DINAMICA
C8.8.5.3 ANALISI NON LINEARE STATICA
C8.8.5.4 VERIFICA DEI MECCANISMI DUTTILI
C8.8.5.5 VERIFICA DEI MECCANISMI FRAGILI
C8.8.6 FONDAZIONI E SPALLE
C8.8.7 CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI

Le costruzioni esistenti rappresentano certamente argomento particolarmente significativo nell’ambito dell’applicazione delle NTC. Rispetto al D.M.14 gennaio 2008 la norma riporta alcune modifiche la cui portata concettuale assume però particolare rilievo.
L’importanza che le criticità locali assumono negli edifici esistenti, in termini di danni a persone e cose, ha portato, fra l’altro, a considerare con maggiore attenzione gli interventi locali di rafforzamento e gli interventi di miglioramento.
Tale maggiore attenzione si è anche tradotta in un diverso ordine di presentazione (le varie forme d’intervento sono ora elencate dalla meno alla più impattante, dalla riparazione e rafforzamento locale all’adeguamento), nella diversa definizione dell’intervento di adeguamento e nell’ampia considerazione dedicata alla valutazione e riduzione del rischio sismico e, in special modo, nella maggiore attenzione prestata agli interventi finalizzati a ridurre la vulnerabilità delle costruzioni esistenti.
La presente Circolare, quindi, fornisce istruzioni operative per la corretta ed uniforme applicazione dei principi riportati nel Capitolo 8 delle NTC. Si osserva, in particolare, come molti dei contenuti delle Appendici della Circolare 617 C.S.LL.PP. del 2 febbraio 2009, sono ora ricondotti a questo testo.

C8.1. OGGETTO
Le costruzioni esistenti sono definite, nel § 8.1 delle NTC, come quelle costruzioni per le quali “alla data della redazione della valutazione di sicurezza e/o del progetto d’intervento” la struttura sia stata “completamente realizzata”.
Detta definizione va certamente declinata per ciascun caso in esame.
In termini del tutto generali, con l’espressione struttura completamente realizzata può intendersi una struttura per la quale, alla data della redazione della valutazione di sicurezza e/o del progetto di intervento, sia stato redatto il certificato di collaudo statico ai sensi delle Norme Tecniche vigenti all’epoca della costruzione; se all’epoca della costruzione l’obbligo del collaudo statico non sussisteva, devono essere state almeno interamente realizzate le strutture e i muri portanti e le strutture degli orizzontamenti e delle coperture.
Per gli interventi finalizzati alla riduzione della vulnerabilità sismica dei beni del patrimonio culturale vincolato, il riferimento normativo, nelle more dell’emanazione di ulteriori disposizioni, è costituito dal D.P.C.M. 9 febbraio 2011 “Valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle norme tecniche per le costruzioni di cui al decreto ministeriale 14 gennaio 2008”. Tale direttiva, in considerazione della specificità e articolazione del contenuto nonché delle caratteristiche del patrimonio storico edilizio italiano, è adottabile come riferimento per le costruzioni che comunque abbiano una valenza storica, artistica o urbanistico-ambientale, anche se non esplicitamente vincolate, fatto salvo quanto previsto al punto 8.4 delle NTC.

C8.2. CRITERI GENERALI
La conoscenza della costruzione, se da un lato contribuisce ad aumentare l’accuratezza delle verifiche di sicurezza e l’efficacia del progetto degli interventi, dall’altro dipende, di fatto, dalla possibilità di effettuare indagini approfondite in relazione all’uso ed alla natura/tipologia della costruzione stessa.
Le NTC, al fine di tener conto dei diversi possibili gradi di approfondimento, utilizzano i concetti di livello di conoscenza (relativo a geometria, organizzazione strutturale, dettagli costruttivi e materiali) e di fattore di confidenza (che modifica i parametri di capacità in ragione del livello di conoscenza).
È necessario che il progettista espliciti, nei documenti progettuali, le caratteristiche geometriche e strutturali della costruzione e il grado di approfondimento raggiunto dalle indagini.
In generale, la valutazione della sicurezza consiste nell’identificazione delle criticità nei confronti delle azioni considerate, sia non sismiche, come pesi propri, sovraccarichi e azioni climatiche, sia sismiche¹.
Attenzione deve essere, dedicata alla individuazione, per quanto possibile, di situazioni critiche locali e al loro conseguente effetto sulle verifiche. Esempi tipici sono la presenza e la realizzazione di cavedi, nicchie, canne fumarie, aperture in breccia, riprese murarie nelle pareti portanti che, indebolendo sensibilmente i singoli elementi strutturali o le connessioni tra i vari elementi costruttivi, possono facilitare l’innesco di meccanismi locali.
Anche lo spostamento o la demolizione di tramezzature o tamponature con rigidezza e resistenza non trascurabili per una specifica struttura, potrebbero alterare la configurazione del fabbricato.
Riguardo ai dettagli costruttivi, per gli edifici esistenti le NTC non impongono la conformità alle prescrizioni previste per le nuove costruzioni.
Gli esiti della valutazione della sicurezza comportano conseguenze diversificate in termini di tempi e necessità di intervento, a seconda che le carenze della struttura si manifestino nei confronti delle azioni non sismiche o di quelle sismiche.
Le categorie di intervento si differenziano in interventi locali o di riparazione, di miglioramento e di adeguamento.
Le NTC specificano, per ciascuna categoria, la condizione di applicazione, sancendo l’obbligatorietà del collaudo statico, non solo per gli interventi di adeguamento, ma anche per quelli di miglioramento. Sono poi definiti alcuni fondamentali criteri di intervento, comuni a tutte le tipologie, quali la ricerca della regolarità, l’attenzione necessaria per le fasi di esecuzione e le priorità da assegnare e sono quindi esaminati i più usuali interventi per le varie tipologie strutturali.
Non è invece previsto il collaudo statico per gli interventi locali o di riparazione di cui al §8.4.1 delle NTC.
Al fine di una corretta valutazione del possibile utilizzo delle costruzioni, il tecnico incaricato delle verifiche o del progetto deve esplicitare, nei documenti progettuali, i livelli di sicurezza attuali e quelli che l’eventuale intervento si prefigge di conseguire, nonché le eventuali conseguenti limitazioni nell’uso della costruzione, esplicitando, per quanto possibile anche il livello di sicurezza degli elementi costruttivi non strutturali.
Il complesso delle norme vigenti, infatti, consente l’utilizzo anche delle costruzioni esistenti che non raggiungano i livelli di sicurezza richiesti per le costruzioni nuove.

¹Per quanto riguarda le costruzioni esistenti di muratura, la valutazione della sicurezza deve essere effettuata nei confronti dei meccanismi di collasso, sia locali, sia globali, ove questi ultimi siano significativi; la verifica dei meccanismi globali diviene, in genere, significativa solo dopo che gli eventuali interventi abbiano eliminato i meccanismi di collasso locale. E’ inoltre opportuno considerare la distinzione tipologica tra edifici singoli e edifici in aggregato (es. edilizia dei centri storici, complessi formati da più corpi). In particolare, per le tipologie in aggregato, particolarmente frequenti nei centri storici, il comportamento globale è spesso non definibile o non identificabile, al contrario del comportamento delle singole parti o unità strutturali.
Per quanto riguarda le costruzioni esistenti di c.a. e di acciaio, le NTC evidenziano come in esse possa essere attivata la capacità di elementi con meccanismi resistenti sia “duttili” sia “fragili”; a tale riguardo, è opportuno che l’analisi sismica globale utilizzi, per quanto possibile, metodi di modellazione e analisi che consentano di valutare in maniera appropriata sia la resistenza sia la duttilità disponibili, tenendo conto della possibilità di sviluppo di entrambi i tipi di meccanismo e adottando parametri di capacità dei materiali diversificati a seconda del tipo di meccanismo.

C8.3. VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA
Il § 8.3 contiene una definizione della procedura di valutazione della sicurezza, le situazioni nelle quali è obbligatoria la valutazione, e gli stati limite ai quali fare riferimento.
Le modalità di valutazione della sicurezza dipendono dalle caratteristiche dell’edificio e dalle eventuali criticità presenti; la valutazione della sicurezza deve essere effettuata sia nello stato di fatto, sia nello stato di progetto degli interventi.
In particolare, nelle verifiche dello stato di progetto si deve tenere conto di come gli interventi possano incidere sul comportamento della costruzione. Nei successivi § C.8.5, § C.8.6, § C.8.7 sono trattate in modo esteso le modalità operative consigliate per le verifiche.
Tra i casi per i quali è obbligatorio procedere alla verifica della costruzione è escluso il caso conseguente ad una eventuale variazione dell’entità delle azioni a seguito di una revisione o della normativa o delle zonazioni che differenziano le azioni ambientali (sisma, neve, vento) nelle diverse parti del territorio italiano.
La valutazione della sicurezza degli edifici esistenti, per quanto possibile, deve essere effettuata in rapporto a quella richiesta per gli edifici nuovi. A tale scopo, le NTC introducono due nuovi parametri che costituiscono fattori indicativi per un rapido confronto tra l’azione sopportabile da una struttura esistente e quella richiesta per il nuovo:
- ζE, definito come il rapporto tra l’azione sismica massima sopportabile dalla struttura e l’azione sismica massima che si utilizzerebbe nel progetto di una nuova costruzione sul medesimo suolo e con le medesime caratteristiche (periodo proprio, fattore di comportamento ecc.). Il parametro di confronto dell’azione sismica da adottare per la definizione di ζE è, salvo casi particolari, l’accelerazione al suolo aS.
- ζv,i, definito come il rapporto tra il valore massimo del sovraccarico verticale variabile sopportabile dalla parte i-esima della costruzione e il valore del sovraccarico verticale variabile che si utilizzerebbe nel progetto di una nuova costruzione.
Fermo restando quanto già indicato al Capitolo C2.1 si precisa quanto segue.
Nel caso in cui l’inadeguatezza di un’opera si manifesti nei confronti delle azioni non sismiche, quali carichi permanenti e altre azioni di servizio combinate per gli stati limite ultimi secondo i criteri esposti nel § 2.5.3 delle NTC (eventualmente ridotte in accordo con quanto specificato al § 8.5.5 delle NTC), è necessario adottare gli opportuni provvedimenti, quali ad esempio limitazione dei carichi consentiti, restrizioni all’uso e/o esecuzione di interventi volti ad aumentare la sicurezza, che consentano l’uso della costruzione con i livelli di sicurezza richiesti dalle NTC. Gli interventi da effettuare per eliminare le vulnerabilità più importanti possono anche essere parziali e/o temporanei, in attesa di essere completati nel corso di successivi interventi più ampi, atti a migliorare/adeguare complessivamente la costruzione e/o parti di essa.
Attesa l'aleatorietà dell'azione, nel caso in cui l’inadeguatezza di un’opera si manifesti nei confronti delle azioni sismiche, le condizioni d’uso, la necessità e la conseguente programmazione dell'intervento sono stabiliti sulla base di una pluralità di fattori, quali: la gravità dell’inadeguatezza e le conseguenze che questa comporterebbe anche in termini di pubblica incolumità, le disponibilità economiche, etc.
Nella valutazione della sicurezza delle costruzioni esistenti va vagliata l’opportunità di procedere ad una verifica della stabilità geomorfologica del sito e del sistema terreno-fondazione, ferma restando l’ obbligatorietà di quest’ultima verifica al ricorrere anche di una sola delle condizioni elencate al § 8.3 delle NTC. Nella relazione indicata dalla norma, il tecnico dovrà esplicitare che non sussistono le condizioni indicate al § 8.3 delle NTC tenendo ovviamente conto anche della gravità del dissesto (in atto o prodottosi in passato).

C8.4. CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI
Le NTC confermano le tre categorie di intervento previste dalle precedenti norme: riparazione o intervento locale, miglioramento, adeguamento, elencandole in ordine inverso rispetto al D.M. 14. gennaio 2008, ciò al fine di ricollocare gli interventi di riparazione o locali ed il miglioramento in una meglio articolata scansione logica ed operativa².

²È opportuno che gli interventi in progetto siano primariamente finalizzati all’individuazione e all'eliminazione o riduzione di carenze e criticità locali che possano incidere sulla capacità strutturale, per poi prevedere l'eventuale rafforzamento della costruzione nel suo complesso. Interventi mirati all’eliminazione di specifiche criticità locali, pur con opere di modesto impatto economico e senza alterare sistemi d’equilibrio venutisi a creare nel tempo, possono infatti produrre aumenti sensibili della sicurezza

C8.4.1. RIPARAZIONE O INTERVENTO LOCALE
Ricadono in questa categoria gli interventi che non alterano significativamente il comportamento globale della costruzione; l’obiettivo sulla base del quale è valutata l’ammissibilità dell’intervento è un aumento della sicurezza di almeno una porzione della costruzione, ovvero, nel caso di danni subiti, quello del mantenimento o dell’incremento dell’originaria efficacia strutturale della porzione danneggiata.
In tale categoria rientrano gli interventi di ripristino, rinforzo o sostituzione di elementi strutturali o di parti di essi non adeguati alla funzione che devono svolgere (ad esempio travi, architravi, coperture, impalcati o porzioni di impalcato, pilastri, pannelli murari). In particolare gli interventi di rinforzo devono privilegiare lo sviluppo di meccanismi duttili o comunque migliorare la duttilità locale, così da favorire lo sviluppo della duttilità di insieme della struttura.
Il ripristino o rinforzo dei collegamenti esistenti tra i singoli componenti o tra parti di essi o la realizzazione di nuovi collegamenti (ad esempio tra pareti murarie, tra pareti e travi o solai, anche attraverso l’introduzione di catene/tiranti, chiodature tra elementi lignei di una copertura o di un solaio, tra componenti prefabbricati) ricadono in questa categoria.
Infine, la modifica di una parte limitata della struttura (ad es. l’apertura di un vano in una parete, accompagnata da opportuni rinforzi) può rientrare in questa categoria, a condizione che si dimostri che l’insieme degli interventi non modifichi significativamente rigidezza, resistenza nei confronti delle azioni orizzontali e capacità di deformazione della struttura.
La relazione illustrativa dei lavori deve riportare i risultati delle indagini conoscitive svolte, le carenze strutturali riscontrate, la descrizione dei lavori e i risultati attesi, affermando e, se necessario, dimostrando che l’intervento non ha modificato in senso negativo il comportamento degli altri elementi della costruzione e di tutta la costruzione nel suo insieme.
Per questa categoria di intervento non è richiesta la valutazione della sicurezza globale dell’opera ma, nel caso di rafforzamento locale finalizzato al miglioramento del funzionamento di elementi strutturali o alla limitazione di meccanismi di collasso, è richiesta la valutazione della variazione del livello locale di sicurezza.

C8.4.2. INTERVENTO DI MIGLIORAMENTO
L'intervento di miglioramento è finalizzato a conseguire un aumento della sicurezza della costruzione.
In questa categoria ricadono tutti gli interventi che, pur non rientrando nella categoria dell’adeguamento, possono determinare modifiche, anche significative, del comportamento strutturale locale o globale operando o variazioni di rigidezza, resistenza o capacità deformativa di singoli elementi o di porzioni della struttura, o introducendo nuovi elementi strutturali. Ciò può avvenire, ad esempio, impegnando maggiormente gli elementi più resistenti, riducendo le irregolarità in pianta e in elevazione, eliminando i meccanismi di collasso locali o trasformandoli da fragili in duttili.
L’intervento di miglioramento può essere effettuato nei confronti anche soltanto di alcune categorie di azioni quali, indicativamente ma non esaustivamente, le azioni del vento, le azioni sismiche, le azioni gravitazionali, fermi restando gli obblighi indicati al § C.8.3.
Come specificato nel § 8.3 delle NTC, per questa categoria di interventi la valutazione della sicurezza è obbligatoria e finalizzata a determinare l’entità massima delle azioni, considerate nelle combinazioni di progetto previste, cui la struttura può resistere con il grado di sicurezza richiesto. Essa riguarderà necessariamente, oltre ai possibili meccanismi locali, la struttura nel suo insieme.
Per la combinazione sismica delle azioni, il valore di ζE definito dalle NTC e introdotto al § C.8.3 può essere minore dell’unità; in particolare, per le costruzioni di classe III ad uso scolastico e di classe IV il valore di ζE a seguito degli interventi di miglioramento deve essere comunque non minore di 0,6, mentre per le rimanenti costruzioni di classe III e per quelle di classe II il valore di ζE, sempre a seguito degli interventi di miglioramento, deve essere incrementato di un valore comunque non minore di 0,1.
Nel miglioramento mediante l’impiego di isolatori sismici, si deve garantire che la sottostruttura si mantenga in campo sostanzialmente elastico; per la verifica del solo sistema di isolamento, il valore di ζE deve essere assunto almeno pari a 1,0.
Inoltre, nel valutare la domanda di spostamento nei dispositivi e nei giunti sismici, il periodo proprio fondamentale del sistema isolato deve essere determinato tenendo conto opportunamente dell'elongazione del periodo proprio della sovrastruttura a seguito delle eventuali plasticizzazioni, in relazione al valore di ζE ad essa attribuito.

C8.4.3. INTERVENTO DI ADEGUAMENTO
L’intervento di adeguamento ha l’obiettivo di raggiungere i livelli di sicurezza richiesti per gli edifici di nuova costruzione così come specificati nel § 8.4.3 delle NTC.
Per questa categoria di interventi la valutazione della sicurezza è obbligatoria e finalizzata a stabilire se la struttura, a seguito dell’intervento, è in grado di resistere alle combinazioni delle azioni di progetto con il grado di sicurezza richiesto dalle NTC.
Non è necessario il soddisfacimento delle prescrizioni sui dettagli costruttivi (per esempio armatura minima, passo delle staffe, dimensioni minime di travi e pilastri, ecc.) previste per le costruzioni nuove.
Negli interventi di adeguamento delle costruzioni nei confronti delle azioni sismiche è richiesto, generalmente, il raggiungimento del valore unitario del parametro ζE; nel caso di semplici variazioni di classe e/o destinazione d’uso che comportino incrementi dei carichi verticali in fondazione superiori al 10% (caso c) del § 8.4.3 delle NTC è ammesso un valore minimo di ζE pari a 0,8. È assimilabile a tale situazione anche l’adeguamento sismico deciso dal proprietario a seguito di inadeguatezza riscontrata attraverso la valutazione di sicurezza di cui al § 8.3 delle NTC, ma non ricadente nei casi a), b) o d).
Per gli edifici esistenti in muratura, particolarmente quelli storici, in cui il regime delle sollecitazioni è frutto della sovrapposizione delle vicende statiche subite dalla costruzione nel tempo, la previsione degli effetti degli interventi sul comportamento strutturale risulta estremamente difficile. Per questo motivo, è conveniente limitare l’alterazione dello stato di fatto per non creare situazioni di esito incerto; particolare cautela deve pertanto essere adottata nel caso di interventi di tipo a), b) e d).
In merito all’ultimo capoverso del § 8.4.3 delle NTC, esso stabilisce che non è necessario procedere all’adeguamento, salvo che non ricorrano una o più delle condizioni b), c), d) od e) di cui allo stesso §8.4.3, solo nel caso di “variazione dell’altezza dell’edificio” causata dalla realizzazione di cordoli sommitali oppure causata da variazioni della copertura, che non comportino incrementi di superficie abitabile significativi dal punto di vista strutturale. Infatti, la ratio di tale disposizione è di permettere nelle situazioni citate, ferme restando le norme urbanistiche ed i regolamenti edilizi locali, la realizzazione di interventi di possibile beneficio strutturale, senza dover necessariamente adeguare l’intera costruzione.

C8.5. DEFINIZIONE DEL MODELLO DI RIFERIMENTO PER LE ANALISI
La definizione di modelli di riferimento che descrivano il comportamento dell’edificio costituisce certamente una delle fasi più complesse dell’intera procedura di analisi. Infatti, considerando la grande varietà di costruzioni esistenti, non è possibile indicare procedure di modellazione. Tali problematiche diventano, poi, particolarmente rilevanti per le costruzioni in muratura, anche a causa delle numerose incertezze relative agli stati di sollecitazione in atto, ai tipi di materiale impiegati e al loro comportamento meccanico, al grado di connessione tra gli elementi strutturali e alla loro morfologia interna, oltre che agli eventuali interventi di trasformazione, riparazione o consolidamento già attuati in passato.
L’adeguata conoscenza del manufatto è presupposto fondamentale e fase imprescindibile per la comprensione di singole criticità e del comportamento strutturale; l’attendibilità dei risultati, dunque, è strettamente legata al livello di conoscenza.
È opportuno sottolineare che le fasi della conoscenza e dell’analisi non sono sequenziali, ma strettamente connesse.
Il piano delle indagini, ad esempio, può essere efficacemente indirizzato, in relazione sia alla tipologia delle prove, sia alla loro localizzazione, da un’analisi basata su dati preliminari relativi alle caratteristiche geometriche, costruttive e dei materiali. In tal modo è possibile identificare le zone critiche nei riguardi degli stati limite ultimi, investigando eventualmente la sensibilità della risposta alle incertezze sui principali parametri, e quindi razionalizzare il piano delle indagini sperimentali, anche in considerazione della loro onerosità ed invasività.
Per gli edifici in muratura, anche considerate le conoscenze acquisibili, le verifiche nei riguardi di tutte le azioni possono essere eseguite utilizzando, quando previsto, un coefficiente γM non inferiore a 2 (Tab. 4.5.II in § 4.5.6.1 e §7.8.1.1 delle NTC).
In relazione al livello di conoscenza, le NTC definiscono opportuni fattori di confidenza, da intendersi come indici del livello di approfondimento raggiunto dalle indagini; è attraverso di essi che si possono ridurre i valori attribuiti ai parametri meccanici dei materiali. In determinate circostanze, i valori dei fattori di confidenza possono essere differenziati per i diversi materiali o per specifici elementi strutturali, nel modo illustrato nel seguito.
Indicazioni specifiche riguardanti le modalità di svolgimento delle analisi strutturali per la valutazione della sicurezza, sia nello stato di fatto, sia a seguito della realizzazione di interventi, sono riportate nel § 8.7 delle NTC.

C8.5.1. ANALISI STORICO-CRITICA
La conoscenza della storia di un fabbricato è elemento indispensabile, sia per la valutazione della sicurezza attuale, sia per la definizione degli interventi e la previsione della loro efficacia.
L’analisi storica deve essere finalizzata a comprendere le vicende costruttive, i dissesti, i fenomeni di degrado, i cimenti subiti dall’edificio e, particolarmente frequenti nelle costruzioni in muratura, le trasformazioni operate dall’uomo che possono aver prodotto cambiamenti nell’assetto statico originario. In tal senso l’indagine storica diventa indagine critica e fonte, per eccellenza, di documentazione e conoscenza finalizzate all’interpretazione del comportamento strutturale.
L’analisi inizia con il reperire tutti i documenti disponibili sulle origini del fabbricato quali, ad esempio, elaborati e relazioni progettuali della prima realizzazione della costruzione e di eventuali successivi interventi, elaborati e rilievi già prodotti, eventuali relazioni di collaudo e riguarda:
- l'epoca di costruzione;
- le tecniche, le regole costruttive e, se esistenti, le norme tecniche dell’epoca di costruzione;
- la forma originaria e le successive modifiche;
- i traumi subiti e le alterazioni delle condizioni al contorno;
- le deformazioni, i dissesti e i quadri fessurativi, con indicazioni, ove possibile, della loro evoluzione nel tempo;
- gli interventi di consolidamento pregressi;
- gli aspetti urbanistici e storici che hanno regolato lo sviluppo dell’aggregato edilizio di cui l'edificio è parte.
Risulta, in generale, utile anche la conoscenza delle patologie o delle carenze costruttive evidenziate da edifici simili per tipologia ed epoca di costruzione.
In definitiva, questa fase deve permettere di interpretare la condizione attuale dell’edificio come risultato di una serie di vicende statiche e di trasformazioni che si sono sovrapposte nel tempo.

C8.5.2. RILIEVO
C8.5.2.1 COSTRUZIONI DI MURATURA
Nelle costruzioni di muratura, vista la grande varietà di materiali e tecniche costruttive impiegate, riveste un ruolo di primaria importanza la conoscenza della composizione degli elementi costruttivi e delle caratteristiche dei collegamenti, a partire dalla tipologia e disposizione dei materiali e dalla presenza di discontinuità; in questo ambito, la verifica dell’efficacia degli incatenamenti, siano essi lignei o metallici, merita una particolare attenzione.
Nel rilievo si possono individuare tre livelli di indagine, in relazione al loro grado di approfondimento.
Indagini limitate: sono generalmente basate su indagini di tipo visivo che, al rilievo geometrico delle superfici esterne degli elementi costruttivi, uniscono saggi che consentano di esaminare, almeno localmente, le caratteristiche della muratura sotto intonaco e nello spessore, caratterizzando così la sezione muraria, il grado di ammorsamento tra pareti ortogonali e le zone di appoggio dei solai, i dispositivi di collegamento e di eliminazione delle spinte.
Indagini estese: i rilievi e le indagini in-situ indicati al punto precedente, sono accompagnati da saggi più estesi e diffusi così da ottenere tipizzazioni delle caratteristiche dei materiali e costruttive e una aderenza delle indicazioni fedele alla reale varietà della costruzione.
Indagini esaustive: oltre a quanto indicato al punto precedente, le indagini sono estese in modo sistematico con il ricorso a saggi che consentano al tecnico di formarsi un’opinione chiara sulla morfologia e qualità delle murature, sul rispetto della regola dell’arte nella disposizione dei materiali, sia in superficie che nello spessore murario, sull’efficacia dell’ammorsamento tra le pareti e dei dispositivi di collegamento e di eliminazione delle spinte, oltre che sulle caratteristiche degli appoggi degli elementi orizzontali.

C8.5.2.2 COSTRUZIONI DI CALCESTRUZZO ARMATO O ACCIAIO
Il rilievo è finalizzato alla definizione sia della geometria esterna, sia dei dettagli di tutti gli elementi costruttivi effettivamente raggiungibili, con funzione strutturale o meno. Per gli elementi aventi funzione strutturale la geometria esterna deve essere sempre descritta in maniera la più completa possibile, allo scopo di ottenere un modello di calcolo affidabile, mentre i dettagli, spesso occultati alla vista (ad esempio la disposizione delle armature), possono essere rilevati a campione, estendendo poi le valutazioni agli altri elementi operando per analogia, anche in forza delle norme vigenti e dei prodotti in commercio all’epoca della costruzione.
Il rilievo di manufatti che non hanno funzione strutturale (pareti divisorie, controsoffitti, impianti) deve essere effettuato con l’obiettivo principale di identificare eventuali rischi per la sicurezza degli abitanti, connessi a problemi di stabilità dei manufatti stessi o delle strutture. Particolarmente pericolose si sono rivelate, in occasione di eventi sismici, le pareti di tamponamento formate da più paramenti accostati e privi di adeguati collegamenti tra loro o/e separati da intercapedini isolanti, ancor più quando non sono contenute in riquadri strutturali.
Il rilievo geometrico degli elementi deve permettere:
- l’identificazione dell’organizzazione strutturale;
- l’individuazione della posizione e delle dimensioni di travi, pilastri, scale e setti;
- l’identificazione dei solai e della loro tipologia, orditura, sezione verticale;
- l’individuazione di tipologia e dimensioni degli elementi non strutturali quali tamponamenti, tramezzature, etc.
In particolare, per le costruzioni in acciaio, i dati raccolti devono includere anche:
- la forma originale dei profili e le loro dimensioni geometriche;
- la tipologia e morfologia delle unioni.
Nel caso in cui la geometria della struttura sia nota dai disegni originali, deve essere comunque eseguito il rilievo visivo a campione per verificare l’effettiva corrispondenza del costruito ai disegni di progetto.
Nel definire il comportamento della costruzione in presenza di sisma sono di particolare importanza i dettagli costruttivi; le informazioni su di essi possono essere desunte dai disegni originali, da un progetto simulato o da indagini in situ.
Il progetto simulato, eseguito sulla base delle norme tecniche in vigore all’epoca della costruzione e della corrispondente pratica costruttiva, è utile per fornire informazioni su quantità e disposizione dell’armatura negli elementi con funzione strutturale e sulle caratteristiche dei collegamenti.
Sia che si disponga dei disegni originali, sia che si sia prodotto un progetto simulato, per verificarne la rispondenza alla realtà del costruito in termini di particolari costruttivi occorre effettuare rilievi in situ. Nei rilievi si possono individuare tre livelli di indagine, in relazione al loro grado di approfondimento.
Indagini limitate: consentono di valutare, mediante saggi a campione, la corrispondenza tra le caratteristiche dei collegamenti riportate negli elaborati progettuali originali o ottenute attraverso il progetto simulato, e quelle effettivamente presenti.
Indagini estese: si effettuano quando non sono disponibili gli elaborati progettuali originali, o come alternativa al progetto simulato seguito da indagini limitate, oppure quando gli elaborati progettuali originali risultano incompleti.
Indagini esaustive: si effettuano quando si desidera un livello di conoscenza accurata e non sono disponibili gli elaborati progettuali originali.
Le indagini in-situ basate su saggi sono effettuate su una congrua percentuale degli elementi strutturali, privilegiando, tra le tipologie di elementi strutturali (travi, pilastri, pareti…), quelle che rivestono un ruolo di primaria importanza nella struttura.
Il quantitativo di indagini in-situ basate su saggi dipende dal livello di conoscenza desiderato in relazione al grado di sicurezza attuale e deve essere accuratamente valutato, anche in vista delle notevoli conseguenze che comporta sulla progettazione degli interventi.
Al fine di determinare, in maniera opportuna, il numero e la localizzazione delle indagini in-situ da effettuare, è utile eseguire, a seguito del rilievo geometrico:
- una campagna preliminare di indagini in-situ volta alla conoscenza dei dettagli costruttivi ritenuti più significativi;
- un’analisi preliminare della sicurezza statica e della vulnerabilità sismica dell’edificio, eseguita estendendo il risultato de rilievi dei particolari costruttivi (sfruttando anche eventuali simmetrie o situazioni ripetitive della struttura) agli elementi simili per dimensioni e/o impegno statico, eventualmente utilizzando i risultati preliminari delle prove sui materiali come definite al § C8.5.3.2.
Dall’esito, in termini di impegno statico e ruolo delle diverse membrature nella sicurezza della struttura, fornito dall’analisi preliminare può scaturire la necessità di approfondimenti in termini di numero, tipologia e localizzazione delle indagini in-situ basate su saggi; il progetto delle indagini ne fornisce la misura, consentendo così di graduare quantitativamente il livello di approfondimento.
A titolo esemplificativo e quando realmente possibile, il rilievo dei dettagli costruttivi è finalizzato a conseguire le seguenti informazioni:
Costruzioni di calcestruzzo armato
- quantità di armatura longitudinale in travi, pilastri, pareti e sua disposizione;
- quantità di barre di armatura piegate che contribuiscono alla resistenza a taglio, presenti nelle travi;
- quantità e dettagli di armatura trasversale nelle zone critiche e nei nodi trave-pilastro;
- quantità di armatura longitudinale che contribuisce al momento negativo di travi a T, presente nei solai;
- lunghezze di appoggio e condizioni di vincolo degli elementi orizzontali;
- spessore dei copriferri;
- lunghezza delle zone di sovrapposizione delle barre e dei loro ancoraggi;
Costruzioni di acciaio:
- tipologia e localizzazione dei giunti tra le membrature;
- particolari di appoggio dei solai;
- modalità di collegamento alle fondazioni.

C8.5.2.3 COSTRUZIONI DI LEGNO
Per costruzioni di legno si intendono sia opere realizzate interamente con struttura lignea, sia elementi costruttivi all’interno di costruzioni caratterizzate da altre tipologie strutturali.
Il rilievo geometrico riguarda le membrature, la disposizione degli elementi nella struttura e i collegamenti (di carpenteria o meccanici); deve essere accuratamente rilevata la morfologia delle membrature, con le variazioni di forma della sezione e i difetti del materiale, in quanto elementi fondamentali per la quantificazione della capacità portante.
Per la comprensione dei fenomeni di dissesto, attenzione deve essere rivolta al rilievo delle deformazioni delle singole membrature e della struttura, distinguendo, ove possibile, lo stato deformativo derivante dalle azioni applicate da quello proprio del materiale, causato ad esempio da difettosità anatomiche, di taglio o di lavorazione. A tale scopo devono essere identificate le zone deteriorate, con particolare riferimento alle unioni tra elementi lignei o ai collegamenti di interfaccia tra membrature lignee e altri materiali (ad esempio muratura) o altre parti della costruzione (ad esempio fondazioni).

C8.5.3. CARATTERIZZAZIONE MECCANICA DEI MATERIALI
Il § 8.5.3 delle NTC tratta della conoscenza delle caratteristiche di resistenza e deformabilità dei materiali con i quali è realizzato un fabbricato.
La norma prevede che per le prove di cui alla Circolare 08 settembre 2010, n. 7617/STC o eventuali successive modifiche o integrazioni, il prelievo dei campioni dalla struttura e l’esecuzione delle prove stesse devono essere effettuate a cura di un laboratorio di cui all’articolo 59 del DPR 380/2001. Ciò fa riferimento, esclusivamente, al prelievo dei campioni per le prove distruttive i cui esiti sono soggetti a certificazione ai sensi dello stesso articolo 59 del DPR 380/01.
In tal senso le NTC hanno voluto ricondurre ad un modello unitario - in termini di qualità e responsabilità - l’intero loro processo costruttivo e, conseguentemente anche l’attività di prelievo, quale ad esempio il carotaggio, giacché le prove comprendono ogni fase: dal prelievo del materiale, alla verifica fisica, chimica e meccanica della carota stessa. Il carotaggio costituisce una prima analisi, almeno qualitativa, di resistenza fisica del campione che si sta prelevando; l’operazione di carotaggio stessa è, inoltre, in grado di influenzare in maniera determinante, essa stessa, la resistenza fisica del campione che si sta prelevando,

C8.5.3.1 COSTRUZIONI DI MURATURA
La muratura in una costruzione esistente è il risultato dell’assemblaggio di materiali diversi, in cui la tecnica costruttiva, le modalità di posa in opera, le caratteristiche meccaniche dei materiali costituenti e il loro stato di conservazione, determinano il comportamento meccanico dell’insieme.
La misura diretta delle caratteristiche meccaniche della muratura avviene mediante l’esecuzione di prove in-situ su porzioni di muratura, o di prove in laboratorio su elementi indisturbati prelevati in-situ, ove questo sia possibile; le prove possono essere di compressione e di taglio, scelte in relazione alla tipologia muraria e al criterio di resistenza adottato per l’analisi; le modalità di prova e la relativa interpretazione dei risultati devono seguire procedure di riconosciuta validità.
Ulteriori informazioni si possono desumere da metodi di prova non distruttivi, utili anche ad estendere all’intero edificio i risultati ottenuti a livello locale con prove distruttive o mediamente distruttive.
In relazione al numero delle indagini e alle modalità con cui condurle, la grande varietà tipologica e la frequente presenza di stratificazioni temporalmente successive, come avviene, in particolare, negli edifici storici, rende priva di significato la prescrizione di una precisa quantità e tipologia di indagini, anche in vista del fatto che, talvolta, l’individuazione delle situazioni di vulnerabilità risulta più significativa della stessa caratterizzazione dei materiali. L’esecuzione delle indagini deve seguire protocolli operativi e interpretativi di comprovata validità.
La tabella C8.5.I riporta, per il comportamento delle tipologie murarie più ricorrenti, indicazioni, non vincolanti, sui possibili valori dei parametri meccanici, identificati attraverso il rilievo degli aspetti costruttivi (§C8.5.2.1) e relativi, con l’eccezione dell’ultima riga, a precise condizioni: malta di calce di modeste caratteristiche (resistenza media a compressione fm stimabile tra 0,7 e 1,5 N/mm²), assenza di ricorsi (listature), paramenti semplicemente accostati o mal collegati, tessitura (nel caso di elementi regolari) a regola d’arte, muratura non consolidata. Ai soli fini della verifica sismica, nel caso in cui la malta abbia caratteristiche particolarmente scadenti (resistenza media a compressione fm stimabile inferiore a 0,7 N/mm²) ai valori della tabella si applica un coefficiente riduttivo pari a 0,7 per le resistenze e 0,8 per i moduli elastici. I parametri indicati in tabella sono principalmente finalizzati alle verifiche nei riguardi delle azioni sismiche.
La resistenza a compressione è utilizzata anche per le verifiche nei riguardi delle azioni non sismiche, a patto di considerare anche l’eventuale possibilità di fenomeni di instabilità locale, associati ad un insufficiente collegamento tra i paramenti.
Per interpretare fenomeni pregressi e/o per cercare di stimare fenomeni futuri a tempi lunghi è bene considerare che nel materiale muratura sono presenti fenomeni consistenti di deformazioni lente plastiche e di viscosità, con comportamenti meccanici anche notevolmente differenti da quelli a tempi brevi, che possono dare luogo ad una ridistribuzione dei picchi di sollecitazione. Nel caso di sollecitazioni di trazione permanenti, inoltre, la resistenza a trazione delle murature, non indicata nella tabella, può ridursi significativamente.
Nel caso di murature di blocchi artificiali di tecnologia moderna, i parametri da utilizzare per le verifiche possono essere derivati dalle indicazioni per la progettazione di nuove costruzioni in muratura (§11.10 delle NTC).
Tabella C8.5.I - Valori di riferimento dei parametri meccanici della muratura, da usarsi nei criteri di resistenza di seguito specificati (comportamento a tempi brevi), e peso specifico medio per diverse tipologie di muratura. I valori si riferiscono a: f = resistenza media a compressione, τ0 = resistenza media a taglio in assenza di tensioni normali (con riferimento alla formula riportata, a proposito dei modelli di capacità, nel §C8.7.1.3), fv0 = resistenza media a taglio in assenza di tensioni normali (con riferimento alla formula riportata, a proposito dei modelli di capacità, nel §C8.7.1.3), E = valore medio del modulo di elasticità normale, G = valore medio del modulo di elasticità tangenziale, w = peso specifico medio.

Le Regioni potranno, tenendo conto delle specificità costruttive del proprio territorio, definire zone omogenee a cui riferirsi a tal fine.
Le caratteristiche meccaniche della muratura, in uno stato di fatto migliore di quello indicato nella Tabella C8.5.I, possono ottenersi applicando (indicativamente e salvo più dettagliate valutazioni) i coefficienti migliorativi di Tabella C8.5.II.
I coefficienti migliorativi sono funzione dei seguenti fattori:
- malta di buone caratteristiche: il coefficiente indicato in Tabella C8.5.II, diversificato per le varie tipologie, si può applicare sia ai parametri di resistenza (f, τ0 e fv0), sia ai moduli elastici (E e G);
- presenza di ricorsi (o listature): il coefficiente di tabella si può applicare ai soli parametri di resistenza (f e τ0); tale coefficiente ha significato solo per alcune tipologie murarie, in cui si riscontra tale tecnica costruttiva;
- presenza sistematica di elementi di collegamento trasversale tra i paramenti: il coefficiente indicato in tabella si può applicare ai soli parametri di resistenza (f, τ0 e fv0).
I suddetti coefficienti migliorativi possono essere applicati in combinazione tra loro, in forma moltiplicativa, considerando la concomitanza al più dei due effetti che hanno i coefficienti moltiplicativi più alti.
I dati riportati nella Tabella C8.5.I fanno riferimento, ad eccezione dell’ultima riga, a una muratura costituita da due paramenti accostati, con eventuale nucleo interno di limitato spessore (significativamente inferiore a quello dei paramenti). In questi casi è preventivamente necessario valutare se la muratura ha caratteristiche tali da garantire che il pannello murario possa comportarsi unitariamente nei riguardi delle sollecitazioni, sia verticali, sia a taglio; in caso contrario la modellazione con parametri meccanici equivalenti ha poco significato.
I muri realizzati con due paramenti semplicemente accostati o con riempimenti “a sacco” di scadenti caratteristiche meccaniche presentano un elevato rischio di instabilità, che può essere accentuato dalla presenza di orizzontamenti appoggiati solo su uno dei paramenti e dall’assenza di efficaci ancoraggi tra i solai e i paramenti esterni dei muri. Il rischio di instabilità, maggiore nei muri in pietrame, è presente anche nei casi di pietre squadrate sulle superfici esterne.
Nel caso non sussistano rischi di instabilità dei singoli paramenti si potrà considerare il muro come composto da due pareti tra loro semplicemente accostate, ciascuna di spessore pari alla propria sezione efficace.
Dopo avere esclusa la possibilità di meccanismi di distacco tra i paramenti, nel caso in cui il nucleo interno sia ampio rispetto ai paramenti, e in particolare se scadente, è opportuno ridurre i parametri di resistenza e deformabilità propri dei paramenti esterni.
Nel caso di nucleo interno di spessore consistente, le proprietà meccaniche equivalenti della muratura, da attribuire all’intero spessore della parete, sono da ottenersi a partire da quelle dei paramenti (Tabella C8.5.I, eventualmente modificata dai coefficiente della Tabella C8.5.II) e del nucleo, attraverso valutazioni opportune.
Nel caso particolare di nucleo interno di caratteristiche meccaniche trascurabili, le proprietà equivalenti del panello murario possono essere ottenute, cautelativamente e in via semplificata, trascurando lo spessore del nucleo.
Tabella C8.5.II - Coefficienti correttivi massimi da applicarsi in presenza di: malta di caratteristiche buone; ricorsi o listature; sistematiche connessioni trasversali; consolidamento con iniezioni di malta; consolidamento con intonaco armato; ristilatura armata con connessione dei paramenti.

In presenza di murature consolidate o nel caso in cui si debba progettare un intervento di rinforzo, è possibile incrementare i valori ottenuti con il procedimento suddetto applicando gli ulteriori coefficienti indicati in Tabella C8.5.II, in base alle tecniche di consolidamento previste, secondo le modalità di seguito illustrate
Consolidamento con iniezioni di miscele leganti
Il coefficiente indicato in tabella, diversificato per le varie tipologie murarie, può essere applicato ai valori sia dei parametri di resistenza (f, τ0 e fv0), sia dei moduli elastici (E e G); i benefici conseguibili dipendono in modo sensibile dalla qualità originaria della malta, risultando tanto maggiori quanto più questa è scadente. È bene ricordare che gli effettivi benefici delle iniezioni sono funzione della reale possibilità delle malte iniettate di riempire lacune esistenti nella trama muraria e di aderire ai materiali esistenti; in ogni caso, è raccomandabile l’esecuzione di saggi, preventivi e di verifica, per valutare i risultati effettivamente conseguiti.
Consolidamento con intonaco armato
L’effetto di questa tipologia di consolidamento può essere stimato attraverso opportune valutazioni che considerino gli spessori della parete e dell’intonaco armato, oltre che i relativi parametri meccanici.
In assenza di queste è possibile adottare il coefficiente indicato in tabella, diversificato per le varie tipologie, applicabile ai valori sia dei parametri di resistenza (f, τ0 e fv0), sia dei moduli elastici (E e G).
In tal caso non si applicano i coefficienti relativi alla connessione trasversale della muratura non consolidata e alla ristilatura armata. Si rileva che il consolidamento con intonaco armato non ha alcuna efficacia in assenza di sistematiche connessioni trasversali e la sua efficacia è ridotta quando realizzato su un solo paramento.
Nell’adozione degli eventuali coefficienti migliorativi si deve tenere conto delle caratteristiche delle malte utilizzate (cementizie o a calce) e delle armature (metalliche o in fibra). Infine, si segnala la necessità di una preventiva verifica che il paramento non evidenzi un’eccessiva disgregazione o presenza di vuoti, tale da rendere inefficace l’accoppiamento con l’intonaco armato; in questi casi è opportuno accoppiare l’intervento con iniezioni.
Consolidamento con diatoni artificiali o tirantini antiespulsivi
Nel caso dell’inserimento di diatoni artificiali dotati di una significativa rigidezza a taglio e sufficientemente diffusi, si può applicare a tutti i parametri di resistenza il coefficiente indicato per le murature originariamente dotate di una buona connessione trasversale; gli elementi di connessione a trazione (tirantini) hanno un effetto significativo solo per la resistenza a compressione (f).
Consolidamento con ristilatura armata e connessione dei paramenti
Il coefficiente indicato in tabella, diversificato per le varie tipologie murarie, può essere applicato ai valori sia dei parametri di resistenza (f, τ0 e fv0), sia dei moduli elastici (E , G), in quest’ultimo caso in misura ridotta del 50%.
Questa tecnica (con i relativi coefficienti migliorativi) può essere applicata anche sostituendo, su uno dei paramenti, la ristilatura armata con un intonaco armato di limitato spessore, realizzato con malta a base calce, purché siano posti in opera gli elementi di connessione trasversale.
I valori sopra indicati in tabella per il consolidamento delle murature devono essere considerati essenzialmente un riferimento, in assenza di specifiche valutazioni sui valori da adottare per il caso in esame; nel caso di tecniche diverse da quelle indicate nella tabella, i valori riportati costituiscono un utile riferimento.
Nel caso di uso combinato di diverse tecniche di consolidamento, i coefficienti possono essere applicati in forma moltiplicativa; il valore del coefficiente complessivo non può superare il coefficiente massimo indicato nell’ultima colonna della tabella.
Nella caratterizzazione meccanica dei materiali si possono distinguere, in relazione al loro grado di approfondimento, tre livelli di prova.
Prove limitate: Si tratta di indagini non dettagliate e non estese, basate principalmente su esami visivi delle superfici, che prevedono limitati controlli degli elementi costituenti la muratura. Sono previste rimozioni locali dell’intonaco per identificare i materiali di cui è costituito l’edificio; in particolare, avvalendosi anche dell’analisi storico-critica, è possibile suddividere le pareti murarie in aree considerabili come omogenee. Scopo delle indagini è consentire l’identificazione delle tipologie di muratura alla quale fare riferimento ai fini della determinazione delle proprietà meccaniche; questo prevede il rilievo della tessitura muraria dei paramenti ed una stima della sezione muraria.
Prove estese: Si tratta di indagini visive, diffuse e sistematiche, accompagnate da approfondimenti locali. Si prevedono saggi estesi, sia in superficie sia nello spessore murario (anche con endoscopie), mirati alla conoscenza dei materiali e della morfologia interna della muratura, all’individuazione delle zone omogenee per materiali e tessitura muraria, dei dispositivi di collegamento trasversale, oltre che dei fenomeni di degrado. È inoltre prevista l’esecuzione di analisi delle malte e, se significative, degli elementi costituenti, accompagnate da tecniche diagnostiche non distruttive (penetrometriche, sclerometriche, soniche, termografiche, radar, ecc.) ed eventualmente integrate da tecniche moderatamente distruttive (ad esempio martinetti piatti), finalizzate a classificare in modo più accurato la tipologia muraria e la sua qualità.
Prove esaustive: In aggiunta alle richieste della categoria precedente, si prevedono prove dirette sui materiali per determinarne i parametri meccanici. Il progettista ne stabilisce tipologia e quantità in base alle esigenze di conoscenza della struttura. Le prove devono essere eseguite o in situ o in laboratorio su elementi indisturbati prelevati in situ; esse possono comprendere, se significative: prove di compressione (ad esempio: su pannelli o tramite martinetti piatti doppi); prove di taglio (ad esempio: compressione e taglio, compressione diagonale, taglio diretto sul giunto), selezionate in relazione alla tipologia muraria e al criterio di resistenza adottato per l’analisi. Le prove devono essere eseguite su tutte le tipologie murarie o comunque su quelle relative agli elementi che, dall’analisi di sensibilità basata sui dati preliminari (§ C8.5), sono risultati significativi per la valutazione della sicurezza. I valori per le verifiche saranno ottenuti, a partire dai valori medi presenti nella Tabella C8.5.I, utilizzando misure sperimentali dirette sull’edificio, tenendo conto dell’attendibilità del metodo di prova. In sostituzione, possono essere considerati i risultati di prove eseguite su altre costruzioni della stessa zona, in presenza di chiara e comprovata corrispondenza tipologica per materiali e morfologia.
A seguito delle indagini, è necessario valutare, per ogni prova, il grado di rappresentatività sia della classe tipologica attribuita al materiale, sia dei valori medi delle caratteristiche meccaniche dell’edificio da utilizzare nelle modellazioni.
A questo scopo possono essere utili metodi che, avvalendosi della lettura visiva dei paramenti e della sezione, consentano di ottenere delle stime di tali caratteristiche attraverso indicatori di qualità muraria, purché elaborati con procedure di comprovata attendibilità.
Nelle costruzioni con struttura muraria occorre considerare anche la presenza di elementi realizzati con altri materiali (strutture lignee, solai in c.a., tiranti d’acciaio ecc.), da indagarsi con le metodologie indicate negli specifici Capitoli.
Nei casi, previsti dalle NTC, in cui sia necessario eseguire indagini sulle fondazioni, queste saranno volte a determinarne morfologia, profondità e materiali costituenti, a prescindere dai gradi di approfondimento sopra riportati.

C8.5.3.2 COSTRUZIONI DI CALCESTRUZZO ARMATO O ACCIAIO
I valori delle caratteristiche meccaniche dei materiali prescindono dalle classi discretizzate previste nelle NTC.
Per definire le caratteristiche meccaniche dei materiali è possibile riferirsi anche alle norme dell’epoca della costruzione.
Calcestruzzo: si fa riferimento alle Linee Guida per la valutazione delle caratteristiche del calcestruzzo in opera, del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici .
Acciaio: la misura delle caratteristiche meccaniche si ottiene, in generale, mediante estrazione di campioni ed esecuzione di prove a trazione fino a rottura con determinazione della tensione di snervamento, della resistenza a rottura e dell’allungamento, salvo nel caso in cui siano disponibili certificati di prova conformi a quanto richiesto per le nuove costruzioni nella normativa dell’epoca di costruzione.
Unioni di elementi d’acciaio: la misura delle caratteristiche meccaniche si ottiene, ove possibile, mediante estrazione di campioni ed esecuzione di prove a trazione fino a rottura con determinazione delle caratteristiche meccaniche rilevanti, quali la tensione di snervamento, della resistenza a rottura e dell’allungamento.
Sono ammessi metodi di indagine non distruttiva di documentata affidabilità, ad integrazione di quelli sopra descritti, purché i risultati siano tarati su quelli ottenuti con prove distruttive.
Le prove sui materiali, in analogia a quanto definito per le indagini sui dettagli costruttivi, possono essere eseguite su un numero di elementi diverso, a seconda del livello di conoscenza che si vuole raggiungere.
Si possono distinguere, in relazione al loro grado di approfondimento, tre livelli di prova.
Prove limitate: prevedono un numero limitato di prove in-situ o su campioni, impiegate per completare le informazioni sulle proprietà dei materiali, siano esse ottenute dalle normative in vigore all’epoca della costruzione, o dalle caratteristiche nominali riportate sui disegni costruttivi o nei certificati originali di prova.
Prove estese: prevedono prove in-situ o su campioni più numerose di quelle del caso precedente e finalizzate a fornire informazioni in assenza sia dei disegni costruttivi, sia dei certificati originali di prova o quando i valori ottenuti con le prove limitate risultino inferiori a quelli riportati nei disegni o sui certificati originali.
Prove esaustive: prevedono prove in-situ o su campioni più numerose di quelle del caso precedente e finalizzate a ottenere informazioni in mancanza sia dei disegni costruttivi, sia dei certificati originali di prova, o quando i valori ottenuti dalle prove, limitate o estese, risultino inferiori a quelli riportati sui disegni o nei certificati originali, oppure nei casi in cui si desideri una conoscenza particolarmente accurata.
Al fine di determinare in maniera opportuna il numero e la localizzazione delle prove sui materiali, è utile:
- eseguire un numero limitato di indagini preliminari sugli elementi individuati come rappresentativi a seguito dell'analisi storico-critica, della documentazione disponibile e del rilievo geometrico, al fine di definire un modello preliminare della struttura;
- eseguire un'analisi per la verifica preliminare della sicurezza statica e della vulnerabilità sismica, utilizzando i dettagli costruttivi valutati nel corso della campagna di indagini preliminari (§ C8.5.2.2).
In base all’esito dell’analisi preliminare è valutata la necessità di approfondimenti della campagna di indagini in termini di numero e localizzazione, in relazione all’impegno statico delle diverse membrature, del loro ruolo riguardo alla sicurezza della struttura e del grado di omogeneità dei risultati delle prove preliminari, anche in relazione a quanto previsto dai documenti originari; il progetto delle prove ne fornisce la misura, consentendo così di graduare quantitativamente il livello di approfondimento.
Per l’identificazione delle caratteristiche dei materiali, i dati raccolti devono includere le seguenti caratteristiche:
- resistenza e, ove significativo, il modulo elastico E del calcestruzzo;
- tensione di snervamento, resistenza a rottura e allungamento dell’acciaio.

C8.5.3.3 COSTRUZIONI DI LEGNO
L’esame degli elementi costruttivi prevede indagini volte alla conoscenza del materiale, in particolare nei riguardi della specie, dello stato di conservazione e delle caratteristiche meccaniche.
Riguardo alla caratterizzazione del materiale, per l’identificazione della specie legnosa si può fare riferimento alla norma UNI 11118 e, per la valutazione dello stato di conservazione e del profilo resistente degli elementi in opera, alla norma UNI 11119.
Date le incertezze delle conoscenze, qualora si ricorra a metodi indiretti di prova, è opportuno confrontare le misure ottenute con metodi diversi, tenendo presente che la variabilità dei singoli parametri è in genere ampia.
Occorre identificare l’eventuale degrado materico di tipo biotico, anche in relazione alle condizioni ambientali di conservazione.
Particolare attenzione deve quindi essere rivolta all'analisi del microclima nell'intorno di un elemento ligneo o di una sua parte che si è instaurato in particolari condizioni di posa in opera (ad esempio testate di travi e capriate inserite nella muratura o elementi nascosti da controsoffitti, elementi lignei che appoggiano in fondazione).
Si possono distinguere, in relazione al loro grado di approfondimento, tre livelli di prova.
Prove limitate: si tratta di indagini basate principalmente su esami visivi delle superfici, che comprendano almeno tre facce e una testata di ogni elemento dell’orditura primaria e secondaria e che prevedano limitati controlli degli elementi costruttivi e delle connessioni; sono previste rimozioni locali dello strato di protezione per procedere a una valutazione dello stato di conservazione, ad esempio in accordo alla norma UNI 11119.
Prove estese: si tratta di indagini visive diffuse sulle superfici degli elementi, accompagnate da alcuni controlli strumentali a supporto, nonché sulle condizioni dei collegamenti. Sono previste rimozioni locali dello strato di protezione per procedere a una valutazione dello stato di conservazione, ad esempio in accordo alla norma UNI 11119. Come controlli strumentali, sono almeno da prevedere alcuni controlli dell'umidità del materiale in zone specificatamente individuate come particolarmente sensibili.
Prove esaustive: si tratta di indagini visive diffuse e sistematiche, accompagnate da approfondimenti strumentali, eventualmente di tipo resistografico. Si prevedono analisi per l’identificazione della specie, la misura dell’umidità nel materiale e nelle zone di interfaccia con materiali diversi e l’analisi dei collegamenti, con valutazione dei fenomeni di degrado degli elementi di connessione. Tali analisi possono anche richiedere attività di laboratorio. È opportuno l’impiego di tecniche non distruttive o parzialmente invasive per valutare le caratteristiche meccaniche del materiale o individuare zone degradate al di sotto della superficie.

C8.5.4. LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA
I fattori di confidenza sono utilizzati per la riduzione dei valori dei parametri meccanici dei materiali e devono essere intesi come indicatori del livello di approfondimento raggiunto.
Limitatamente al caso di verifiche in condizioni non sismiche di singoli componenti (ad esempio solai sui quali siano state condotte indagini particolarmente accurate) oppure di verifiche sismiche nei riguardi dei meccanismi locali, è possibile adottare livelli di conoscenza differenziati rispetto a quelli impiegati nelle verifiche sismiche globali.
Di seguito, con riferimento alle specifiche contenute al § 8.5 delle NTC, è riportata una guida alla stima dei Fattori di Confidenza (FC), definiti con riferimento ai tre Livelli di Conoscenza (LC) crescenti, secondo quanto segue.
LC1: si intende raggiunto quando siano stati effettuati, come minimo, l’analisi storico-critica commisurata al livello considerato, con riferimento al § C8.5.1, il rilievo geometrico completo e indagini limitate sui dettagli costruttivi, con riferimento al § C8.5.2, prove limitate sulle caratteristiche meccaniche dei materiali, con riferimento al § C8.5.3; il corrispondente fattore di confidenza è FC=1,35 (nel caso di costruzioni di acciaio, se il livello di conoscenza non è LC2 solo a causa di una non estesa conoscenza sulle proprietà dei materiali, il fattore di confidenza può essere ridotto, giustificandolo con opportune considerazioni anche sulla base dell’epoca di costruzione);
LC2: si intende raggiunto quando siano stati effettuati, come minimo, l’analisi storico-critica commisurata al livello considerato , con riferimento al § C8.5.1, il rilievo geometrico completo e indagini estese sui dettagli costruttivi, con riferimento al § C8.5.2, prove estese sulle caratteristiche meccaniche dei materiali, con riferimento al § C8.5.3; il corrispondente fattore di confidenza è FC=1,2 (nel caso di costruzioni di acciaio, se il livello di conoscenza non è LC3 solo a causa di una non esaustiva conoscenza sulle proprietà dei materiali, il fattore di confidenza può essere ridotto, giustificandolo con opportune considerazioni anche sulla base dell’epoca di costruzione);
LC3: si intende raggiunto quando siano stati effettuati l’analisi storico-critica commisurata al livello considerato , come descritta al § C8.5.1, il rilievo geometrico, completo ed accurato in ogni sua parte, e indagini esaustive sui dettagli costruttivi, come descritto al § C8.5.2, prove esaustive sulle caratteristiche meccaniche dei materiali, come indicato al § C8.5.3; il corrispondente fattore di confidenza è FC=1 (da applicarsi limitatamente ai valori di quei parametri per i quali sono state eseguite le prove e le indagini su citate, mentre per gli altri parametri meccanici il valore di FC è definito coerentemente con le corrispondenti prove limitate o estese eseguite).
Per raggiungere il livello di conoscenza LC3, la disponibilità di un rilievo geometrico completo e l’acquisizione di una conoscenza esaustiva dei dettagli costruttivi sono da considerarsi equivalenti alla disponibilità di documenti progettuali originali, comunque da verificare opportunamente nella loro completezza e rispondenza alla situazione reale.
Ci si può riferire alla documentazione in atti, qualora per essa siano stati adempiuti gli obblighi della L. 1086/71 o 64/74 e s.m.i., ma solo dopo adeguata giustificazione eventualmente integrata da indagini in opera. Per la caratterizzazione meccanica dei materiali si possono adottare, motivatamente, i valori caratteristici assunti nel progetto originario o quelli ridotti risultanti dalla documentazione disponibile sui materiali in opera. In questo caso i fattori di confidenza si assumono unitari.
La quantità e il tipo di informazioni richieste per conseguire uno dei tre livelli di conoscenza previsti, sono, a titolo esclusivamente orientativo, ulteriormente precisati nel seguito.

C8.5.4.1 COSTRUZIONI DI MURATURA
Nel caso in cui la muratura in esame possa essere ricondotta alle tipologie murarie presenti nelle Tabelle C8.5.I e C8.5.II, i valori medi dei parametri meccanici da utilizzare per le verifiche possono essere definiti, con riferimento alla tipologia muraria in considerazione per i diversi livelli di conoscenza, come segue:
LC1: -Resistenze: i valori minimi degli intervalli riportati in Tabella C8.5.I.
- Moduli elastici: i valori medi degli intervalli riportati nella tabella suddetta.
LC2: - Resistenze: i valori medi degli intervalli riportati in Tabella C8.5.I
-Moduli elastici: i valori medi degli intervalli riportati nella tabella suddetta.
LC3: -I valori delle resistenze e dei moduli elastici riportati in Tabella C.8.5.I individuano una distribuzione a-priori che può essere aggiornata sulla base dei risultati delle misure eseguite in sito. Considerato il generico parametro X, una stima dei parametri μ’ e σ’ della distribuzione a-priori può essere dedotta dai valori minimo e massimo in tabella, con le formule seguenti:


Eseguito un numero n di prove dirette, l’aggiornamento del valore medio può essere effettuato come segue:

dove X è la media delle n prove dirette e κ è un coefficiente che tiene conto del rapporto tra la dispersione (varianza) della stima effettuata attraverso le prove (combinazione tra incertezza della misurazione sperimentale e dispersione dei parametri meccanici nell’ambito dell’edificio che si sta analizzando) e la varianza σ’² della distribuzione a-priori.
Nel determinare la stima aggiornata del valore medio del parametro meccanico, il coefficiente κ rappresenta il peso relativo della distribuzione a-priori (associata ai parametri della tabella C.8.5.I) rispetto alle prove sperimentali³.
Qualora la media delle n prove dirette X sia significativamente diversa dal valore μ’ adottato per la distribuzione a-priori, e quindi la differenza tra μ’ e μ” risulti rilevante, l’accettabilità del risultato ottenuto applicando l’equazione C8.5.4.3 deve essere adeguatamente motivata.
Tabella C.8.5.III – Valori del coefficiente κ suggeriti per l’aggiornamento del valore medio dei parametri meccanici, secondo l’equazione [C8.5.4.3], con riferimento ai più diffusi metodi di indagine diretta sulle proprietà meccaniche della muratura.

³Dalla formula emerge che, al crescere del numero di prove, il peso attribuito alla misura sperimentale aumenta, in quanto anche in presenza di una significativa dispersione del parametro nell’edificio la stima del suo valore medio risulta più attendibile. Nella scelta del coefficiente κ è opportuno considerare che l’incertezza legata al metodo di misura sperimentale non si riduce aumentando il numero di prove. Inoltre, l’attendibilità dei diversi metodi di prova cambia in relazione alle diverse tipologie murarie. In assenza di valutazioni specifiche da parte del progettista, la Tabella C.8.5.III suggerisce valori del coefficiente κ per i più diffusi metodi di indagine diretta in sito. Particolare cautela dovrà essere utilizzata nel caso di prove in laboratorio su campioni di muratura estratti in situ, a causa delle difficoltà nell’estrarre, movimentare e trasportare i provini senza arrecare loro danni.

C8.5.4.2 COSTRUZIONI DI CALCESTRUZZO ARMATO O DI ACCIAIO
I fattori di confidenza, determinati in funzione del livello di conoscenza acquisito, vengono applicati ai valori medi delle resistenze dei materiali ottenuti dai campioni di prove distruttive e non distruttive, per fornire una stima dei valori medi delle resistenze dei materiali della struttura, entro l’intervallo di confidenza considerato (in genere si assume un intervallo di confidenza pari al 95%). Per determinare i fattori di confidenza per i diversi elementi strutturali o loro insiemi si deve tener conto che essi includono, oltre alle incertezze nella stima della resistenza dei materiali, anche le incertezze relative all’individuazione dei dettagli costruttivi.
Il livello di conoscenza acquisito in base ai rilievi, alle indagini sui dettagli strutturali e alle prove sui materiali, determina i valori dei fattori di confidenza da applicare alle proprietà dei materiali, anche in maniera differenziata per elementi strutturali o gruppi di elementi, e suggerisce il metodo di analisi più appropriato. In assenza di valutazioni specifiche, ci si può riferire alla Tabella C8.5.IV.
Tabella C8.5.IV – Livelli di conoscenza in funzione dell’informazione disponibile e conseguenti metodi di analisi ammessi e valori dei fattori di confidenza, per edifici in calcestruzzo armato o in acciaio

La quantità e il tipo di informazioni richieste per conseguire uno dei tre livelli di conoscenza previsti, sono, a titolo esclusivamente orientativo, ulteriormente precisati nel seguito.
LC1: si intende raggiunto quando sia stata effettuata l’analisi storico-critica commisurata al livello considerato (con riferimento al § C8.5.1), la geometria della struttura sia nota in base ai disegni originali (effettuando un rilievo visivo a campione per verificare l’effettiva corrispondenza del costruito ai disegni) o a un rilievo, poiché non si dispone dei disegni costruttivi i dettagli costruttivi siano stati ricavati sulla base di un progetto simulato (con riferimento al § C8.5.2) e con indagini limitate in-situ sulle armature e sui collegamenti presenti negli elementi più importanti (i dati raccolti devono essere tali da consentire verifiche locali di resistenza), poiché non si dispone di informazioni sulle caratteristiche meccaniche dei materiali (provenienti dai disegni costruttivi o dai certificati di prova) si siano adottati i valori usuali della pratica costruttiva dell’epoca, convalidati da prove limitate in-situ sugli elementi più importanti (con riferimento al § C8.5.3); il corrispondente fattore di confidenza è FC=1,35. La valutazione della sicurezza è, in genere, eseguita mediante analisi lineare, statica o dinamica; le informazioni raccolte devono consentire la messa a punto di un modello strutturale idoneo.
LC2: si intende raggiunto quando sia stata effettuata l’analisi storico-critica commisurata al livello considerato (con riferimento al § C8.5.1), la geometria della struttura sia nota in base ai disegni originali (effettuando un rilievo visivo a campione per verificare l’effettiva corrispondenza del costruito ai disegni) o a un rilievo, i dettagli costruttivi siano noti, o parzialmente dai disegni costruttivi originali integrati da indagini limitate in situ sulle armature e sui collegamenti presenti negli elementi più importanti, o (con riferimento al § C8.5.2) a seguito di una indagine estesa in situ (i dati raccolti devono essere tali da consentire, nel caso si esegua un’analisi lineare, verifiche locali di resistenza, oppure la messa a punto di un modello strutturale non lineare), le caratteristiche meccaniche dei materiali siano note in base ai disegni costruttivi, integrati da prove limitate in situ (se i valori ottenuti dalle prove in situ sono minori dei corrispondenti valori indicati nei disegni di progetto, si eseguono prove estese in situ), o con prove estese in situ(con riferimento al § C8.5.3); il corrispondente fattore di confidenza è FC=1,2. La valutazione della sicurezza è eseguita mediante metodi di analisi lineare o non lineare, statici o dinamici; le informazioni raccolte sulle dimensioni degli elementi strutturali, insieme a quelle riguardanti i dettagli strutturali, devono consentire la messa a punto di un modello strutturale idoneo.
LC3: si intende raggiunto quando sia stata effettuata l’analisi storico-critica commisurata al livello considerato (con riferimento al § C8.5.1), la geometria della struttura sia nota in base ai disegni originali (effettuando un rilievo visivo a campione per verificare l’effettiva corrispondenza del costruito ai disegni) o a un rilievo, i dettagli costruttivi siano noti, o dai disegni costruttivi originali integrati da indagini limitate in situ sulle armature e sui collegamenti presenti negli elementi più importanti, o (con riferimento al § C8.5.2) a seguito di una indagine esaustiva in situ (i dati raccolti devono essere tali da consentire, nel caso si esegua un’analisi lineare, verifiche locali di resistenza, oppure la messa a punto di un modello strutturale non lineare), le caratteristiche meccaniche dei materiali siano note in base ai disegni costruttivi e ai certificati originali di prova, integrati da prove limitate in situ (se i valori ottenuti dalle prove in situ sono minori dei corrispondenti valori indicati nei certificati originali di prova, si eseguono prove esaustive in situ), o con prove esaustive in situ(con riferimento al § C8.5.3); il corrispondente fattore di confidenza è FC=1. La valutazione della sicurezza è eseguita mediante metodi di analisi lineare o non lineare, statici o dinamici; le informazioni raccolte sulle dimensioni degli elementi strutturali, insieme a quelle riguardanti i dettagli strutturali, devono consentire la messa a punto di un modello strutturale idoneo.
Le resistenze dei materiali cui riferirsi nelle formule di capacità degli elementi sono ricavate dalle resistenze medie, ottenute dalle informazioni disponibili e dalle prove in situ aggiuntive, dividendole per gli FC indicati nella Tabella C8.5.IV.
Gli FC possono essere valutati anche in modo differenziato per i diversi materiali, sulla base di considerazioni statistiche condotte su un insieme di dati significativo per gli elementi in esame e di metodi di comprovata validità.
A titolo esclusivamente orientativo, nelle tabelle C8.5.V e C8.5.VI si lega il livello (limitato, esteso, esaustivo) delle indagini alla quantità di rilievi dei dettagli costruttivi e di prove per la valutazione delle caratteristiche meccaniche dei materiali. Rimane inteso che il piano delle indagini deve essere opportunamente calibrato in funzione dell’analisi preliminare (v. § C8.5.2.2 e C8.5.3.2) e quindi, in relazione al livello di conoscenza da raggiungere, orientato agli approfondimenti necessari nelle zone della costruzione ove risulti opportuno, sia in relazione all’impegno statico delle diverse membrature e al loro ruolo riguardo alla sicurezza della struttura, sia in relazione al grado di omogeneità dei risultati delle prove preliminari e al loro accordo con quanto previsto dai documenti originari.
Tabella C8.5.V – Definizione orientativa dei livelli di rilievo e prova per edifici di c.a.

Tabella C8.5.VI – Definizione orientativa dei livelli di rilievo e prova per edifici di acciaio

C8.5.4.3 COSTRUZIONI DI LEGNO
Per le costruzioni di legno, fermo restando quanto indicato nel § 8.5 delle NTC, stante la possibile variabilità del materiale soprattutto nel costruito storico, è opportuno estendere, ove possibile ed in relazione ai livelli di conoscenza che si intende raggiungere, l’indagine ai singoli elementi, soprattutto per valutare il degrado biotico e abiotico. E’ inoltre opportuno verificare le condizioni delle estremità delle membrature (o di struttura lignea), in particolare quando a contatto con altro materiale.

C8.5.5. AZIONI
Le verifiche di sicurezza devono essere effettuate tenendo conto di tutte le azioni presenti, sia non sismiche, sia sismiche. Con riferimento a quanto espresso nel § 8.5 delle NTC si precisa che, nel caso di combinazioni di carico che includano l’azione sismica, ai fini della determinazione dell’entità massima delle azioni sopportabili dalla struttura si considerano i carichi permanenti  effettivamente riscontrati e quelli variabili previsti dalle NTC.
L'azione sismica è definita, per i diversi stati limite, al § 3.2 delle NTC, tenuto conto del periodo di riferimento definito al § 2.4 delle NTC (v. anche § C8.3).
Per la combinazione dell’azione sismica con le altre azioni, valgono i criteri di cui al § 2.5.3 delle NTC. Le diverse componenti dell’azione sismica sono combinate con i criteri riportati al § 7.3.5 delle NTC.

C8.5.5.1 COSTRUZIONI IN MURATURA
Per la verifica di edifici con analisi lineare e impiego del fattore q, si possono utilizzare per quest'ultimo i seguenti valori:
- q= 2,0 αu / α1  per edifici regolari in elevazione, nel caso di muratura in pietra e/o mattoni pieni;
- q= 1,75 αu / α1  per edifici regolari in elevazione, nel caso di muratura in blocchi artificiali con percentuale di foratura >15% (elementi semipieni, forati…).
In cui αu e α1 sono definiti al § 7.8.1.3 delle NTC. In assenza di più precise valutazioni, non può essere assunto un rapporto αu / α1 superiore a 1,5.
Nel caso di edificio non regolare in elevazione i valori di q sono ridotti del 25%. La definizione di regolarità per un edificio esistente in muratura è quella indicata al § 7.2.1 delle NTC.

C8.5.5.2 COSTRUZIONI DI CALCESTRUZZO ARMATO O ACCIAIO
Il fattore di comportamento q è scelto nel campo fra 1,5 e 3,0, sulla base della regolarità nonché dei tassi di lavoro dei materiali (quando soggetti alle azioni non sismiche). Valori di q superiori a quelli sopra indicati devono essere adeguatamente giustificati con riferimento alla duttilità disponibile a livello locale e globale.

C8.6. MATERIALI
In aggiunta a quanto indicato al § 8.5.3 riguardo ai materiali degli edifici esistenti, il § 8.6 delle NTC fornisce indicazioni sui materiali da utilizzare per gli interventi sulle costruzioni esistenti.
I casi di incompatibilità più frequentemente riscontrati in merito all’associazione di materiali diversi sono legati alla differente rigidezza di questi, al loro diverso comportamento termico, ai fenomeni di ritiro differenziali e alle reazioni chimiche tra di essi.
Le differenze di rigidezza possono essere messe in conto attraverso i moduli di elasticità, peraltro affetti da incertezze nella valutazione. Inoltre il comportamento reologico dei materiali rende ardue queste quantificazioni, in particolare nel caso della muratura, la cui composizione è estremamente variabile.
Si ricorda che i valori dei moduli di elasticità riportati nella Tabella C.8.5.I sono riferiti a sollecitazioni a tempi brevi; sotto carichi permanenti le caratteristiche meccaniche delle murature possono subire notevoli variazioni in relazione all’intensità e al tempo di permanenza del carico, con conseguenze rilevanti in termini di deformazioni e sollecitazioni nei materiali.
Differenze di comportamento termico tra materiali in contatto possono determinare situazioni patologiche dovute a incrementi delle sollecitazioni. A questo proposito, l’accoppiamento tra murature e materiali metallici, ma anche tra murature e elementi di c.a. o di legno, deve essere valutato con particolare attenzione per evitare lesioni e disarticolazioni della compagine a causa delle variazioni termiche e/o igrometriche.
Anche i fenomeni di ritiro dei materiali introdotti nel consolidamento, in particolare il calcestruzzo e il legno, possono compromettere l’efficacia del rinforzo in maniera non prevedibile e determinare nelle strutture situazioni patologiche legate agli stati di coazione.
Infine vanno adeguatamente considerate le eventuali incompatibilità chimiche.
E’ pertanto necessaria, particolarmente nel caso delle iniezioni, la determinazione della composizione chimica dei materiali esistenti e la verifica della loro compatibilità con i materiali di apporto.
Per quanto riguarda gli interventi sulle strutture lignee, gli accoppiamenti con lastre metalliche estese vanno valutati con attenzione perché, in presenza di fenomeni di condensa, possono determinare situazioni termo-igrometriche favorevoli al degrado del legno.

C8.7. PROGETTAZIONE DEGLI INTERVENTI IN PRESENZA DI AZIONI SISMICHE
Il § 8.7 contiene indicazioni sia sulle modalità di verifica che sulle caratteristiche dei principali interventi da applicare agli edifici esistenti, in funzione delle specifiche tipologie costruttive, per migliorarne il comportamento strutturale e aumentarne la sicurezza. Tali indicazioni sono anche utili per la valutazione della sicurezza degli edifici nello stato di fatto.
Con riferimento a quanto espresso nel § C8.3 si precisa che, ai fini della determinazione dell’entità massima delle azioni sismiche sopportabili dalla struttura, nella combinazione di carico sismica si considerano i carichi permanenti effettivi e quelli variabili previsti dalle NTC.
Per le costruzioni esistenti a struttura prevalentemente lignea, per le quali non sono date indicazioni specifiche, si rimanda al §4.4 delle NTC.

C8.7.1. COSTRUZIONI IN MURATURA
Nei paragrafi che seguono, che non hanno paragrafi corrispondenti nelle NTC, si forniscono indicazioni su una possibile procedura con cui effettuare le analisi per la valutazione della sicurezza degli edifici in muratura ed i relativi modelli proposti la cui attendibilità nella simulazione della risposta sismica dello specifico edificio deve essere valutata dal progettista.
Modelli alternativi sono sempre possibili, ovviamente nel rispetto di quanto indicato nelle NTC; essi diventano, peraltro, necessari quando le specificità del manufatto oggetto di verifica rendessero inapplicabili gli strumenti nel seguito proposti.
Per gli edifici in muratura, le verifiche nei riguardi di tutte le azioni, ad esclusione di quelle sismiche sono eseguite utilizzando i coefficienti γM definiti in Tab. 4.5.II in § 4.5.6.1 delle NTC; le verifiche nei riguardi delle azioni sismiche sono eseguite utilizzando γM= 2.
La valutazione della sicurezza delle costruzioni esistenti di muratura richiede la verifica degli stati limite definiti al § 3.2.1 delle NTC, con le precisazioni riportate al § 8.3 delle NTC e nel seguito; in particolare, le verifiche possono essere eseguite, in alternativa, nei confronti dello SLV o dello SLC.
Si procede quindi a verificare la risposta del fabbricato alle azioni non sismiche e, ove rilevante, ai meccanismi di dissesto locale per azioni sismiche, in particolare quelli per rotazioni fuori dal piano medio della singola parete. In questo ambito è opportuno riconoscere e analizzare, per quanto possibile, tutte le criticità locali (anche quelle difficilmente quantificabili) che possano determinare situazioni di fragilità e rotture rovinose in occasione di scuotimenti.
Successivamente, si procede alla verifica della risposta globale dell’edificio nei confronti delle azioni orizzontali sismiche che complessivamente possono agire su di esso, considerando il comportamento delle pareti per azioni nel proprio piano medio.
Nell’analisi globale dell’edificio la ripartizione delle azioni orizzontali tra le diverse pareti dipende dalla rigidezza dei solai nel proprio piano e dall’efficacia dei loro collegamenti con le murature; per la rigidezza dei solai si può fare riferimento a tre situazioni:
- solai modellabili come infinitamente rigidi;
- solai modellabili con rigidezza finita (in grado di vincolare le pareti e di ripartire le sollecitazioni sismiche);
- solai con rigidezza trascurabile (inadeguati a ridistribuire le azioni orizzontali tra le pareti).
Nel caso di solai infinitamente rigidi e ben collegati alle pareti d'ambito è consentita la ripartizione delle azioni orizzontali in base alla capacità di resistenza, alla rigidezza e alla posizione in pianta delle varie pareti.
Nel caso di solai di rigidezza trascurabile ciascuna parete può essere verificata per le azioni che le competono direttamente per aree di influenza dei solai a essa vincolati, tenendo conto, sempre per area di influenza, di quelle ad essa trasmesse dalle pareti investite ortogonalmente al proprio piano.
Nella situazione intermedia tra questi due casi limite, ovvero in presenza di solai con rigidezza finita, la risposta può essere ottenuta inserendo nel modello della costruzione le caratteristiche meccaniche di ciascun solaio orizzontale, ove ragionevolmente identificabili; in questo caso, i solai contribuiscono a prevenire il collasso prematuro delle pareti più deboli e le connessioni tra solai e pareti risultano, in genere, meno sollecitate rispetto al caso di solai infinitamente rigidi.
In via approssimata e in alternativa alla modellazione esplicita dei diaframmi, sulla base di opportune considerazioni è possibile riferirsi ai casi limite di analisi con solai infinitamente rigidi e analisi per singole pareti.
Nei casi di edifici articolati (in particolare con porzioni realizzate in epoche successive) e in tutti i casi nei quali mancano adeguate connessioni tra solai e pareti, la ridistribuzione delle azioni sismiche è soggetta ad incertezze; al riguardo le coperture lignee a falde devono essere considerate con particolare attenzione a causa delle loro difficoltà di connessione con le murature.
Quando la costruzione, per la presenza di orizzontamenti di rigidezza trascurabile o di una maglia muraria diradata e/o non sufficientemente connessa, non manifesta un chiaro comportamento d’insieme, la verifica sismica globale può essere svolta attraverso un insieme esaustivo di verifiche locali su macroelementi, purché la totalità delle forze sismiche sia coerentemente ripartita sugli elementi considerati e si tenga eventualmente conto delle forze che si assume vengano scambiate tra i diversi sottosistemi strutturali.
Rientrano in queste situazioni, ad esempio, le grandi chiese o gli edifici estesi di geometria complessa, privi di efficaci e diffusi sistemi di collegamento tra le diverse porzioni, caratterizzati da numerosi modi di vibrazione locali.
Nella valutazione della sicurezza sismica di un edificio è anche necessario considerare il comportamento di elementi quali i cornicioni, i comignoli, i muri divisori e di altri elementi non pensati per avere funzioni strutturali; queste verifiche hanno carattere locale e, in genere, non sono ricomprese nei modelli per l’analisi globale.
Le NTC pongono in evidenza anche la presenza frequente di fabbricati in aggregato, per i quali non è generalmente possibile effettuare un’analisi globale estesa a tutti gli immobili contigui; in tali casi essa può essere limitata ad una porzione più o meno estesa dell’aggregato.
Le esperienze maturate nel corso di passati eventi sismici evidenziano che i meccanismi di dissesto sono favoriti da:
- assenza di connessioni, soprattutto in sommità, tra le diverse pareti di muratura;
- assenza di connessioni efficaci tra pareti ortogonali;
- assenza di connessioni trasversali tra i paramenti murari di una parete;
- muratura comunque poco coesa e facilmente disgregabile;
- presenza di elementi spingenti (archi, volte, cupole, puntoni di copertura) la spinta dei quali non sia efficacemente trasferita a elementi strutturali adeguatamente resistenti;
- presenza di orizzontamenti voltati di limitato spessore e soggetti a significativi spostamenti delle imposte (in particolare ai piani alti dell’edificio);
- coperture e/o solai male organizzati e/o mal collegati alle pareti;
- presenza di pareti eccessivamente snelle;
- presenza, ai piani alti, di masse di entità significativa (anche dovute a sopraelevazioni successive);
- presenza di fenomeni di degrado nei materiali.
- presenza di elementi non strutturali non adeguatamente ancorati o di per sé fragili e poco resistenti (cornicioni, timpani di facciata, camini, elementi di decoro, serbatoi, apparecchiature impiantistiche ecc.);
- presenza di corpi di fabbrica di differente altezza.

C8.7.1.1 VERIFICA DELLE PARETI MURARIE ALLE AZIONI NON SISMICHE
Per la verifica delle pareti murarie nei riguardi delle azioni non sismiche è possibile fare riferimento alle indicazioni per la progettazione delle nuove strutture di muratura del § 4.5.6 delle NTC, ovviamente nei casi in cui queste siano compatibili con le specifiche caratteristiche costruttive dell’edificio in esame; le limitazioni geometriche e costruttive indicate per le nuove costruzioni non sono da considerarsi vincolanti per una struttura esistente. Procedimenti alternativi di analisi e verifica sono quindi possibili, purché si faccia riferimento a formulazioni di comprovata validità.

C8.7.1.2 MECCANISMI LOCALI - METODI DI ANALISI DELLA RISPOSTA SISMICA E CRITERI DI VERIFICA
Negli edifici in muratura, per effetto dello scuotimento sismico, possono avvenire collassi parziali per perdita di equilibrio di porzioni murarie. I meccanismi locali nelle pareti si attivano, prevalentemente, per azioni perpendicolari al loro piano medio, ma anche per azioni nel loro piano medio. Fanno parte dei meccanismi locali, ad esempio, le criticità connesse a rotazioni delle pareti fuori dal proprio piano e alla presenza di elementi spingenti (come archi, volte o puntoni), ma anche alla sconnessione di orizzontamenti e coperture e alla fuoriuscita delle travi dalle sedi di appoggio.
L’identificazione dei meccanismi locali può essere ottenuta attraverso modellazioni specifiche, ad esempio con elementi continui o discreti, o prefigurata dal progettista sulla base della conoscenza storica del manufatto o del comportamento sismico di strutture analoghe, oppure in base al rilievo degli stati fessurativi già presenti, anche di origine non sismica.
Devono essere considerate la qualità della tessitura muraria (anche in termini di ingranamento nello spessore), degli ammorsamenti tra le pareti e delle connessioni tra le pareti e gli orizzontamenti, la presenza di catene o altri elementi atti ad assorbire spinte (speroni e contrafforti) e le interazioni con altri elementi appartenenti alla costruzione o agli edifici adiacenti.
Le forme ricorrenti con cui i meccanismi locali si manifestano, identificate e classificate per le diverse tipologie di edifici in base alle esperienze maturate nel passato, sono riportate su linee guida e pubblicazioni scientifiche e costituiscono un utile riferimento per definire le modalità di collasso.
La verifica della maggior parte dei suddetti meccanismi può essere eseguita attraverso l’analisi dei cinematismi di corpo rigido, illustrata ai punti seguenti, utilizzabile anche per la verifica a pressoflessione fuori dal piano di pannelli murari in edifici esistenti, come possibile alternativa alla procedura indicata al § 7.8.1.6 delle NTC. In particolare occorre eseguire la verifica dei meccanismi locali di pressoflessione fuori dal piano individuando accuratamente gli elementi ritenuti vulnerabili per posizione e snellezza.

C8.7.1.2.1 Analisi dei meccanismi locali di corpo rigido
In generale, ogni meccanismo locale di corpo rigido può essere descritto da un insieme di blocchi murari, che possono essere considerati indeformabili, tra loro collegati attraverso vincoli interni (sconnessioni, quali ad esempio cerniere o bielle, che lasciano liberi uno o più gradi di libertà relativi) ed elementi di connessione (rigidi o elastici, lisci o attritivi), che simulano l’eventuale presenza di catene metalliche, travi o ammorsamenti murari; sono inoltre presenti vincoli esterni che simulano il collegamento della porzione interessata dal meccanismo con il resto della costruzione.
Per le verifiche che seguono, l’insieme di tali vincoli deve essere tale da costituire una catena cinematica a un grado di libertà, il cui atto di moto può essere descritto da un parametro di spostamento (o rotazione) virtuale infinitesimo. La rappresentazione della struttura come catena cinematica di corpi rigidi è attendibile solo se la parete non è vulnerabile nei riguardi di fenomeni di disgregazione.
Le ipotesi tradizionalmente adottate per modellare questo tipo di meccanismi locali sono le seguenti:
- resistenza della muratura a trazione, nulla;
- scorrimento tra i blocchi, assente;
- resistenza a compressione della muratura, infinita.
Tuttavia, per una simulazione più realistica (anche se in forma approssimata) del comportamento, è possibile considerare:
a) gli scorrimenti tra i blocchi, considerando la presenza dell’attrito;
b) le connessioni, anche di resistenza limitata, tra le pareti murarie;
c) la presenza di catene metalliche e di collegamenti alle strutture orizzontali;
d) la limitata resistenza a compressione della muratura, considerando le cerniere adeguatamente arretrate rispetto allo spigolo della sezione;
e) la presenza di pareti a paramenti scollegati.
In generale occorre considerare i meccanismi locali significativi, verificando ciascuno di essi con analisi che vanno dalla statica, lineare o non lineare, alla dinamica non lineare.
Nel caso di analisi statica, l’azione sismica è espressa da forze orizzontali di massa la cui intensità è rappresentata dal moltiplicatore α, pari al rapporto tra le forze orizzontali e i corrispondenti pesi delle masse presenti. La verifica può essere eseguita in termini di accelerazione (approccio cinematico lineare) o di spostamento (approccio cinematico non lineare).
In particolare, la verifica attraverso i metodi dell’analisi limite con approccio cinematico si articola nei seguenti passi:
- individuazione del meccanismo di dissesto;
- valutazione del moltiplicatore orizzontale dei carichi α0 che comporta l’attivazione del meccanismo;
- determinazione della curva α-dC (essendo dC lo spostamento di un punto di controllo della catena cinematica, usualmente scelto in prossimità del baricentro delle masse) fino all’annullamento della forza sismica orizzontale;
- trasformazione della curva così ottenuta nella curva di capacità che esprime l’accelerazione spettrale a in funzione dello spostamento spettrale d di un oscillatore non lineare equivalente a un grado di libertà;
- esecuzione delle verifiche di sicurezza, attraverso il controllo della compatibilità degli spostamenti e/o delle resistenze richiesti alla struttura.
L’approccio cinematico lineare si basa sulla valutazione dell’azione orizzontale che è in grado di attivare il cinematismo; la verifica consiste nel confronto tra l’accelerazione necessaria per attivare il cinematismo e la massima accelerazione al suolo corrispondente allo stato limite di interesse, opportunamente ridotta, nel caso di verifica allo SLV, attraverso il fattore di comportamento q.
L’approccio cinematico non lineare richiede la determinazione dell’azione orizzontale che la struttura è progressivamente in grado di sopportare all’evolversi del meccanismo. La curva che ne rappresenta l’andamento esprime il valore del moltiplicatore α in funzione dello spostamento dC di un punto di riferimento del sistema, e deve essere tracciata fino all’annullamento di ogni capacità di sopportare azioni orizzontali (α=0).
Essa può essere trasformata, come di seguito descritto (v. § C8.7.1.2.4), nella curva di capacità di un sistema equivalente a un grado di libertà, sulla quale può essere individuata la capacità di spostamento ultimo del meccanismo; la verifica consiste nel confronto tra lo spostamento richiesto dall’azione sismica e quello corrispondente al raggiungimento dello stato limite ultimo.
Nel caso di analisi dinamica non lineare, l’azione sismica è descritta in forma di accelerogrammi, opportunamente selezionati in base alle caratteristiche sismologiche del sito in esame e allo stato limite considerato, come indicato nelle NTC e meglio precisato nel seguito della presente Circolare; tali accelerogrammi debbono essere in numero sufficiente ad individuare una risposta media significativa, stante la sensibilità alle caratteristiche del singolo accelerogramma mostrata dalla risposta dinamica di meccanismi di parete soggetti ad azioni fuori dal loro piano medio.

C8.7.1.2.1.1 Analisi con approccio cinematico lineare
L‘ analisi con approccio cinematico lineare (o cinematica lineare) richiede il calcolo del solo moltiplicatore di attivazione del meccanismo α0 e può essere utilizzata per eseguire sia la verifica allo Stato Limite di Danno (attivazione del meccanismo locale) sia quella allo SLV, in quest’ultimo caso attraverso il metodo semplificato del fattore di comportamento q,
A titolo indicativo, è necessario individuare preliminarmente l’entità ed il punto di applicazione dei pesi propri e di quelli portati da ciascun blocco o elemento della catena cinematica, l’entità delle forze esterne applicate e attritive, nonché di quelle interne agenti negli elementi elastici. L’azione sismica può essere rappresentata da un sistema di forze orizzontali, proporzionali ai pesi attraverso un coefficiente α. Nel calcolo dell’azione sismica è opportuno che siano considerate anche le forze orizzontali indotte dalle eventuali masse che non gravano direttamente sui blocchi, ma la cui azione sismica inerziale andrebbe ad agire sui blocchi del meccanismo (ad esempio, un solaio o una copertura gravano sull’elemento della catena cinematica solo parzialmente ma, se non trattenuti all’altra estremità, possono esercitare un’azione sismica orizzontale proporzionale all’intera massa).
Applicando il teorema dei lavori virtuali è possibile calcolare il moltiplicatore α0 che attiva il cinematismo, attraverso la seguente espressione:

dove:
N è il numero dei blocchi di cui è costituita la catena cinematica;
m è il numero di forze esterne, assunte indipendenti dall’azione sismica, applicate ai diversi blocchi;
Pk è la risultante delle forze peso applicate al k-esimo blocco (peso proprio del blocco, applicato nel suo baricentro, sommato agli altri pesi portati);
Qk è la risultante delle forze peso non gravanti sul k-esimo blocco ma la cui massa genera su di esso una forza sismica orizzontale, in quanto non efficacemente trasmessa ad altre parti dell'edificio;
Fk è la generica forza esterna applicata ad uno dei blocchi; tali forze possono favorire l’attivazione del meccanismo (ad es. spinte di volte) o ostacolarlo (ad es. archi di contrasto, ovvero forze attritive che si sviluppano in presenza di parti della costruzione non coinvolte nel meccanismo);
δPy,k è lo spostamento virtuale verticale del baricentro delle forze peso proprie e portate Pk, agenti sul k-esimo blocco, assunto positivo se verso l’alto;
δF,k è lo spostamento virtuale del punto d’applicazione della forza esterna Fk, proiettato nella direzione della stessa (di segno positivo o negativo a seconda che questa favorisca o contrasti il meccanismo);
δPQx,k è lo spostamento virtuale orizzontale del baricentro delle forze orizzontali α(Pk+Qk) agenti sul k-esimo blocco, assumendo come verso positivo quello dell’azione sismica che attiva il meccanismo;
Li è il lavoro totale di eventuali forze interne (allungamento di una catena; scorrimento con attrito in presenza di ammorsamento tra i blocchi del meccanismo, dovuto a moti relativi traslazionali o torsionali; deformazione nel piano di solai o coperture collegate ma non rigide).
Il moltiplicatore αche si ottiene dall’equazione [C8.7.1.1] rappresenta una stima per eccesso dell’effettivo moltiplicatore statico di collasso (corrispondente all’attivazione del meccanismo in ambito dinamico).
Quest’ultimo può essere stimato come il più basso dei moltiplicatori α0 ottenuti per i meccanismi selezionati come possibili tra quelli ricorrenti per configurazioni analoghe, in quanto caratterizzati da condizioni statiche e cinematiche realistiche; in tal senso, la forma geometrica delle porzioni di muratura coinvolte nella catena cinematica (e la posizione delle cerniere) dovrebbe derivare, nell’ambito di ciascuna classe di meccanismo, da un processo di minimizzazione, facendo riferimento anche a modelli attritivi a blocchi rigidi (identificazione del meccanismo corretto).
Un caso particolarmente significativo è quello di una parete che, pur essendo collegata alle pareti di spina ortogonali attraverso un ammorsamento murario parzialmente efficace, ribalta fuori dal proprio piano medio (ribaltamento semplice). A meno che non sia già in atto un distacco evidente dalle pareti ortogonali o che queste non siano totalmente prive di ammorsamento, tale meccanismo può considerare il contributo stabilizzante esercitato dalle pareti ortogonali attraverso resistenze attritive. La risultante della forza attritiva che può svilupparsi lungo l’altezza h dell’ammorsamento con una parete ortogonale (lesione verticale a pettine, ipotizzando caratteristiche di ammorsamento pressoché uniformi) può essere ricavata in modo approssimato dalla seguente espressione:

dove:
n è il numero dei filari interessati dalla lesione verticale (n=h/hb, dove hb è l’altezza media degli elementi costituenti la muratura);
l è la lunghezza del singolo giunto attritivo, sovrapposizione tra i blocchi di due corsi successivi;
Φ è il coefficiente di ammorsamento, così definito Φ= hb/l; tale parametro è analogamente definito per il criterio di resistenza a taglio per fessurazione diagonale, con rottura “a scaletta” nei giunti di malta, nell’equazione [C8.7.1.17];
μ è il coefficiente d’attrito; un valore di riferimento è 0,577, identico a quello indicato per l’equazione [C8.7.1.17];
tS è lo spessore della parete trasversale (opportunamente ridotto nel caso di muratura a tre paramenti);
w è il peso specifico della muratura (valori sono suggeriti nella Tabella C8.5.I).
Il punto di applicazione di questa resistenza può essere assunto a quota 1/3h; si ricorda che l’altezza h (ovvero la estensione della
cerniera) dovrebbe essere identificata attraverso un processo di minimizzazione del moltiplicatore α0.
Queste resistenze attritive si sviluppano anche nel caso in cui la lesione non sia “a pettine” (verticale) ma presenti un andamento inclinato. Tuttavia la [C8.7.1.2] può essere considerata valida solo nel caso di lesione verticale, perché nel caso di lesione inclinata le rotazioni e i distacchi tendono ad essere prevalenti sugli scorrimenti. Nel caso limite di lesione secondo la “scaletta” naturale (definita dal parametro Φ in genere si ha solo distacco per rotazione e il contributo attritivo si annulla; la [C8.7.1.2] è stata formulata assumendo un coefficiente riduttivo pari a 0,8, per considerare che, anche nel caso di lesione verticale, non si ha uno scorrimento puro.
Si fa inoltre presente che la [C8.7.1.2] non considera il contributo di eventuali carichi applicati in sommità ai muri ortogonali a quello in esame, quali parapetti o solai e coperture, i quali incrementano lo stato di sollecitazione verticale sulle superfici di ammorsamento (ciò avviene in misura ridotta anche nel caso di lesione verticale “a pettine”, a seguito della diffusione delle tensioni nella muratura). L’entità di questa resistenza aggiuntiva può essere stimata e il suo punto di applicazione, in genere, può essere assunto a quota 1/2h.

C8.7.1.2.1.2 Analisi con approccio cinematico non lineare
L’analisi con approccio cinematico non lineare (o cinematica non lineare) richiede la valutazione del moltiplicatore α non solo per la configurazione iniziale della catena cinematica ma anche per configurazioni variate, rappresentative dell’evoluzione del cinematismo e descritte dallo spostamento orizzontale dC di un punto C di controllo del sistema, scelto a piacere. In generale il moltiplicatore α si riduce progressivamente, fino ad annullarsi in corrispondenza dello spostamento dC0.
La curva α-dC, ottenuta attraverso l’analisi cinematica non lineare, rappresenta (a meno dell’accelerazione di gravità g) la curva forza reattiva-spostamento, o curva di spinta, del meccanismo locale. Per la sua determinazione è necessario considerare se, con l’evolversi del cinematismo, le forze interne ed esterne si modificano o si mantengono costanti.

C8.7.1.2.1.3 Definizione dell’oscillatore non lineare equivalente
Al fine di valutare la domanda sismica di spostamento, è necessario determinare la “curva di capacità” del meccanismo locale, ovvero ricondursi alla risposta (a meno dell’accelerazione di gravità g) di un oscillatore equivalente non lineare a un grado di libertà descritta in termini accelerazione-spostamento come α(d):


dove:
g è l’accelerazione di gravità;
FC è il Fattore di Confidenza, che in questo caso si applica direttamente alla capacità in termini di resistenza (nel caso in cui, per la valutazione del moltiplicatore α, non si tenga conto della resistenza a compressione della muratura, il fattore di confidenza da utilizzare sarà comunque quello relativo al livello di conoscenza LC1;
δCx è lo spostamento virtuale orizzontale del punto di controllo valutato, così come gli spostamenti virtuali δP,Q,x,k, a partire dalla configurazione indeformata iniziale;
e* è la frazione di massa partecipante che, in prima approssimazione, può essere valutata considerando gli spostamenti virtuali relativi al cinematismo (misurati a partire dalla configurazione indeformata iniziale) come rappresentativi del modo di vibrazione del meccanismo locale.

La curva di capacità così ottenuta presuppone che il comportamento del meccanismo, prima della sua attivazione, sia infinitamente rigido; questa assunzione è ammissibile nel caso di meccanismi fuori dal piano di pareti murarie inizialmente vincolate con continuità alle pareti trasversali, in quanto le prime, precedentemente all’attivazione del meccanismo stesso, non sono caratterizzate da un comportamento dinamico autonomo.
Nel caso invece di elementi liberi di vibrare (quali parapetti, porzioni svettanti di facciate, pinnacoli o merlature, ecc.) è necessario considerare che la loro risposta, prima che si verifichino le condizioni di attivazione del cinematismo, è dinamica elastica, anche se spesso caratterizzata da un basso periodo di vibrazione; è quindi necessario introdurre un ramo elastico iniziale nella curva di capacità, legando l’accelerazione a allo spostamento d mediante il periodo Τ0 attraverso la equazione [C8.7.1.6].

Il periodo T0, a sua volta, può essere stimato, a partire dalla soluzione della trave con massa distribuita, con la formula:

dove:
g è l’accelerazione di gravità;
κ è un coefficiente che vale 6,2 per elementi svettanti (mensola) e 2,2 per meccanismi flessionali verticali (trave appoggiata);
L è la lunghezza dell’elemento;
λ è la snellezza dell’elemento (rapporto tra la lunghezza L e lo spessore t);
W è il peso specifico della muratura;
E è il modulo elastico della muratura (valori sono suggeriti nella Tabella C8.5.I); si suggerisce di introdurre un valore ridotto per considerare condizioni fessurate.
Questo tratto lineare definisce il primo ramo della curva di capacità fino all’intersezione (ay, dy) con la curva di capacità del meccanismo locale in coordinate spettrali, come ottenuta dalla curva di spinta risultante dall’analisi cinematica non lineare mediante la trasformazione di variabili (C8.7.1.4) e (C8.7.1.5).

C8.7.1.2.1.4 Azioni spettrali da applicare nella verifica dei meccanismi locali
Per la verifica dei meccanismi locali occorre valutare correttamente gli effetti di interazione dinamica con la costruzione, in relazione alle sue caratteristiche dinamiche (frequenze proprie) e alla quota alla quale gli elementi soggetti a verifica sono collocati (forme modali). Per la determinazione degli spettri di risposta alle diverse quote della costruzione, si può fare riferimento al § C7.2.3 e, in particolare, alle equazioni [C.7.2.5÷10].
In particolare, per tener conto delle non linearità della struttura principale, che producono una riduzione dell’amplificazione delle accelerazioni relative ai meccanismi locali, occorre valutare lo smorzamento viscoso equivalente ξk e l’incremento del periodo equivalente Τk, da introdurre nelle equazioni suddette.
È quindi opportuno valutare lo spettro alla quota z con parametri compatibili con il livello di duttilità richiesto, alla struttura principale, dall’azione corrispondente alla formazione del meccanismo locale ricordando che, nella risposta globale allo stato limite ultimo, gli edifici in muratura presentano un incremento del periodo equivalente compreso tra il 50% ed il 100% e raggiungono valori di smorzamento viscoso equivalente variabili dal 10% fino al 20%.
Infine, si segnala che, nel caso di meccanismi locali che coinvolgano significative porzioni di muratura (ad esempio porzioni svettanti di facciate), la verifica per sottostrutture non è pienamente legittima, in quanto sarebbe necessario considerare l’interazione dinamica tra struttura principale e secondaria. Tale interazione comporta una riduzione della domanda in accelerazione sulla struttura secondaria, che può essere eventualmente stimata attraverso un opportuno coefficiente funzione del rapporto tra la massa di quest’ultima e quella della struttura principale; la formulazione proposta fornisce comunque una stima cautelativa della massima amplificazione spettrale.

C8.7.1.2.1.5 Verifica dello Stato Limite di Danno del meccanismo locale
Nel caso dei meccanismi locali l’attivazione del meccanismo comporta l’apertura di lesioni, una condizione che può essere ancora lontana dal vero e proprio ribaltamento; peraltro, la presenza di un quadro fessurativo non necessariamente indica l’attivazione di un meccanismo di dissesto. Tuttavia, nel caso di elementi murari non efficacemente connessi al resto della costruzione per l’assenza di catene, di ammorsamento con i muri ortogonali, di collegamenti con i diaframmi orizzontali, la vulnerabilità nei confronti di questo stato limite può risultare elevata, come è stato osservato frequentemente a seguito dei passati terremoti.
Nell’ipotesi che la porzione rappresentata dal sistema di corpi rigidi si comporti come infinitamente rigida fino all’attivazione del cinematismo, questo si attiva quando l’accelerazione massima alla quota z (aZ) a cui si colloca il meccanismo locale in esame è uguale all’accelerazione a0 corrispondente al moltiplicatore di attivazione α0:

Nel caso invece di meccanismi locali relativi ad elementi liberi di vibrare (quali parapetti, porzioni svettanti di facciate, pinnacoli o merlature, ecc.) è necessario considerare la domanda in accelerazione (alla quota z) corrispondente al periodo caratteristico iniziale Τ0 del meccanismo (per uno smorzamento ξ=5%, a meno di più accurate valutazioni da adottare in funzione della geometria e delle condizioni di vincolo) e confrontarla con la capacità ay (che può in genere essere approssimata da α0):

Per la verifica è, in entrambi i casi, necessario valutare l’accelerazione al suolo ag,SLD, rispettivamente attraverso la [C7.2.11] o la [C7.2.5], e confrontarla con l’accelerazione di riferimento al suolo ag valutata per la probabilità di superamento corrispondente allo stato limite di danno per la struttura oggetto di verifica.

C8.7.1.2.1.6 Verifica degli Stati Limite Ultimi di Salvaguardia della Vita (SLV) e di prevenzione del Collasso (SLC)
La verifica a stato limite ultimo può essere eseguita con riferimento ad uno dei due stati limite (SLV o SLC) individuati sulla curva di capacità attraverso opportune soglie dello spostamento spettrale d.
SLV: lo spostamento dSLV corrisponde al minore tra gli spostamenti così definiti:
- il 40% dello spostamento d0 per cui si annulla l’accelerazione spettrale α valutata su una curva di capacità in cui si considerino solamente le azioni di cui è verificata la presenza fino al collasso;
- lo spostamento corrispondente a situazioni nelle quali si verifichino rotture di elementi, quali catene o altri collegamenti, che, pur non comportando problemi di equilibrio, producano una riduzione della capacità, in termini di accelerazione, superiore al 50% del valore massimo; ovviamente non devono verificarsi le condizioni di seguito indicate per lo SLC (ad esempio sfilamento di travi, collasso di volte).
SLC: lo spostamento dSLC corrisponde al minore tra gli spostamenti così definiti:
- il 60% dello spostamento d0 per cui si annulla l’accelerazione spettrale α valutata su una curva di capacità in cui si considerino solamente le azioni di cui è verificata la presenza fino al collasso;
- lo spostamento corrispondente a situazioni localmente incompatibili con la stabilità degli elementi della costruzione (ad esempio sfilamento di travi, collasso di volte), nei casi in cui questo sia valutabile.
Per la verifica si utilizzano, in genere, metodi di analisi non lineare, statica o dinamica; la verifica allo SLV può essere eseguita anche adottando un metodo lineare, considerando solo il moltiplicatore di attivazione del meccanismo e utilizzando un fattore di comportamento q.
Le procedure descritte nel seguito sono state calibrate per meccanismi nei quali gli spostamenti dei punti di tutti i corpi rigidi coinvolti si mantengano paralleli ad uno stesso piano; condizioni di vincolo più complesse, che comportino ad esempio l’attivazione di cerniere torsionali, possono non esser adeguatamente rappresentante dalle equazioni che seguono.

C8.7.1.2.1.7 Verifica semplificata dello SLV con fattore di comportamento q (analisi cinematica lineare)
Questo metodo di verifica può essere utilizzato quando non viene calcolata la curva di capacità a(d), ma solo il moltiplicatore αche attiva il meccanismo. Tale semplificazione può essere conveniente, in particolare, per meccanismi complessi, identificati tenendo conto anche del contributo dell’attrito e dell’interazione con altri elementi della costruzione, per i quali l’esecuzione di un’analisi cinematica non lineare risulterebbe problematica.
L’accelerazione al suolo ag,SLV può essere calcolata moltiplicando per un fattore di comportamento q l’accelerazione valutata per lo SLD (ag,SLD), attraverso le equazioni [C8.7.1.8] e [C7.2.8], nel caso di meccanismi locali rigidamente vincolati alla struttura principale, o le equazioni [C8.7.1.9] e [C7.2.5], nel caso di elementi liberi di vibrare.
In assenza di valutazioni più accurate, che tengano conto del tipo di meccanismo e dello spessore delle pareti, si può assumere q = 2.
L’accelerazione al suolo ag,SLV deve essere confrontata con l’accelerazione di riferimento al suolo ag valutata per la probabilità di superamento dello SLV nella vita di riferimento, come definita al §3.2 delle NTC.

C8.7.1.2.1.8 Verifica in spostamento allo SLV e allo SLC (analisi cinematica non lineare)
La verifica in spostamento si esegue calcolando l’accelerazione al suolo che produce una domanda di spostamento sul meccanismo locale pari a quella prima definita come corrispondente al raggiungimento dello SLV o dello SLC. A tal fine è necessario valutare, a partire dalla curva di capacità a(d), il periodo equivalente caratteristico dei due stati limite:


Tali periodi sono opportunamente ridotti rispetto a quelli corrispondenti allo spostamento ultimo assunto, tenendo conto della dispersione dei risultati in prossimità della soglia di instabilità dinamica.
La domanda di spostamento sul meccanismo locale allo SLV corrisponde al valore massimo dello spostamento spettrale valutato nell’intervallo di periodi [Τ0, ΤSLV]. Questo criterio deve essere seguito nel caso in cui siano stati selezionati accelerogrammi di sito o sia stata svolta un’analisi di risposta sismica locale (spettro di spostamento non strettamente crescente con il periodo T anche per bassi periodi), in quanto i picchi dello spettro sono spesso associati a impulsi particolarmente pericolosi.
Nel caso in cui il meccanismo locale che si sta verificando sia collocato a livello del suolo e la verifica sia effettuata tramite gli spettri di norma, la domanda di spostamento è quella calcolata attraverso lo spettro di risposta elastico in spostamento SDe(T) (§ 3.2.3.2.3 delle NTC) per i valori caratteristici del periodo corrispondenti ai due stati limite.
Per meccanismi ad una quota z dell’edificio è necessario fare riferimento allo spettro in accelerazione alla quota z (v. formula [C7.2.5]), trasformato in spettro in spostamento sempre alla quota z moltiplicandolo per T²/4π². Per la verifica a stato limite ultimo dei meccanismi locali, considerato che i periodi di interesse dello spettro sono in genere lunghi, è sufficiente considerare il solo primo modo di vibrazione, o comunque il primo tra quelli caratterizzati da spostamenti significativi nella zona dove si sviluppa il meccanismo locale.
Considerato che la domanda di spostamento deve essere valutata, per quanto sopra detto, su uno spettro di spostamento non decrescente con il periodo T, è possibile riferirsi alle seguenti espressioni per lo SLV:

Dalla espressione [C8.7.1.12] è possibile calcolare l’accelerazione al suolo ag,SLV (nel caso in cui questa risulti minore di ag,SLD calcolata al § C8.7.1.2.1.5, si assume quest’ultima anche per lo SLV). Per la verifica, ag,SLV deve essere confrontata con l’accelerazione di riferimento al suolo ag valutata per la probabilità di superamento dello SLV nella vita di riferimento, come definita al § 3.2 delle NTC.
Un’espressione analoga alla [C8.7.1.12] consente di valutare la domanda di spostamento allo SLC e i corrispondenti valori di ag,SLC.
Nel calcolo della domanda di spostamento allo stato limite ultimo è importante considerare l’effetto della dissipazione, sia nel calcolo dello spettro in quota (non linearità della struttura principale), sia nella valutazione della domanda di spostamento (non linearità del meccanismo locale). In assenza di valutazioni più accurate, lo smorzamento viscoso equivalente ξ del meccanismo locale può essere assunto complessivamente pari all’8% per lo SLV e al 10% per lo SLC. È inoltre opportuno che lo smorzamento ξ1 e il periodo T1 dell’edificio siano valutati considerando il livello di non linearità raggiunto dalla struttura principale in corrispondenza dei valori ag,SLV e ag,SLC.

C8.7.1.2.1.9 Verifica con analisi dinamica non lineare dello SLV e SLC
La verifica con analisi dinamica non lineare può essere effettuata facendo ricorso ad approcci computazionali avanzati, anche a più gradi di libertà, in grado di simulare il distacco, la formazione del meccanismo locale e la risposta dinamica della struttura muraria, quali ad esempio approcci agli elementi distinti o approcci a macroelementi.
La rappresentazione dell’azione sismica mediante accelerogrammi in linea di principio consente di tenere conto, in modo adeguato, di fattori importanti nella risposta dinamica dei meccanismi locali che si manifestano nelle strutture murarie, quali ad esempio la distanza epicentrale, la sequenza e la durata dei picchi del segnale accelerometrico, fattori questi che possono essere rappresentati solo parzialmente attraverso uno spettro di risposta. Per contro, però, tali fattori è possibile conoscerli con un accettabile grado di dettaglio esclusivamente dopo che si è manifestato l’evento. A tal fine,in fase di analisi, il numero di accelerogrammi rappresentativi da considerare è in genere maggiore che per la verifica con analisi dinamica non lineare delle risposta globale, per tener conto della sensibilità della risposta dei meccanismi locali alle caratteristiche del singolo accelerogramma. In particolare, si consiglia di ricercare combinazioni di accelerogrammi naturali compatibili con gli spettri in accelerazione delle NTC, utilizzando cataloghi di registrazioni digitali, affidabili nelle componenti a lungo periodo dello spettro di risposta.
Molti meccanismi locali possono essere descritti anche attraverso un sistema dinamico non lineare a un grado di libertà, la cui formulazione richiede la definizione di una relazione forza-spostamento appropriata e la stima della massa associata al meccanismo locale e dei fenomeni di dissipazione che si manifestano nella risposta dinamica.
La formulazione del modello può discendere dalla descrizione della catena cinematica di blocchi rigidi che rappresenta il meccanismo locale e quindi la relativa curva scheletro può coincidere con la curva di capacità definita ai § C8.7.1.2.1.2 e § C8.7.1.2.1.3. Il modello può anche essere arricchito per tenere conto della cedevolezza dei vincoli e dei contatti, della non perfetta monoliticità dei blocchi murari, della deformabilità iniziale e di quant’altro per una migliore rappresentazione dell’effettivo comportamento dinamico del meccanismo locale.
Per quanto attiene ai fenomeni di dissipazione, questi possono essere modellati considerando diversi contributi:
1) un opportuno coefficiente di restituzione atto a rappresentare la perdita dell’energia cinetica dovuta all’urto tra i blocchi, funzione del tipo di meccanismo e della snellezza degli elementi;
2) una dissipazione viscosa equivalente, rappresentativa della risposta elastica iniziale e che può includere anche l’effetto del coefficiente di restituzione (quando non esplicitamente modellato);
3) una dissipazione dovuta a locali plasticizzazioni e a meccanismi attritivi, direttamente modellata attraverso il comportamento isteretico.
La verifica con analisi dinamica non lineare consente anche di rappresentare la risposta di meccanismi non simmetrici, in particolare quelli influenzati da vincoli monolateri, come nel caso dell’oscillazione fuori dal piano di una parete che si può verificare solo verso l’esterno.
In assenza di valutazioni più accurate, gli stati limite ultimi SLV e SLC si intendono rispettati a condizione che la soglia di spostamento d0 rappresentativa della crisi della struttura non venga superata per alcuna delle analisi dinamiche effettuate e che la media degli spostamenti massimi ottenuti, per i diversi segnali accelerometrici utilizzati, attraverso l’integrazione delle equazioni del moto non ecceda, per ciascuno dei due stati limite, la rispettiva soglia di spostamento dSLV o dSLC così come definita al § C8.7.1.2.1.6.

C8.7.1.3 MECCANISMI GLOBALI METODI DI ANALISI DELLA RISPOSTA SISMICA E CRITERI DI VERIFICA
C8.7.1.3.1 Edifici singoli
L’analisi globale della risposta sismica degli edifici con struttura muraria “singoli” (cioè non facenti parte di un aggregato) può essere effettuata sia mediante l’analisi dei singoli setti murari sottoposti alle azioni di loro competenza (nel proprio piano e fuori dal proprio piano) in base ad una suddivisione per aree di influenza (come già esposto), sia mediante un modello globale in grado di ripartire tra i vari setti le azioni sismiche agenti sull’intero fabbricato. La scelta deve essere effettuata in base alle effettive capacità degli elementi costruttivi presenti di garantire la ripartizione delle azioni orizzontali.
L’analisi e le verifiche devono essere condotte considerando le sollecitazioni e le capacità di tutti gli elementi costruttivi, quali le pareti, i diaframmi di piano, le connessioni tra essi e con gli eventuali presidi di rinforzo (quali ad esempio gli incatenamenti).
Nelle scelte di modellazione occorre considerare le incertezze sulle caratteristiche meccaniche delle murature, degli elementi lignei, dei vincoli tra gli elementi strutturali e dei vincoli esterni (ad esempio con edifici in aderenza la cui modellazione esplicita sia omessa). Oltre a ciò, può essere opportuno condurre diverse analisi con modelli alternativi e/o formulare diverse ipotesi nel campo di variabilità dei parametri in gioco.
La verifica della risposta globale di costruzioni esistenti in muratura allo stato limite ultimo può essere eseguita con i metodi dell’analisi lineare o non lineare.
Nell’analisi lineare, per la verifica a SLV le sollecitazioni in ciascun elemento sono valutate con un’azione sismica ridotta dal fattore di comportamento q; tali sollecitazioni, eventualmente ridistribuite secondo quanto indicato al § 7.8.1.5.2 delle NTC, devono essere verificate con i criteri di resistenza indicati nel seguito.
Nell’analisi non lineare, il controllo della compatibilità tra sollecitazioni e resistenze a livello di singolo elemento è eseguito nel corso dell’analisi stessa e la verifica è effettuata a livello globale attraverso un confronto tra la domanda di spostamento e la corrispondente capacità. Eventuali meccanismi di rottura ritenuti significativi, ma non esplicitamente considerati nell’analisi (ad esempio quelli relativi ad alcuni elementi di connessione), devono essere verificati a posteriori.
Nel caso i diaframmi orizzontali siano di rigidezza trascurabile, ovvero non in grado di garantire una significativa ripartizione delle azioni sismiche tra le diverse pareti murarie, l’analisi globale della risposta sismica può essere effettuata analizzando i singoli setti murari, sottoposti alle azioni di loro competenza in base a una suddivisione per aree di influenza.
Nel caso invece di diaframmi dotati di rigidezza non trascurabile, l’analisi della risposta sismica globale può essere effettuata con uno dei metodi di cui al § 7.3, con le precisazioni e le restrizioni indicate al § 7.8.1.5, delle NTC. In particolare è possibile utilizzare l’analisi statica non lineare assegnando, come distribuzioni principale e secondaria, rispettivamente, la prima distribuzione, sia del Gruppo 1, sia del Gruppo 2, indipendentemente dalla percentuale di massa partecipante sul primo modo.
Nel caso di diaframmi di rigidezza finita, non potendosi definire lo spostamento del centro di massa dell’ultimo livello (v. § 7.3.4.2 delle NTC), lo spostamento dC da assumersi per la curva di capacità può essere coerentemente assunto come lo spostamento medio tra quello delle diverse pareti, pesato con le corrispondenti masse sismiche.
Nella modellazione globale eventuali porzioni di muratura in grado di accoppiare la risposta degli elementi verticali possono essere considerate parte del sistema resistente, quando siano verificate entrambe le seguenti condizioni:
- la porzione considerata sia sorretta da un architrave, da un arco o da una piattabanda strutturalmente efficace, che ne garantisca il sostegno anche nel caso in cui la stessa sia fessurata e danneggiata dal sisma;
- essa sia efficacemente ammorsata alle pareti che la sostengono (ovvero sia possibile confidare in una resistenza orizzontale a trazione, anche se limitata) o si possa instaurare nella porzione un meccanismo resistente a puntone diagonale (ad esempio per la presenza di una catena o di un elemento accoppiato resistente a trazione).
Per le verifiche di sicurezza nei riguardi del comportamento sismico globale, è possibile applicare quanto prescritto dalle NTC per la progettazione delle nuove costruzioni in muratura, con le precisazioni nel seguito riportate.
Nel caso dell’analisi statica non lineare la capacità in spostamento relativa ai diversi stati limite è valutata, sulla curva taglio di base-spostamento, nei modi appresso indicati:
SLC: per la definizione della bilineare equivalente, identificata seguendo i criteri indicati al § C.7.3.4.2, lo spostamento ultimo a SLC è dato dal minore tra quelli forniti dalle seguenti due condizioni:
- quello corrispondente ad un taglio di base residuo pari all’80% del massimo;
- quello corrispondente al raggiungimento della soglia limite della deformazione angolare a SLC in tutti i maschi murari verticali di un qualunque livello in una qualunque parete ritenuta significativa ai fini della sicurezza (questo controllo può essere omesso nelle analisi quando i diaframmi siano infinitamente rigidi o quando sia eseguita l’analisi di una singola parete).
SLV: lo spostamento ultimo a SLV, sulla bilineare equivalente sopra definita, è pari a ¾ dello spostamento a SLC
SLD: lo spostamento corrispondente è il minore tra gli spostamenti ottenuti dalle seguenti due condizioni:
- quello corrispondente al limite elastico della bilineare equivalente, definita a partire dallo spostamento ultimo a SLC;
- quello corrispondente al raggiungimento della resistenza massima a taglio in tutti i maschi murari verticali in un qualunque livello di una qualunque parete ritenuta significativa ai fini dell’uso della costruzione (e comunque non prima dello spostamento per il quale si raggiunge un taglio di base pari a 3/4 del taglio di base massimo).
SLO: lo spostamento corrispondente è pari a 2/3 di quello allo SLD.
La domanda di spostamento, da confrontarsi con le suddette capacità di spostamento ai diversi stati limite, può essere valutata sul sistema bilineare equivalente attraverso le espressioni indicate nel § C.7.3.4.2, valide sia per la risposta in campo non lineare (SLV, con q*≤3, e SLC, con q*≤4) che in campo lineare equivalente (SLO e SLD).
Nel caso di analisi dinamica non lineare, le domande di spostamento, per ciascuna direzione e verso, sono rappresentate dalla media dei valori massimi ottenuti applicando un numero significativo di storie temporali, compatibili con le condizioni di pericolosità del sito. Ciascuna domanda di spostamento deve essere confrontata con la corrispondente capacità ottenuta da un’analisi statica non lineare. Quest’ultima può essere definita attraverso un confronto tra le curve forza-spostamento cicliche, ottenute dalle analisi dinamiche, e quelle monotone, ottenute dalle analisi statiche con le due distribuzioni di forze come sopra indicato; in assenza di tale valutazione è possibile considerare la capacità di spostamento minore tra quelle fornite dalle due distribuzioni.

C8.7.1.3.1.1 Pareti murarie
Nel caso di analisi elastica con il fattore q (analisi lineare statica ed analisi dinamica modale con fattore di comportamento), i valori di calcolo delle resistenze sono ottenuti dividendo i valori medi per i rispettivi fattori di confidenza e per il coefficiente parziale di sicurezza dei materiali (in accordo a quanto indicato al § C8.5); nel caso di analisi non lineare, i valori di calcolo delle resistenze sono ottenuti dividendo i valori medi per i rispettivi fattori di confidenza.
I modelli di capacità degli elementi in muratura sono differenziati in funzione della loro geometria, condizioni al contorno, ruolo strutturale e tipologia muraria. In alcune situazioni è possibile fare riferimento ad elementi maschio (ad asse verticale) ed elementi fascia (ad asse orizzontale), per i quali sono meglio note e più facilmente definibili le capacità in resistenza e in deformazione. Per questi elementi, nel caso di analisi non lineare, è possibile utilizzare un modello bilineare taglio-spostamento, in cui la resistenza è calcolata come la minore tra quelle relative ai diversi possibili meccanismi di rottura e la capacità di spostamento è valutata di conseguenza, attraverso una deformazione angolare limite di elemento.
Nei maschi murari i principali meccanismi di rottura nel piano sono:
- pressoflessione;
- taglio-scorrimento;
- taglio con fessurazione diagonale.
Per la verifica a pressoflessione si rimanda al § 7.8.2.2.1 delle NTC, precisando che lo spostamento ultimo è valutato in base alla rotazione della corda nelle due sezioni di estremità i e j del maschio data dalle formule [C8.7.1.13].

dove (assumendo nel piano della parete una terna destrorsa): φi e φj sono le rotazioni, uj e ui sono gli spostamenti orizzontali, u0 è lo spostamento orizzontale del punto di flesso, hi e hj sono le luci di taglio (essendo h = hi + hj l’altezza dell’elemento). Lo spostamento ultimo a SLC è definito in corrispondenza di una rotazione della corda pari a 0,01.
Il criterio di resistenza per la verifica a taglio scorrimento, da valutare nelle sezioni soggette a momento massimo (solitamente le due sezioni di estremità del pannello), è quello indicato al § 7.8.2.2.2 delle NTC, utilizzando i valori di fv0 indicati in tabella 8.5.1, con la precisazione che la limitazione fv,lim relativa alla rottura dei blocchi è fornita dalla seguente relazione, ricavata per blocchi di forma standard:

dove fb è la resistenza a compressione del blocco, normalizzata. Lo spostamento ultimo a SLC è definito in corrispondenza di una rotazione della corda, calcolata come sopra per la sezione di estremità di verifica, pari a 0.005.
Per le verifiche a taglio con fessurazione diagonale si rinvia ai due meccanismi di rottura definiti nel seguito.
Nelle fasce di piano i possibili meccanismi di rottura nel piano sono:
- pressoflessione;
- taglio con fessurazione diagonale.
Per le valutazioni relative alla pressoflessione nelle fasce, un aspetto critico della modellazione è la valutazione dell’azione assiale, influenzata dall’interazione con i diaframmi orizzontali (in taluni modelli assunti rigidi) e dall’interazione cinematica tra rotazione e deformazione assiale nelle fasce stesse (trascurata nei modelli a trave). Nel caso in cui siano presenti elementi orizzontali dotati di resistenza a trazione (catene, cordoli), accoppiati alla fascia, si può fare utile riferimento al § 7.8.2.2.4 delle NTC.
Diversamente dal caso dei maschi, il dominio di resistenza a pressoflessione per le fasce può essere determinato tenendo conto della resistenza a trazione (fftd) che si genera nelle sezioni di estremità per effetto dell’ingranamento con le porzioni di muratura adiacenti. I meccanismi di rottura possono coinvolgere la resistenza per trazione dei blocchi fbtd o avvenire per scorrimento lungo i giunti orizzontali; la resistenza a trazione orizzontale è quindi data dall’espressione:

dove σy è la tensione normale media agente sui giunti orizzontali nella sezione d’estremità; fv0d è la resistenza a taglio della muratura in assenza di tensioni normali (che cautelativamente in questo contesto può essere trascurata); μ è il coefficiente d’attrito locale del giunto; Φ è il coefficiente di ingranamento murario, già definito nella equazione [C8.7.1.2].
In assenza di valutazioni più accurate, σy può essere stimata pari a metà della tensione normale media 10 agente nei maschi adiacenti. Stimata la resistenza a trazione della fascia fft, il dominio di resistenza a pressoflessione M-N può essere calcolato ipotizzando la conservazione della sezione piana e un legame tensione-deformazione elastoplastico a compressione ed elastofragile a trazione, nel caso di rottura dei blocchi, elastoplastico, eventualmente a duttilità controllata, nel caso di rottura per scorrimento dei giunti. Per la resistenza a compressione occorre valutare quella in direzione orizzontale fh, usualmente inferiore a quella in direzione verticale. Considerato che per le fasce il modello globale non è usualmente in grado di valutare in modo affidabile l’azione assiale orizzontale, la resistenza per pressoflessione può essere calcolata in via cautelativa assumendo N=0.
Lo spostamento ultimo a SLC è valutato calcolando la deformazione angolare nelle due sezioni di estremità del pannello secondo la [C8.7.1.13], eventualmente assumendo che il punto di flesso sia a metà dell’elemento; la soglia limite è pari a 0,02, in presenza di elemento orizzontale resistente a trazione accoppiato alla fascia, 0,015 negli altri casi.
Per le valutazioni relative al taglio, sia nei maschi, sia nelle fasce, si distinguono due famiglie di murature:
- le murature a tessitura irregolare, con rottura per trazione diagonale governata dal parametro τ0;
- le murature a tessitura regolare, per le quali la fessurazione può essere “a scaletta”, ossia con andamento diagonale attraverso i giunti di malta (governata dal parametro di resistenza fv0, associato idealmente alla crisi dei giunti), oppure diagonale attraverso gli inerti della muratura (governata dal parametro di resistenza fv,lim).
La Tabella C8.5.I, fornendo valori di riferimento per τ0 e fv0, suggerisce quale criterio adottare in funzione della tipologia muraria; per la tipologia “muratura in mattoni pieni e malta di calce” è possibile utilizzare, sulla base delle caratteristiche specifiche rilevate dal progettista, alternativamente uno dei due metodi.
Nel caso di muratura irregolare, la resistenza a taglio di calcolo per azioni nel piano del pannello può essere valutata con la relazione seguente:

dove:
l è la lunghezza del pannello
t è lo spessore del pannello
σ0 è la tensione normale media, riferita all’area totale della sezione (= P/lt, con P forza assiale agente, positiva se di compressione)
ftd e F0d sono, rispettivamente, i valori di calcolo della resistenza a trazione per fessurazione diagonale e della corrispondente resistenza a taglio di riferimento della muratura (ft = 1,5 τ0); nel caso in cui tale parametro sia desunto da prove di compressione diagonale, la resistenza a trazione per fessurazione diagonale ft si assume pari al carico diagonale di rottura diviso per due volte la sezione media del pannello sperimentato valutata come t(l+h)/2, con t, l e h rispettivamente spessore, base e altezza del pannello.
b è un coefficiente correttivo legato alla distribuzione degli sforzi sulla sezione, dipendente dalla snellezza della parete.
Si può assumere b = h/l, comunque non superiore a 1,5 e non inferiore a 1, dove h è l'altezza del pannello.
Nel caso dei maschi la soglia limite della deformazione angolare a SLC è pari a 0,005 e, in assenza di più precise formulazioni, la deformazione angolare rappresentativa di un pannello soggetto a taglio per fessurazione diagonale può essere valutata a partire dai valori della rotazione della corda nei due estremi i e j (v. formula [C8.7.1.13]).
Nel caso delle fasce di piano, la resistenza a taglio può essere valutata con la formula [C8.7.1.16], nella quale la tensione media di compressione σ0, che può essere usualmente trascurata, è la maggiore tra quella orizzontale, se nota in maniera affidabile dal modello di calcolo, e quella verticale, valutabile a partire dai carichi eventualmente trasmessi dai solai e dalla diffusione delle tensioni verticali nei maschi murari adiacenti.
Raggiunto, allo SLC, il valore limite della deformazione angolare sopra indicato per i maschi, la presenza di un architrave efficace consente di mantenere una resistenza a taglio residua anche per valori di deformazione angolare superiori a 0,015.
Qualora nel modello si considerassero anche le resistenze residue, in assenza di formulazioni più accurate, si possono adottare valori della resistenza residua, come frazione di quella massima fornita dalla [C8.7.1.16], pari a:
- architrave in calcestruzzo armato o in profilato d'acciaio, purché appoggiato per una significativa estensione nella muratura: 60%;
- architrave in legno, di buone caratteristiche e ben ammorsato: 40%;
arco in muratura: 10%.
Il contributo della resistenza residua può eventualmente essere messo in conto attraverso un legame costitutivo multilineare, che simula la riduzione di resistenza in corrispondenza di una deformazione angolare pari a 0,005, o ancora con un modello bilineare ma assegnando alla fascia direttamente una resistenza pari a quella residua e assumendo un valore di deformazione angolare ultimo pari a 0,015.
Nel caso di muratura regolare, la resistenza a taglio può essere ottenuta dalla relazione semplificata, indicata per la muratura irregolare che risulterà generalmente più cautelativa, oppure dalla relazione più completa riportata nel seguito:

dove f͠v0d è la resistenza equivalente a taglio della muratura e μ˜ è un coefficiente di attrito equivalente, funzione dei parametri di resistenza locale del giunto (coesione, assunta convenzionalmente pari alla resistenza a taglio della muratura in assenza di tensioni normali fv0, e μ, coefficiente d'attrito) e della tessitura attraverso il coefficiente di ingranamento murario Φ, definito come rapporto tra l'altezza del blocco e la lunghezza di sovrapposizione minima dei blocchi di due corsi successivi (tale parametro rappresenta la tangente dell'angolo medio di inclinazione della fessura diagonale "a scaletta" e può essere stimato sulla base del rilievo della tessitura del paramento murario).
In assenza di valutazioni più accurate, il coefficiente di attrito locale μ può essere assunto pari a 0,577 (corrispondente ad un angolo di attrito di 30°); ciò porta a valori del coefficiente di attrito equivalente μ˜variabili da circa 0,4 (per murature con buona tessitura) a 0,2 (per murature con blocchi scarsamente ammorsati). Si noti, a titolo di esempio, che questo criterio di resistenza è in grado di distinguere la diversa vulnerabilità, a parità di malta e di mattoni, di un paramento costruito con mattoni disposti "per lungo" o "di lista", in quanto presenta normalmente una diversa inclinazione della fessura a scaletta.
Vt,lim è un valore limite che può essere stimato, in via approssimata, in funzione della rottura a trazione dei blocchi fbtd, e tenendo conto della geometria del pannello, attraverso l'espressione, ricavata per blocchi di forma standard:

dove fbtd può essere ricavata da dati di letteratura o attraverso prove di caratterizzazione diretta in laboratorio su campioni prelevati in sito, eventualmente stimandola a partire dalla resistenza a compressione del blocco fb, come fbt = 0,1 fb.
Lo spostamento ultimo a SLC è definito valutando la deformazione angolare rappresentativa come nel caso della rottura a taglio per trazione diagonale e assumendo per le tipologie murarie riportate in Tabella C8.5.I una soglia limite pari a 0,005. Nel caso invece di murature di tipologia moderna, ovvero costituite da blocchi forati, la soglia limite è pari a 0,004.
Nel caso delle fasce di piano valgono le precisazioni riportate per la rottura a taglio per trazione diagonale, relativamente alla valutazione della tensione media di compressione σ0 e al calcolo della resistenza residua.

C8.7.1.3.1.2 Solai e coperture
I solai possono essere considerati infinitamente rigidi e resistenti nel loro piano nei casi in cui esistano effettivi elementi strutturali atti a impedirne le deformazioni, così come indicato nel § 7.2.6 delle NTC, salvo valutazioni più accurate della reale situazione svolte dal progettista. Le indicazioni del § 7.2.6 costituiscono un utile riferimento comparativo ad altre tipologie al fine di decidere se attribuire al diaframma la condizione di infinita rigidezza nel proprio piano.
Le volte, proprio a causa delle incertezze sulla loro capacità di trasferire le sollecitazioni sismiche alle pareti, non possono essere considerate capaci di svolgere le funzioni di diaframma di piano, salvo venga dimostrata e quantificata la loro capacità in tal senso.

C8.7.1.3.2 Edifici in aggregato
Un aggregato edilizio di edifici4 è il risultato di una genesi articolata e sovente non unitaria, dovuta a molteplici fattori (sequenza costruttiva, uso di materiali diversi, mutate esigenze, etc.). Nell’analisi di un aggregato edilizio occorre individuare, in via preliminare, le Unità Strutturali (US) che compongono l’aggregato, evidenziando le azioni che su ciascuna di esse possono derivare dalle Unità Strutturali contigue. Ove necessario, tale analisi preliminare può estendersi all’intero aggregato, al fine di individuare le relazioni tra ciascuna US e il resto dell’aggregato, con particolare attenzione al contesto ed ai meccanismi di giustapposizione e sovrapposizione.
La porzione di aggregato che costituisce l’US comprende cellule tra loro legate in elevazione ed in pianta da un comune processo costruttivo, e considera tutti gli elementi interessati dalla trasmissione a terra dei carichi verticali.
In particolare, il processo di indagine sugli aggregati edilizi si dovrebbe sviluppare, ove significativo in relazione alle verifiche da effettuare e/o agli interventi previsti, attraverso l’individuazione di diversi strati d’informazione:
- i rapporti tra i processi di aggregazione ed organizzazione dei tessuti edilizi;
- i principali eventi che hanno influito sugli aspetti morfologici del costruito storico (fonti storiche);
- la disposizione e la gerarchia dei cortili ed il posizionamento delle scale;
- l’allineamento delle pareti (con particolare riferimento alle facciate, al disassamento dei fronti ed ai flessi planimetrici);
- i rapporti spaziali elementari delle singole cellule murarie, nonché i rapporti di regolarità, ripetizione, modularità, ai diversi piani, al fine di distinguere le cellule originare da quelle realizzate successivamente;
- la forma e la posizione delle aperture nelle pareti: loro assialità, simmetria e ripetizione al fine di individuare il percorso di trasmissione degli sforzi e la sua evoluzione nel tempo;
- i disassamenti e le rastremazioni delle pareti, i muri poggianti “in falso” sui solai sottostanti, le differenze di quota tra solai contigui.
L’US è caratterizzata da comportamento strutturale unitario nei confronti dei carichi orizzontali e verticali per cui, nell’individuarla, si terrà conto della tipologia costruttiva e del permanere di elementi caratterizzanti, anche al fine di definire interventi coerenti con la configurazione strutturale.
L’US deve comunque garantire con continuità il trasferimento dei carichi in fondazione e, generalmente, è delimitata o da spazi aperti, o da giunti strutturali, o da edifici contigui costruiti, ad esempio, con tipologie costruttive e strutturali diverse, o con materiali diversi, oppure in epoche diverse.
Tra le interazioni strutturali con gli edifici adiacenti occorre considerare: le azioni (sia verticali che orizzontali) provenienti da solai o da pareti di US adiacenti; le spinte di archi e volte appartenenti ad US contigue; le spinte provenienti da archi di contrasto o da tiranti ancorati su altri edifici; i martellamenti tra US adiacenti.
Ove necessario, occorre anche considerare gli effetti di: spinte causate da orizzontamenti sfalsati di quota sulle pareti in comune con le US adiacenti; effetti locali causati da disallineamenti dei prospetti, differenze di altezza o di rigidezza tra US adiacenti; azioni di ribaltamento e di traslazione nelle US di testata.
L'analisi di una US secondo i metodi utilizzati per edifici isolati, se effettuata modellando in maniera approssimata (o addirittura trascurando) l'interazione con i corpi di fabbrica adiacenti, assume un significato largamente convenzionale, per cui la determinazione della capacità sismica globale dell'US può essere eseguita attraverso metodologie semplificate.
Qualora i solai dell'edificio siano di rigidezza trascurabile si può procedere all'analisi delle singole pareti dell’US, ciascuna analizzata come struttura indipendente, soggetta ai carichi verticali di competenza ed all'azione del sisma nella direzione parallela alla parete; nel caso in cui la parete oggetto di verifica abbia continuità con quella di una US adiacente (ad esempio nel caso delle facciate di aggregati in linea) è necessario stimare se l’azione sismica da prendere in considerazione non debba essere incrementata rispetto a quella derivante dalle sole masse dell’US in esame (fatto che, ad esempio, si verifica nelle US di angolo o di testata). L'analisi e le verifiche di ogni singola parete seguono i criteri esposti nei punti precedenti.
Nel caso di solai infinitamente rigidi o di rigidezza significativa, la verifica agli stati limite ultimi e/o di esercizio di una US in aggregato può essere svolta, anche per edifici con più di due piani, mediante l'analisi statica non lineare analizzando e verificando separatamente ciascun interpiano dell'edificio e trascurando la variazione della forza assiale nei maschi murari dovuta all'effetto dell'azione sismica. Con l'esclusione di unità strutturali d'angolo o di testata, così come di parti di edificio non vincolate o non aderenti su più lati alle US contigue (es. piani superiori di un edificio di maggiore altezza rispetto alle US adiacenti), l'analisi può anche essere svolta trascurando gli effetti torsionali, ipotizzando che i solai, infinitamente rigidi, possano unicamente traslare nella direzione considerata dell'azione sismica.

4Nell’analisi degli aggregati, al concetto di edificio si preferisce sostituire il concetto di Unità Strutturale (US), chiaramente definito e individuato negli ultimi capoversi del § 8.7.1 delle NTC.

C8.7.1.3.3 Edifici semplici
Sulle costruzioni esistenti è possibile eseguire interventi che consentano di assimilare la costruzione ad un edificio semplice. In tali casi l’intervento è volto a soddisfare le regole di cui al § 7.8.1.9 delle NTC; facendo riferimento al posto della resistenza caratteristica a compressione fk, al valore medio fm, diviso per il fattore di confidenza. Oltre alle condizioni sopra indicate è necessario che, dopo l’eventuale intervento, risulti verificato anche quanto segue:
a. i solai siano in grado di svolgere la funzione di diaframma di piano, siano ben collegati alle pareti e siano in grado di evitare il ribaltamento delle pareti fuori dal loro piano;
b. tutte le aperture abbiano architravi dotati di adeguata resistenza flessionale;
c. tutti gli elementi spingenti, comprese le coperture a falda, eventualmente presenti siano dotati di accorgimenti atti ad eliminare o equilibrare le spinte orizzontali e a inibire lo scivolamento dei vari elementi (es. presenza di connessioni quali chiodi, viti o staffe tra tutti gli elementi delle coperture a falda con struttura lignea);
d. tutti gli elementi ad elevata vulnerabilità, anche non strutturali, siano stati eliminati o resi sicuri (ad esempio comignoli, cornicioni ecc.);
e. le pareti ortogonali siano tra loro ben collegate;
f. le murature non siano a sacco o a doppio paramento o, in generale, di cattiva qualità e scarsa resistenza (es. muratura in “forati”, muratura con pietre tondeggianti di fiume o pareti di spessore chiaramente insufficiente).
Se l’intervento rispetta tutto quanto sopra descritto, lo stesso potrà essere considerato come un intervento di adeguamento e sarà possibile omettere le analisi ante e post intervento.

C8.7.1.4 ELEMENTI STRUTTURALI IN LEGNO
I collegamenti tra differenti elementi lignei devono essere ripristinati nella loro funzionalità statica, mantenendo valori di rigidezza simili a quelli posseduti dalla struttura originaria, a meno di evidenti riconosciute carenze strutturali/costruttive.
Il ripristino della continuità strutturale tra parti diverse di uno stesso elemento può essere realizzato mediante collegamenti tradizionali a secco utilizzando, quando possibile, elementi lignei o, in alternativa, metallici o altri riconosciuti idonei. Adesivi strutturali, in alternativa a collegamenti meccanici, possono essere usati con cautela e comunque non per trasmettere tensioni di trazione ortogonali al piano di incollaggio.
Nell’intervenire su elementi lignei è opportuno garantire la possibilità di variazione dimensionale dell'elemento a seguito di variazioni di umidità, per evitare stati di coazione. Sono da evitarsi interventi che producano manomissioni delle fessure longitudinali da ritiro (cretti) o che impediscano, in qualsiasi modo, dilatazioni e ritiri trasversali del legno.
Nella definizione dello schema strutturale occorre tenere conto, in generale, anche degli altri elementi che possono interferire, a livello di comportamento globale, con la struttura lignea in esame, considerando, ove necessario, anche dei possibili effetti sul comportamento dell’intero edificio. A tale riguardo si deve anche osservare che, generalmente, la struttura lignea costituisce parte essenziale nel comportamento statico di insieme dell'edificio. Conseguentemente, modificazioni staticamente importanti della struttura lignea necessitano di valutazioni complessive atte a valutare l'interazione tra elementi lignei e non lignei nonché l'effettivo contributo delle stesse membrature lignee al comportamento strutturale globale.

C8.7.2. COSTRUZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO O IN ACCIAIO
Nei paragrafi che seguono, che non hanno corrispettivi nelle NTC, l’attenzione è prevalentemente concentrata sugli edifici; alcune considerazioni di carattere generale, nonché quelle relative a valutazioni sui singoli elementi strutturali, possono essere estese anche ad altri tipi costruttivi.
Alcuni elementi considerati non strutturali, ma comunque dotati di resistenza non trascurabile, o anche strutturali, ma comunemente non presi in conto nei modelli, possono essere presi in conto nelle valutazioni di sicurezza globali della costruzione, a condizione che, per il livello di azione considerato, ne sia adeguatamente verificata l’efficacia.

C8.7.2.1 REQUISITI DI SICUREZZA
C8.7.2.1.1 Stato Limite di prevenzione del collasso (SLC)
Nel caso di elementi/meccanismi duttili (v. § C8.7.2.3 e § C8.7.2.4) gli effetti da considerare sono quelli derivanti dall’analisi strutturale, mentre nel caso di elementi/meccanismi fragili (v. § C8.7.2.3 e § C8.7.2.4) gli effetti derivanti dall’analisi strutturale possono venire modificati come indicato nel § C8.7.2.2.
Le capacità sono definite in termini di deformazioni ultime per gli elementi/meccanismi duttili e di resistenze ultime per gli elementi/meccanismi fragili.

C8.7.2.1.2 Stati Limite di esercizio
In mancanza di più specifiche valutazioni, per drp si può far riferimento ai valori limite di spostamento di interpiano riportati in § 7.3.6.1 validi per gli edifici nuovi.

C8.7.2.2 METODI DI ANALISI E CRITERI DI VERIFICA
Gli effetti dell’azione sismica, possono essere valutati con i metodi di cui al § 7.3 delle NTC, con le precisazioni seguenti.
Ai fini delle verifiche di sicurezza, gli elementi/meccanismi strutturali vengono distinti in “duttili” e “fragili”. La classificazione degli elementi/meccanismi nelle due categorie è fornita in § C8.7.2.3 per le costruzioni in c.a. e in § C8.7.2.4 per le costruzioni in acciaio.
I fattori di confidenza indicati nella Tabella C8.5.III servono a un duplice scopo:
a. per definire le resistenze dei materiali da utilizzare nelle formule di capacità degli elementi duttili e fragili; le resistenze medie, ottenute dalle prove in situ e dalle informazioni aggiuntive, sono divise per i fattori di confidenza;
b. per determinare le sollecitazioni trasmesse dagli elementi/meccanismi duttili a quelli fragili; le resistenze medie degli elementi duttili, ottenute dalle prove in situ e dalle informazioni aggiuntive, sono moltiplicate per i fattori di confidenza.
Nel caso di analisi lineare con spettro elastico la capacità degli elementi duttili, in termini di resistenza, si valuta dividendo le proprietà dei materiali esistenti per il fattore di confidenza FC e la capacità degli elementi fragili per il fattore di confidenza FC e per il coefficiente parziale. Per i materiali nuovi o aggiunti si impiegano i valori di progetto.
Nel caso di analisi lineare con fattore di struttura q o di analisi non lineare, per gli elementi duttili la capacità si valuta dividendo le proprietà dei materiali esistenti per il fattore di confidenza FC, per gli elementi fragili le proprietà dei materiali esistenti si dividono sia per il fattore di confidenza FC sia per il coefficiente parziale. Per i materiali nuovi o aggiunti si impiegano i valori di progetto.

C8.7.2.2.1 Analisi statica lineare
L’analisi statica lineare può essere effettuata ove siano soddisfatte le condizioni di cui al § 7.3.3.2 delle NTC, con le seguenti indicazioni aggiuntive:
– considerando tutti gli elementi primari della struttura ed indicato, per l’i-esimo di tali elementi, con ρi = Di / Ci il rapporto tra il momento flettente Di fornito dall’analisi della struttura soggetta alla combinazione di carico sismica e il corrispondente momento resistente Ci (valutato in presenza dello sforzo normale relativo alle condizioni di carico gravitazionali), il coefficiente di variazione di tutti i ρi ≥ 1 non deve superare il valore di 0,5;
– la capacità Ci degli elementi/meccanismi fragili è maggiore della corrispondente domanda Di, quest’ultima calcolata sulla base della capacità degli elementi duttili adiacenti, se il ρi degli elementi/meccanismi fragili è maggiore di 1, oppure sulla base dei risultati dell’analisi, se il ρi degli elementi/meccanismi fragili è minore di 1.
Analisi statica lineare con spettro elastico
Nel caso di analisi lineare con spettro elastico, lo spettro di risposta da impiegare è quello elastico di cui al § 3.2.3 delle NTC eseguendo l’analisi e la verifica secondo quanto previsto nel § 7 per le costruzioni non dissipative.
Analisi statica lineare con fattore di comportamento q
È possibile utilizzare lo spettro di progetto, definito in § 3.2.3 delle NTC, assumendo il valore del fattore di comportamento q nel campo fra 1,5 e 3,0 sulla base della regolarità della costruzione in esame nonché delle sollecitazioni delle membrature dovute ai carichi verticali. Valori superiori a quelli indicati devono essere adeguatamente giustificati tenendo debito conto della duttilità disponibile a livello locale e globale. Nel caso in cui il sistema strutturale resistente all’azione orizzontale sia integralmente costituito da elementi strutturali di nuova costruzione, si possono adottare i valori dei fattori di comportamento validi per le nuove costruzioni; in tal caso occorre verificare la compatibilità degli spostamenti con le strutture esistenti.
Le verifiche devono essere eseguite in termini di resistenza, controllando che, per ciascun elemento strutturale, la domanda in termini di sollecitazioni sia inferiore o uguale alla corrispondente capacità.
La domanda sugli elementi strutturali si ottiene dall’analisi con spettro di risposta elastico ridotto, rispettivamente, per gli elementi/meccanismi “duttili” del fattore di comportamento attribuito alla struttura, per gli elementi/meccanismi "fragili" del fattore di comportamento q = 1,5. Per questi ultimi la domanda non può superare quella trasmessa dagli elementi/meccanismi duttili ad essi alternativi, valutata come indicato al punto b) del §C8.7.2.2.

C8.7.2.2.2 Analisi dinamica modale con spettro di risposta elastico o con fattore di comportamento q
Tale metodo di analisi è applicabile secondo quanto indicato al § 7.3.3.1 delle NTC, alle medesime condizioni di cui ai punti precedenti. La prima modalità prevede che lo spettro di risposta da impiegare sia quello elastico di cui al § 3.2.3 delle NTC e si applica con le stesse modalità di cui all’analisi statica lineare con spettro elastico; la seconda che si faccia riferimento ad uno spettro di progetto, definito nel § 3.2.3 delle NTC, utilizzando le precisazioni riportate per l’analisi statica lineare con fattore q.

C8.7.2.2.3 Analisi statica non lineare
Tale metodo di analisi si applica con le modalità indicate al § 7.3.4.1 delle NTC, con le limitazioni della Tabella C8.5.IV.
Le sollecitazioni indotte dall’azione sismica sugli elementi/meccanismi sia duttili sia fragili, da utilizzare ai fini delle verifiche, sono quelle derivanti dall’analisi strutturale eseguita utilizzando i valori medi delle proprietà dei materiali.
La verifica degli elementi “duttili” è eseguita confrontando la domanda in termini di deformazioni ottenuta dall’analisi con la relativa capacità.
La verifica degli elementi “fragili” è eseguita confrontando la domanda in termini di sollecitazioni con la relativa capacità.
Nel caso di analisi statica non lineare con ramo degradante e stati limite che si verificano su questo, inoltre:
- nel caso di elementi duttili la domanda in termini di deformazione si calcola in corrispondenza di dmax per ciascuno stato limite;
- nel caso di elementi fragili la domanda in termini di sollecitazione di taglio si può calcolare utilizzando la seguente procedura:
a. si valuta il taglio massimo alla base Vbu sulla base dei risultati dell’analisi statica non lineare
b. si individua lo spostamento dcu corrispondente al raggiungimento di tale sollecitazione di taglio
c. se lo spostamento dmax relativo allo stato limite considerato è minore di dcu, la domanda in termini di sollecitazione di taglio si calcola in corrispondenza di dmax
d. se dmax>dcu, la domanda in termini di sollecitazione di taglio si calcola in corrispondenza di dcu.

C8.7.2.2.4 Analisi dinamica non lineare
Tale metodo di analisi è applicabile secondo quanto indicato al § 7.3.4.2 delle NTC, alle medesime condizioni di cui al punto precedente.

C8.7.2.3 MODELLI DI CAPACITÀ PER LA VALUTAZIONE DI EDIFICI IN CEMENTO ARMATO
Gli elementi ed i meccanismi resistenti sono classificati in:
- “duttili”: travi, pilastri e pareti inflesse con e senza sforzo normale;
- “fragili”: meccanismi di taglio in travi, pilastri, pareti e nodi;
Pilastri e pareti soggetti a sollecitazioni di sforzo normale particolarmente elevate possono manifestare comportamento fragile.

C8.7.2.3.1 Travi, pilastri e pareti: flessione con e senza sforzo normale
La capacità in termini di deformazione è definita con riferimento alla rotazione (“rotazione rispetto alla corda”) θ dell’elemento, data dal rapporto tra lo spostamento relativo tra la sezione d’estremità e la sezione caratterizzata da momento flettente nullo e la
loro distanza, pari alla luce di taglio Lv = M/V.

C8.7.2.3.2 Stato limite di prevenzione del collasso
Allo stato limite di prevenzione del collasso, la capacità θu in termini di rotazione totale rispetto alla corda può essere valutata alternativamente utilizzando modelli numerici che tengano in debito conto i contributi del calcestruzzo, dell’acciaio ed dell’aderenza acciaio calcestruzzo, ovvero mediante formule di comprovata validità, come, ad esempio, quelle riportate nel seguito.

dove:
γel= 1.5 per gli elementi primari ed 1.0 per gli elementi secondari (come definiti al § 7.2.3 delle NTC),
Lv è la luce di taglio;
h è l’altezza della sezione;
v = N/Ac fc è lo sforzo assiale normalizzato di compressione agente su tutta la sezione Ac;
ω = As fy / ( Ac fc ) e  ω' = A's fy / ( Ac fc ) sono le percentuali meccaniche di armatura longitudinale in trazione e compressione rispettivamente (nelle pareti tutta l’armatura longitudinale d’anima è da includere nella percentuale in trazione);
fc , fy e fyw sono la resistenza a compressione del calcestruzzo e la resistenza a snervamento dell’acciaio, longitudinale e trasversale, ottenute come media delle prove eseguite in sito, eventualmente corrette sulla base di fonti aggiuntive di informazione, divise per il fattore di confidenza appropriato in relazione al Livello di Conoscenza raggiunto;
ρsx = Asx / bw sh è la percentuale di armatura trasversale (sh = interasse delle staffe nella zona critica);
ρd è la percentuale di eventuali armature diagonali in ciascuna direzione,
α è un fattore di efficienza del confinamento dato da:

(b0 e ho dimensioni del nucleo confinato, bi distanze delle barre longitudinali trattenute da tiranti o staffe presenti sul perimetro).
Per le pareti il valore dato dall’espressione (C8.7.2.1) deve essere diviso per 1,6.
Negli elementi non dotati di adeguati dettagli di tipo antisismico o per i quali non sia stata effettuata una verifica di duttilità, quindi con percentuali di armatura trasversale e longitudinale diverse da quelle ottenibili utilizzando le indicazioni riportate per la progettazione delle nuove costruzioni, il valore dato dall’espressione [C8.7.2.1] deve essere moltiplicato per 0,85.
Il fattore di efficienza del confinamento α dato dalla [C8.7.2.2] è definito nell'ipotesi che le staffe presenti nell'elemento abbiano ancoraggi idonei ad evitare l'apertura delle stesse, ad esempio se presentano una chiusura con ganci a 135°. Nel caso tale ipotesi non sia soddisfatta, è opportuno assumere α = 0.
Per gli elementi armati con barre longitudinali nervate continue, senza sovrapposizione in corrispondenza della regione plastica, la capacità di rotazione allo SLC è definita dalla [C8.7.2.1]. Viceversa, se le barre longitudinali nervate sono caratterizzate, a partire dalla sezione di estremità dell'elemento, da una sovrapposizione di lunghezza l0 il valore dell'espressione (C8.7.2.1) deve essere moltiplicato per il fattore:

dove dbl è il diametro (medio) delle barre longitudinali. Il fattore [C8.7.2.3] non tiene in conto della riduzione connessa all’assenza di adeguati dettagli di tipo antisismico; in tal caso la [C8.7.2.3] va moltiplicata per 0.85.
Per gli elementi armati con barre longitudinali lisce continue, senza sovrapposizione in corrispondenza della regione plastica, la capacità di rotazione in condizioni di collasso è definita dalla [C8.7.2.1]. Viceversa, se le barre longitudinali lisce sono caratterizzate, a partire dalla sezione di estremità dell’elemento, da una sovrapposizione di lunghezza l0 il valore dato dall’espressione (8.7.2.1) deve essere moltiplicato per il fattore:

dove  dbl è il diametro (medio) delle barre longitudinali.
La decurtazione valutata con la [C8.7.2.4] è applicabile solo per sovrapposizioni costituite dalla presenza di ganci ad uncino di estremità; la lunghezza l0 è definita al netto delle dimensioni degli uncini. In assenza di ganci ad uncino di estremità il valore dato dalla [C8.7.2.4] è opportuno sia assunto pari a zero. Inoltre, il fattore [C8.7.2.4] non tiene in conto della riduzione connessa all’assenza di adeguati dettagli di tipo antisismico; in tal caso la [C8.7.2.4] è moltiplicata per 0,85.
Allo SLC, per la valutazione della capacità θu in termini di rotazione totale rispetto alla corda può essere utilizzata anche la seguente equazione:

dove θu è la rotazione rispetto alla corda allo snervamento definita in [C8.7.2.7a] e [C8.7.2.7b], Φu è la curvatura ultima valutata considerando le deformazioni ultime del calcestruzzo (tenuto conto del confinamento) e dell’acciaio (da stimare sulla base dell’allungamento uniforme al carico massimo, in mancanza di informazioni si può assumere che la deformazione ultima dell’acciaio sia pari al 4%), Φy è la curvatura allo snervamento valutata considerando l’acciaio alla deformazione di snervamento εsy, LV è la luce di taglio e Lpl è la lunghezza di cerniera plastica valutabile come:

dove h è l’altezza della sezione, dbl è il diametro (medio) delle barre longitudinali, ed fc e fy sono rispettivamente la resistenza a compressione del calcestruzzo e la resistenza a snervamento dell’acciaio longitudinale (in MPa), ottenute come media delle prove eseguite in sito e da fonti aggiuntive di informazione, divise per il fattore di confidenza appropriato in relazione al Livello di Conoscenza raggiunto.

C8.7.2.3.3 Stato limite di salvaguardia della vita
La capacità di rotazione totale rispetto alla corda allo Stato Limite di Salvaguardia della Vita (SLV), θSD, può essere assunta pari a 3/4 del valore θu valutato per lo SLC.

C8.7.2.3.4 Stato limite di danno
La capacità θy in termini di rotazione totale rispetto alla corda al raggiungimento della tensione di snervamento può essere valutata mediante le seguenti espressioni:
per travi e pilastri

per pareti

dove Φy è la curvatura al raggiungimento della tensione di snervamento della sezione terminale, h l’altezza della sezione, db è il diametro (medio) delle barre longitudinali, ed fc e fy sono rispettivamente la resistenza a compressione del calcestruzzo e la tensione di snervamento dell’acciaio longitudinale in [MPa], ottenute come media delle prove eseguite in sito e da fonti aggiuntive di informazione, divise per il fattore di confidenza appropriato in relazione al Livello di Conoscenza raggiunto.

C8.7.2.3.5 Travi e pilastri: taglio
Per la valutazione delle resistenze ultime di elementi monodimensionali nei confronti di sollecitazioni taglianti dovute ai soli carichi gravitazionali, vale quanto indicato per le condizioni non sismiche al § 4.1.2.3.5 delle NTC, facendo in generale riferimento al § 4.1.2.3.5.2, considerando per le travi il contributo delle barre di armatura piegate ove presenti.
Per le azioni sismiche, occorre considerare la riduzione di resistenza a taglio in condizioni cicliche in funzione della domanda di duttilità sull’elemento, per il livello di azione considerato. La domanda massima a taglio nell’elemento può essere determinata, indipendentemente dal livello di azione considerato, a partire dai momenti resistenti nelle sezioni di estremità, valutati amplificando le resistenze medie dei materiali tramite il fattore di confidenza appropriato in relazione al Livello di Conoscenza raggiunto.
La resistenza a taglio VR in condizioni cicliche, quali quelle sismiche, può essere valutata sulla base dei tre contributi dovuti all’entità dello sforzo normale N, al calcestruzzo e all’acciaio, nonché dell’interazione con la rotazione flessionale dell’elemento in funzione della parte plastica della domanda di duttilità, μΔp,l.

(unità di misura MN, m) dove:
γel = 1.15 per gli elementi primari ed 1.0 per gli elementi secondari (come definiti al § 7.2.3 delle NTC);
h è l'altezza totale della sezione;
x è l'altezza della zona compressa della sezione (profondità dell'asse neutro);
N è lo sforzo normale di compressione (assunto pari a zero se di trazione);
LV è la luce di taglio;
Ac è l'area della sezione pari a (b x d) per la sezione rettangolare e  πDc²/4 per quella circolare (dove Dc = D-2c-dbw, essendo D il diametro della sezione, c il copriferro, dbw il diametro delle staffe);
fc è la resistenza a compressione del calcestruzzo ottenuta come media delle prove eseguite in sito, eventualmente corretta sulla base di fonti aggiuntive di informazione, divisa per il fattore di confidenza appropriato in relazione al Livello di Conoscenza raggiunto; per gli elementi sismici primari il valore di fc deve essere ulteriormente diviso per il relativo coefficiente parziale;
ρtot è la percentuale geometrica totale di armatura longitudinale;
Vw è il contributo dell'armatura trasversale per la resistenza a taglio definito come segue:
- sezioni rettangolari:

dove, oltre al significato dei simboli già noti, z è il braccio delle forze interne.
- per le sezioni circolari:

Nella [8.7.2.8] μΔp,l rappresenta la parte plastica della domanda di duttilità ed è espressa dalla relazione: μΔp,l = μΔ - 1 dove μΔ è la domanda di duttilità espressa come rapporto tra la rotazione massima θm per il livello di azione sismica considerato e la rotazione di prima plasticizzazione θy . Ove necessario, la relazione tra duttilità di rotazione e duttilità di curvatura si ottiene dalla [8.7.2.7], con Φm al posto di Φu, essendo Φm la domanda di curvatura massima per il livello di azione considerato.
Nella [8.7.2.8], in assenza di specifiche valutazioni, l'altezza della zona compressa della sezione può essere calcolata in maniera semplificata attraverso la relazione: x/h = 0,25 + 0,85 N / (Ac fc )≤ 1.
La resistenza a taglio in condizioni sismiche può essere valutata come indicato nel seguito.
Quando la domanda di duttilità μΔ dell’elemento è inferiore a 2, la resistenza a taglio è data dalla maggiore tra la resistenza a taglio con armatura trasversale per le condizioni non sismiche (Eq. [4.1.29] delle NTC) e la resistenza a taglio ciclica fornita dalla [8.7.2.8]. Quando μΔ > 3 , la resistenza a taglio è quella relativa alle condizioni cicliche, valutata attraverso la [8.7.2.8]. Per le situazioni intermedie, si interpola linearmente tra la resistenza a taglio per μΔ = 2 e quella ottenuta in base alla [8.7.2.8] per μΔ = 3.
Per i carichi gravitazionali e, in generale, quando la domanda di duttilità μΔ dell’elemento è inferiore a 1, la resistenza a taglio può essere valutata, alternativamente, come per gli elementi senza armature trasversali resistenti a taglio (§ 4.1.2.3.5.1 delle NTC).
In questo caso si deve verificare che, per l’azione considerata, la domanda a flessione o a pressoflessione non superi la corrispondente capacità al limite elastico (momento di prima plasticizzazione come definito al § 4.1.2.3.4.2 delle NTC) in entrambe le direzioni principali della sezione. Nel caso in cui si adottino metodi di analisi lineari, la domanda dovuta alle azioni sismiche deve essere valutata con riferimento al fattore di comportamento q≤1,5.
In condizioni sismiche, un approccio prudenziale suggerisce che la resistenza a taglio valutata con riferimento agli elementi senza armature trasversali venga considerata esclusivamente per le strutture in cui la domanda plastica sia in ogni caso contenuta, ad es. grazie all’uso di tecniche di protezione passiva quali i controventi (elastici o dissipativi) o l’isolamento sismico.
Nel caso di rinforzi di edifici esistenti, la messa in opera dei controventi dissipativi comporta problematiche e difficoltà differenti a seconda del tipo di struttura. Particolarmente negli edifici in cemento armato occorre curare la connessione con i telai, verificando correttamente le sollecitazioni trasmesse alle membrature esistenti e eventualmente predisponendo sistemi di ridistribuzione degli sforzi di taglio nei pilastri e di trazione nelle travi e negli orizzontamenti, utilizzando opportuni tiranti e piastre di ancoraggio.
Nodi trave-pilastro

La verifica di resistenza deve essere eseguita solo per i nodi non interamente confinati come definiti al § 7.4.4.3 delle NTC. Deve essere verificata sia la resistenza a trazione diagonale che quella a compressione diagonale. Per la verifica si possono adottare le seguenti espressioni:
- per la resistenza a trazione:

- per la resistenza a compressione:

dove N indica l’azione assiale presente nel pilastro superiore, Vj indica il taglio totale agente sul nodo, ottenuto come somma algebrica del taglio trasmesso dal pilastro superiore e degli sforzi orizzontali trasmessi dalle parti superiori delle travi, Aj = bjhjc dove bj e hjc sono stati definiti al § 7.4.4.3.1 della norma. Le resistenze dei materiali sono ottenute come media delle prove eseguite in sito e da fonti aggiuntive di informazione, divise per il fattore di confidenza appropriato in relazione al Livello di Conoscenza raggiunto e per il coefficiente parziale del materiale.

C8.7.2.4 MODELLI DI CAPACITÀ PER LA VALUTAZIONE DI EDIFICI DI ACCIAIO
C8.7.2.4.1 Travi e pilastri: flessione con e senza sforzo normale
La capacità in termini di deformazione di travi e pilastri è definita con riferimento alla rotazione totale rispetto alla corda θ analogamente a quanto già descritto per le strutture di c.a. (v. § C8.7.2.3).

C8.7.2.4.2 Stato limite di prevenzione del collasso
Allo SLC la capacità in termini di rotazione rispetto alla corda può essere valutata utilizzando modelli numerici che tengano in debito conto le non linearità geometriche e meccaniche del materiale, ovvero sulla base delle indicazioni riportate in documenti di comprovata validità. È possibile riferirsi all’Annex B (Steel and composite structures) della Norma UNI EN 1998-3:2005. In particolare il punto B.5.2 –member deformation capacities, analizza il problema delle travi e colonne soggette a flessione, per le quali la capacità di deformazione inelastica è espressa in termini di rotazione plastica definita come multiplo della rotazione rispetto alla corda θy valutata al raggiungimento della tensione di snervamento. Il valore del moltiplicatore della rotazione θy dipende dallo stato limite considerato e dalla classe della sezione trasversale della trave o della colonna (classi 1 o 2, definite al § 4.2.3.1 delle NTC). Lo stesso Annesso riporta i moltiplicatori che consentono di determinare la capacità di elementi di controvento soggetti a compressione in termini di moltiplicatore dello sforzo normale corrispondente allo stato limite di instabilità, o di elementi di controvento tesi, in termini di moltiplicatore dello sforzo normale corrispondente al raggiungimento della tensione di snervamento del materiale.

C8.7.2.4.3 Stato limite di salvaguardia della vita
Allo stato limite di salvaguardia della vita, la capacità in termini di rotazione totale rispetto alla corda, θSD, può essere assunta pari a 3/4 del valore θu valutato per lo SLC.

C8.7.2.4.4 Stato limite di danno
Allo stato limite di esercizio, la capacità in termini di rotazione rispetto alla corda, θy, al raggiungimento della tensione di snervamento può essere valutata mediante la seguente espressione:

dove:
Me,Rd è il momento di prima plasticizzazione di calcolo;
LV è la luce di taglio;
I è il momento di inerzia della sezione nella direzione considerata.

C8.7.2.4.5 Travi e pilastri: Taglio
La capacità in termini di resistenza a taglio VR si valuta come per il caso di nuove costruzioni per situazioni non sismiche.

C8.7.2.4.6 Collegamenti
Si applica quanto prescritto per gli edifici di nuova costruzione.

C8.7.3. COSTRUZIONI MISTE
L’interpretazione del comportamento delle costruzioni miste e la relativa modellazione è in generale più complicata di quella delle costruzioni con struttura di caratteristiche omogenee, a causa delle interazioni tra elementi strutturali caratterizzati da rigidezze e comportamento meccanico del materiale e strutturale diversi. In campo non lineare il comportamento è spesso complesso e non rappresentabile attraverso modelli e metodi semplificati, a meno che non si possa trascurare il contributo alla capacità resistente sismica di tutti gli elementi di uno dei materiali costituenti, considerandoli come elementi secondari. Tale assunzione è ammissibile solo nel caso il contributo degli elementi considerati secondari, nel caso di azione sismica, sia favorevole.
L’analisi statica non lineare può essere eseguita se è disponibile un modello in grado di simulare, per gli elementi strutturali realizzati con i diversi materiali utilizzati, il loro comportamento non lineare sino alla capacità ultima in termini di deformazione.
La verifica deve condursi tenendo conto dei meccanismi locali e globali a seconda della tipologia di elementi strutturali che si sta analizzando e del loro materiale costituente. Attenzione deve poi essere rivolta alla verifica delle connessioni tra elementi di diverso materiale, valutando l’entità della domanda per la quale è stimato il raggiungimento dello stato limite di interesse.

C8.7.4. CRITERI E TIPI D’INTERVENTO
Il § 8.7.4 delle NTC descrive gli aspetti principali degli interventi sugli edifici esistenti, qui sono riportate alcune raccomandazioni che possono costituire un utile riferimento ai fini della scelta degli interventi. Si sottolinea l’importanza che gli interventi siano definiti in funzione di specifiche vulnerabilità dell’edificio, analizzando prioritariamente quelle locali. Sono invece da evitarsi interventi generalizzati e diffusi, se non adeguatamente motivati da una specifica valutazione.
Nel caso in cui nell’intervento si faccia uso di materiali compositi, ai fini delle verifiche di sicurezza degli elementi rinforzati, si possono utilizzare documenti di comprovata validità.

C8.7.4.1 CRITERI PER GLI INTERVENTI DI CONSOLIDAMENTO DEGLI EDIFICI IN MURATURA
Nel presente Capitolo si forniscono criteri generali per gli interventi di consolidamento degli edifici di muratura, con riferimento ad alcune tecniche usualmente utilizzate. I criteri e le tecniche di seguito riportati sono indicativi e non esaustivi e non si esclude l’impiego di tecniche di intervento non citate, metodologie innovative o soluzioni particolari che il progettista individui come adeguate al caso specifico.
Attenzione va posta alla fase esecutiva degli interventi, onde evitare di comprometterne l’efficacia.
Oltre agli interventi volti a sanare le carenze nei confronti delle azioni non sismiche, quelli che generalmente inducono i maggiori benefici nei riguardi delle azioni sismiche riguardano:
1. La formazione dei diaframmi di piano, a livello dei solai ed eventualmente nelle falde di copertura.
2. Le connessioni delle pareti tra loro e ai diaframmi di piano.
3. I collegamenti nello spessore della parete in presenza di paramenti multipli.
4. L’incremento della sismo-resistenza delle pareti.
5. Il contenimento delle spinte ed il consolidamento di archi e volte.
Di seguito, a livello indicativo, sono riportate alcune soluzioni tecniche per alcuni dei miglioramenti sopra indicati.
1. Formazione dei diaframmi di piano
Il ruolo primario dei solai è quello di sostenere i carichi verticali, ma la loro funzione durante lo scuotimento sismico è quella di trasferire le azioni orizzontali alle pareti e di scongiurare l’attivazione dei meccanismi fuori piano delle pareti collegandole efficacemente. I solai devono pertanto essere ben ancorati alle murature, soprattutto a quelle perimetrali.
Occorre notare che, mentre può non essere necessario realizzare un’elevata rigidezza, in quanto i meccanismi fuori dal piano sono caratterizzati da deformazioni ammissibili anche elevate, è invece necessario che i diaframmi abbiano una resistenza sufficiente a trasferire le azioni tra una parete e l’altra, quando la prima raggiunge la resistenza ultima a taglio.
Per gli edifici storici, nel consolidamento di solai lignei sono generalmente preferibili i diaframmi leggeri, di rigidezza non trascurabile, realizzati a secco, quali quelli ottenuti con doppio assito, con pannelli a base legno quali quelli citati nel paragrafo 11.7, lamiere di acciaio, reticolari di acciaio, reticolari con fibre o altro materiale idoneo ecc. Nel caso sia presente un sottofondo a supporto della pavimentazione, i diaframmi di piano possono essere realizzati sostituendolo con un nuovo sottofondo strutturale opportunamente armato.
Nel caso risulti necessario anche un consolidamento statico del solaio per le sollecitazioni flettenti, quando è presente l’impalcato ligneo un rinforzo che consente di conseguire contemporaneamente un rinforzo nel piano e flessionale, si realizza, ad esempio, tramite strutture composte legno-legno mediante solette lignee, che sfruttino eventualmente il tavolato esistente, rese opportunamente collaboranti con le travi tramite idonei connettori a taglio. La tecnica di rinforzo con soletta collaborante in calcestruzzo realizza ugualmente un elevato irrigidimento nel piano e un miglioramento della resistenza ai carichi verticali, ma con un maggiore incremento dei pesi.
Nel caso di solai a putrelle e voltine o tavelloni, un miglioramento del comportamento flessionale delle travi e nel piano del solaio può essere ottenuto con un irrigidimento mediante solette armate rese solidali ai profilati e collegate alle murature perimetrali mediante opportuni connettori. Nel caso di solai con voltine, può essere necessario anche collegare tra loro i profilati, saldando bandelle o barre metalliche trasversali, all’intradosso o all’estradosso.
Per quanto riguarda le coperture, nelle costruzioni in muratura è in linea generale opportuno operare mediante il mantenimento dei tetti in legno per non incrementare le masse nella parte più alta dell'edificio, o con soluzioni più pesanti di acciaio o di calcestruzzo armato, previa verifica. Ove i tetti presentino orditure spingenti, come nel caso di puntoni inclinati o cantonali privi di elementi di ritegno, la spinta deve essere contenuta, integrando in modo opportuno lo schema strutturale. E’ inoltre opportuno intervenire sui collegamenti tra gli elementi lignei per evitare locali situazioni spingenti o di labilità.
2. Connessioni delle pareti tra loro e ai diaframmi di piano
Le connessioni delle pareti tra loro e ai diaframmi di piano hanno il compito di ridurre la snellezza delle pareti, rispettivamente nei riguardi della flessione orizzontale e verticale. Ciò ha il duplice effetto di: 1) limitare gli spostamenti fuori dal piano a livello degli orizzontamenti, prevenendo lo sfilamento delle travi dei solai e della copertura; 2) limitare l’ampiezza della porzione di parete muraria potenzialmente interessata da meccanismi fuori dal piano, riducendo la vulnerabilità nei riguardi di cinematismi locali.
Qualora i collegamenti tra le pareti siano scarsi o deteriorati, può essere realizzata un’idonea ammorsatura tra parti adiacenti o intersecantisi. Questa può essere realizzata o migliorata con interventi locali. Tra questi, ad esempio, sono annoverabili diverse tipologie di interventi, tra cui quelli tipo scuci-cuci. Cuciture armate realizzate con barre di lunghezza limitata, iniettate con malta o resina, non sempre risultano efficaci, per la difficoltà di garantire un adeguato ancoraggio in presenza di un nucleo interno di scadenti proprietà, e possono essere invasive (in ogni caso è opportuno utilizzare elementi metallici inossidabili o altri materiali idonei).
Particolarmente efficaci sono gli elementi di collegamento tra pareti opposte atti a impedirne le rotazioni verso l’esterno e ad assicurare il funzionamento scatolare dell’edificio. A tale scopo possono essere utilmente impiegati tiranti (o catene), siano essi metallici o di altri materiali, disposti nelle due direzioni principali del fabbricato, al livello dei solai e in corrispondenza delle pareti portanti. I tiranti consentono anche la formazione del meccanismo tirante-puntone nelle fasce, migliorando la capacità di accoppiamento dei maschi murari.
In alternativa, il funzionamento scatolare dell’edificio è favorito dalle cerchiature esterne, che in alcuni casi si possono realizzare con elementi metallici o materiali compositi, particolarmente efficaci nel caso di edifici di dimensioni in pianta ridotte, come i campanili, o quando vengono realizzati ancoraggi in corrispondenza dei martelli murari. È in ogni caso necessario evitare l’insorgere di concentrazioni di tensioni in corrispondenza degli spigoli delle murature
Il collegamento dei diaframmi di piano alle pareti è in primo luogo assicurato dagli elementi principali degli stessi, ovvero travi principali e secondarie in legno o putrelle metalliche. Questi elementi devono essere appoggiati nella parete muraria per una sufficiente lunghezza ed il carico verticale deve essere adeguatamente diffuso alla muratura (eventualmente grazie ad elementi locali di ripartizione). Anche se in modo non sistematico, l’aggiunta di elementi di connessione ancorati alla parete muraria può essere utile a migliorare la risposta sismica, in quanto fa funzionare l’elemento inflesso anche come tirante di collegamento confidando in un ancoraggio meccanico e non solo sull’attrito. Quando si valuta come necessario garantire un collegamento continuo tra diaframma di piano e pareti murarie, possono essere adottati ancoraggi puntuali realizzati sul perimetro degli orizzontamenti attraverso barre iniettate con malte o resine.
I cordoli in sommità possono costituire una soluzione efficace sia per collegare le pareti in una zona dove la muratura è meno resistente a taglio a causa del basso livello di compressione, sia per contenere eventuali azioni spingenti della copertura, sia anche per favorire l’appoggio delle singole membrature dell’orditura. Il collegamento del cordolo con la muratura esistente può essere realizzato, in assenza di soluzioni più efficaci e meno invasive, attraverso perforazioni armate con barre metalliche, protette o di tipo inossidabile, oppure di altro materiale resistente a trazione, efficacemente ancorate alla muratura.
I cordoli in sommità possono essere realizzati nei seguenti modi.
- Cordoli realizzati con elementi lignei, adeguatamente protetti;
- Cordoli realizzati con muratura armata.
- Cordoli realizzati con elementi d’acciaio.
- Cordoli di calcestruzzo armato.
L’esecuzione di cordolature a livelli intermedi risulta necessaria solo in determinati casi, che devono essere motivati. L’uso di cordoli eseguiti a scasso nello spessore della parete deve generalmente essere evitato per gli, eventuali effetti negativi legati all’alterazione dello stato di sollecitazioni della parete per effetto della formazione delle aperture in breccia. La soluzione più efficace per la realizzazione di cordoli a livello intermedio è quella della trave in muratura armata, ottenuta applicando piatti metallici sui due lati della muratura e collegandoli tramite barre passanti o mediante soluzioni di tipo analogo.
3. Collegamenti nello spessore della parete in presenza di paramenti multipli
Quando i collegamenti tra paramento esterno e interno sono insufficienti, come frequentemente avviene per le murature in pietrame, occorre verificare che, per effetto delle azioni sismiche, non si attivi un meccanismo di flessione fuori piano nella porzione di paramento compresa tra due ritegni dotati di ancoraggio esterno. Si può eventualmente ricorrere a diatoni di contenimento integrativi, disposti nella parete ad adeguata distanza tra loro (in misura non necessariamente troppo fitta).
L’inserimento di diatoni artificiali, realizzati in calcestruzzo armato, in profilati metallici o in altri materiali resistenti a trazione, compreso l’utilizzo di legature metalliche, con funzione di tirantini antiespulsivi o di legature con materiali compositi, può realizzare un efficace collegamento tra i paramenti murari, evitando il distacco o l’innesco di fenomeni di instabilità per compressione dei paramenti esterni.
L’efficacia di tali interventi è legata all’effettiva possibilità di solidarizzare detti presidi con la muratura circostante che, pertanto, deve presentare buona consistenza.
4. Incremento della capacità delle pareti
Qualora i setti murari siano costituiti da materiale di bassa qualità, può risultare opportuno migliorare le caratteristiche meccaniche del materiale. Il tipo di intervento da applicare va valutato in base alla tipologia e alla qualità della muratura e può variare dalla ricostruzione parziale (interventi di scuci-cuci) al consolidamento mediante iniezioni o mediante interventi superficiali o altre tecniche opportune; si deve procedere alla verifica preliminare della compatibilità chimico-fisica dei materiali nuovi con quelli originari.
Nei casi in cui si operi attraverso le iniezioni di miscele leganti, si procede anche alla verifica della fattibilità dell’intervento in
termini di capacità delle murature di assorbire e diffondere le malte iniettate ponendo attenzione nella scelta della pressione di immissione della miscela, per evitare dissesti locali.
L’intervento di ristilatura dei giunti, se effettuato su entrambe le superfici esterne, può migliorare le caratteristiche meccaniche della muratura incrementandone, di fatto, l’area resistente. Particolare cura deve essere rivolta alla scelta della malta da utilizzare in relazione a quella esistente. L’eventuale inserimento nei giunti “ristilati” di piccole barre, trefoli o piattine metalliche o di altri materiali resistenti a trazione, specie se ancorati alla muratura attraverso connessioni trasversali dei paramenti ed organizzati come sistema continuo nelle tre direzioni, può migliorare ulteriormente l’efficacia dell’intervento.
Il placcaggio delle murature con intonaco armato costituisce un efficiente provvedimento soprattutto nel caso in cui le murature siano gravemente danneggiate o incoerenti, purché siano posti in opera i necessari collegamenti trasversali bene ancorati alle armature poste su entrambe le facce della muratura. Le fodere possono essere realizzate con malte a base di cemento o di calce e armatura in reti o tessuti di acciaio inossidabile, oppure con materiali compositi, utilizzando fibre di carbonio, vetro o aramidiche.
Il rinforzo dei setti murari può essere eseguito mediante elementi strutturali integrativi collaboranti disposti sulla superficie; questi possono essere, per esempio, realizzati in acciaio (strutture reticolari costituite da piatti/nastri) o in legno (pannellature).
Opportune connessioni devono consentire la collaborazione tra la parete esistente e il rinforzo.
L’applicazione di fasciature resistenti a trazione può essere realizzata sia con fasce di materiali compositi (sopra citati) sia con tessuti in trefoli di acciaio inossidabile, fissate al supporto murario con prodotti a base cementizia o polimerica.
L’inserimento di tiranti verticali post-tesi è un intervento applicabile solo in presenza di murature di ottima qualità.
Nel caso di realizzazione di nuove aperture in pareti esistenti, per far fronte alla diminuzione della capacità resistente della parete e all’aumento della sua deformabilità, può essere necessario prevedere rinforzi in grado di collaborare con la muratura esistente attraverso opportune connessioni ripristinando, per quanto possibile, la condizione dell’intera parete in atto prima della realizzazione dell’apertura.
Un incremento della capacità portante delle pareti murarie, con conseguente miglioramento del comportamento sismico, si ottiene infine anche attraverso l’eliminazione delle discontinuità con la chiusura di nicchie, canne fumarie cavedi o anche di vecchie lesioni o sconnessioni all’interno delle murature, purché venga realizzato un efficace collegamento dei nuovi elementi di muratura con quelli esistenti.
5. Contenimento delle spinte e consolidamento di archi e volte
L’assorbimento delle spinte di strutture voltate, particolarmente importante in caso di sisma, può essere ottenuto con tiranti e cerchiature. La posizione ottimale dei tiranti è al di sopra delle imposte degli archi, ma spesso tale soluzione non può essere adottata, per cui può essere necessario disporre i tiranti all’estradosso, purché ne sia dimostrata l'efficacia e la flessione risultante sia adeguatamente presidiata. Presidi estradossali possono essere realizzati con elementi dotati anche di rigidezza flessionale (elementi di limitata sezione) e aggiungendo tiranti inclinati a questi connessi e ancorati a livello delle imposte (catene a braga).
La realizzazione di contrafforti (o ringrossi murari) è utile nei confronti delle sollecitazioni non sismiche, ma il loro effetto in caso di azioni sismiche deve essere adeguatamente valutato, a causa dei potenziali effetti locali connessi al significativo irrigidimento.
Per il consolidamento di archi e volte è possibile anche il ricorso a tecniche di rinforzo estradossali basate sull’utilizzo di compositi fibrorinforzati. Soluzioni alternative o integrative possono essere ottenute con frenelli o riempimenti coesivi leggeri.
La realizzazione di soluzioni pesanti come cappe e contro-volte in calcestruzzo, armato o meno, va valutata con cautela a causa degli incrementi di peso che comporta.
6. Altri interventi
- Interventi su pilastri e colonne
Tenendo presente che i pilastri e le colonne sono essenzialmente destinati a sopportare carichi verticali con modeste eccentricità, gli interventi tendono generalmente a:
- migliorare la resistenza a sforzo normale mediante ad esempio cerchiature e fasciature;
- eliminare eventuali spinte orizzontali prodotte da elementi spingenti poggianti su di essi.
In presenza di azioni sismiche, le colonne e i pilastri, realizzati in muratura o anche monolitici, devono, infatti, non solo essere preservati da forze orizzontali, ma anche essere impediti di ruotare in sommità.
Sono da evitare, in genere, gli inserimenti di anime metalliche, perforazioni armate, precompressioni longitudinali e in generale, salvo in caso di accertata e inevitabile necessità, gli interventi volti a conferire a colonne e pilastri in muratura capacità resistenti non usuali.
- Interventi sulle scale
La struttura portante delle scale deve essere accuratamente verificata, sia per le azioni non sismiche, sia per le azioni sismiche.
Particolari situazioni di rischio possono presentare le soluzioni ad arco rampante, spesso particolarmente sottile e spingente su murature esterne, oppure quelle realizzate con gradini di pietra a sbalzo, sia per le insufficienti dimensioni dei gradini, sia per l’insufficiente spessore delle murature nelle quali questi sono inseriti.
È infine opportuno verificare la sicurezza dei parapetti, spesso inaspettatamente poco resistenti.
- Realizzazione di giunti sismici
La realizzazione di giunti sismici in edifici esistenti di muratura, specie se in aggregato, risulta tecnicamente problematica e deve essere attentamente valutata perché può produrre effetti negativi nei confronti dell’equilibrio statico delle diverse parti coinvolte.
- Interventi in fondazione
I cedimenti in fondazione di un edificio sono generalmente fenomeni che si manifestano lentamente, se non sono prodotti da repentine alterazioni del suolo (ad es. variazioni del regime idrico per perdite di tubazioni e fognature, nuove costruzioni contigue, rilevati o scavi vicini). Negli edifici esistenti le insufficienze fondali sono pertanto messe in luce, nella maggior parte dei casi, grazie alla presenza di quadri fessurativi e deformativi che possono essere individuati nella fase di rilievo. Per una prima valutazione dell’efficacia di un sistema fondale di un edificio esistente è pertanto fondamentale un accurato rilievo dei quadri fessurativi e dei dissesti, nonché comprendere se il fenomeno si è ormai arrestato mediante lo studio dell’evoluzione storica di tali fenomeni.
Per quanto riguarda gli effetti dei terremoti, se si escludono casi di pendii instabili e fenomeni di liquefazione dei terreni, è raro che i dissesti siano legati a insufficienze fondali. In ogni caso la conoscenza del sistema fondale e l’identificazione delle manifestazioni di dissesto precedenti all’evento sismico è funzionale per la valutazione della capacità resistente post sisma.
Nel caso in cui la fondazione poggi su terreni dalle caratteristiche geomeccaniche inadeguate al trasferimento dei carichi, o nel caso in cui si siano manifestati dissesti attribuibili al sistema fondale o siano stati effettuati interventi che modifichino i carichi alla base, occorre procedere alla verifica e all’eventuale consolidamento delle fondazioni. Gli interventi sono di massima classificabili nelle seguenti tipologie.
Allargamento della fondazione mediante cordoli o platee in c.a. L’intervento va realizzato in modo tale da far collaborare adeguatamente le fondazioni esistenti con le nuove, curando in particolare la connessione fra nuova e vecchia fondazione. A tale scopo, deve essere realizzato un collegamento rigido (travi in c.a., traversi in acciaio di idonea rigidezza, barre post-tese che garantiscono una trasmissione per attrito) in grado di trasferire parte dei carichi provenienti dalla sovrastruttura ai nuovi elementi. In presenza di possibili cedimenti differenziali della fondazione è opportuno valutarne gli effetti sull’intero fabbricato.
Consolidamento dei terreni di fondazione. Gli interventi di consolidamento dei terreni possono essere effettuati mediante iniezioni di miscele cementizie, resine (ad es. poliuretani che si espandono nel terreno) o altre sostanze chimiche.
Inserimento di sottofondazioni profonde (micropali, pali radice). Nel caso di cedimenti che interessino singole porzioni di fabbricato, è consigliabile valutare la possibilità che si verifichino assestamenti differenziali, legati alla nuova configurazione. Si deve prevedere un’idonea struttura di collegamento tra micropali e muratura esistente (ad es. un cordolo armato rigidamente connesso alla muratura). I collegamenti diretti tra i pali e le fondazioni esistenti devono essere considerati con particolare prudenza per il rischio di danneggiamento del manufatto con riduzione della capacità portante delle fondazioni esistenti.
Nelle situazioni in cui, nell’eventualità di un sisma, si ritiene possibile l’attivazione di fenomeni d’instabilità del pendio, il problema va normalmente affrontato agendo direttamente sul terreno e non a livello delle sole strutture di fondazione.
Una delle cause più ricorrenti dei cedimenti fondali è quella di alterazione del regime delle acque del sottosuolo; nel caso di dissesti imputabili a tale fenomeno, è pertanto opportuno valutare attentamente le cause che hanno determinato l’alterazione del regime delle acque del sottosuolo.

C8.7.4.2 CRITERI PER GLI INTERVENTI DI CONSOLIDAMENTO DEGLI EDIFICI IN CALCESTRUZZO
Nel presente Capitolo si forniscono criteri generali per gli interventi di consolidamento degli edifici in calcestruzzo armato, insieme ai relativi modelli di capacità, con riferimento ad alcune tecniche usualmente utilizzate. I criteri e le tecniche di seguito riportati sono indicativi e non esaustivi; non si esclude pertanto l’impiego di tecniche di intervento non citate, metodologie innovative o soluzioni particolari che il progettista individui come adeguate al caso specifico.

C8.7.4.2.1 Incamiciatura in c.a.
A pilastri o pareti possono essere applicate camicie di c.a. per conseguire tutti o alcuni dei seguenti obiettivi:
- aumento della capacità portante verticale;
- aumento della resistenza a flessione e/o taglio;
- aumento della capacità in termini di deformazione;
- miglioramento dell’efficienza delle giunzioni per sovrapposizione.
Lo spessore delle “camicie” deve essere tale da consentire il posizionamento di armature longitudinali e trasversali e la realizzazione di uno spessore del copriferro adeguato.
Ai fini della valutazione della resistenza e della deformabilità di elementi incamiciati sono accettabili le seguenti ipotesi semplificative:
- l’elemento incamiciato si comporta monoliticamente, con piena aderenza tra il calcestruzzo vecchio e il nuovo;
- il carico assiale si considera applicato alla sola porzione preesistente dell’elemento per i soli carichi permanenti, all’intera sezione incamiciata per i carichi variabili e per le azioni sismiche;
- le proprietà meccaniche del calcestruzzo della camicia si considerano estese all’intera sezione se le differenze fra i due materiali non sono eccessive.
I valori della capacità da adottare nelle verifiche sono quelli calcolati con riferimento alla intera sezione incamiciata nelle ipotesi semplificative su indicate ridotte secondo le espressioni seguenti:
- capacità in termini di resistenza a taglio:
 
- capacità in termini di resistenza a flessione:

- capacità in termini di deformabilità allo snervamento:

- capacità in termini di deformabilità ultima:

I valori da impiegare per le resistenze dei materiali sono:
a) per l’acciaio delle strutture esistenti, la resistenza ottenuta come media tra le prove eseguite in sito e quanto ricavato da fonti aggiuntive di informazione, divisa per il fattore di confidenza appropriato in relazione al Livello di Conoscenza raggiunto e, solo nel calcolo di ṼR, divisa anche per il coefficiente parziale;
b) per i materiali aggiunti, calcestruzzo ed acciaio, la resistenza di progetto.
I valori da impiegare per le resistenze dei materiali nel calcolo del valore della capacità in termini di resistenza a flessione M̃ da usare per la valutazione della sollecitazione di taglio agente su elementi/meccanismi fragili sono:
c) per l’acciaio delle strutture esistenti, la resistenza ottenuta come media tra le prove eseguite in sito e da fonti aggiuntive di informazione moltiplicata per il fattore di confidenza appropriato in relazione al Livello di Conoscenza raggiunto;
d) per i materiali aggiunti, calcestruzzo ed acciaio, il valore caratteristico della resistenza.

C8.7.4.2.2 Incamiciatura in acciaio
Camicie in acciaio possono essere applicate principalmente a pilastri o pareti per conseguire tutti o alcuni dei seguenti obiettivi:
- aumento della capacità in termini di resistenza a taglio;
- aumento della capacità in termini di deformazione;
- miglioramento dell’efficienza delle giunzioni per sovrapposizione.
- aumento della capacità portante verticale (effetto del confinamento, espressione (8.7.4.6)).
Le camicie di acciaio applicate a pilastri rettangolari sono generalmente costituite da quattro profili angolari sui quali vengono saldate piastre continue in acciaio o bande di dimensioni ed interasse adeguati, oppure sono avvolti nastri in acciaio opportunamente dimensionati. I profili angolari devono essere resi solidali al calcestruzzo esistente attraverso idonei dispositivi (costituiti ad esempio da tasselli metallici).
Aumento della resistenza a taglio
Il contributo della camicia alla capacità in termini di resistenza a taglio può essere considerato aggiuntivo alla resistenza preesistente purché la camicia rimanga interamente in campo elastico. Tale condizione è necessaria affinché essa limiti l’ampiezza delle fessure e assicuri l’integrità del conglomerato, consentendo il funzionamento del meccanismo resistente dell’elemento preesistente.
Se la tensione nella camicia è limitata al 50% del valore di snervamento l’espressione della resistenza a taglio aggiuntiva Vj offerta dalla camicia vale:

nella quale d, tj, b e s sono rispettivamente l'altezza utile della sezione trasversale dell'elemento incamiciato, lo spessore, la larghezza e interasse delle bande (b/s=1 nel caso di camicie continue), e fyw è la resistenza di calcolo a snervamento dell’acciaio, θ è l’inclinazione delle fessure per taglio.
Azione di confinamento
L’effetto di confinamento di una camicia di acciaio si valuta, come per le staffe, con riferimento alla percentuale geometrica di armatura presente in ciascuna delle direzioni trasversali.
Per le proprietà del calcestruzzo confinato possono essere impiegate espressioni di comprovata validità, come ad esempio le seguenti:
per la resistenza del calcestruzzo confinato:

dove ρs è il rapporto volumetrico di armatura trasversale, pari a ρs = 2 (b+h) ts / (b h) nel caso di camicie continue (ts = spessore della camicia, b e h = dimensioni della sezione) e pari a ρs = 2 As (b+h) / (b h s) nel caso di bande discontinue (As = area trasversale della banda, s = passo delle bande), αn ed αs sono, rispettivamente, i fattori di efficienza del confinamento nella sezione e lungo l’elemento, dati da:

dove R è il raggio di arrotondamento (eventuale) degli spigoli della sezione (in presenza di angolari R può essere assunto pari al minore tra la lunghezza del lato degli angolari e 5 volte lo spessore degli stessi), b, h sono le dimensioni della sezione ed hs è l’altezza delle bande discontinue (se la camicia è continua si assume hs=s).
- per la deformazione ultima del calcestruzzo confinato:

Nelle due equazioni precedenti i valori da impiegare per le resistenze dei materiali sono:
a) per il calcestruzzo esistente, la resistenza ottenuta come media delle prove eseguite in sito e da fonti aggiuntive di informazione, divisa per il fattore di confidenza appropriato in relazione al Livello di Conoscenza raggiunto;
b) per l’acciaio della camicia, la resistenza di calcolo.
Le camicie di acciaio possono fornire un’efficace azione di “serraggio” nelle zone di giunzione per aderenza. Per ottenere questo risultato occorre che:
- la camicia si prolunghi oltre la zona di sovrapposizione per una lunghezza pari almeno al 50% della lunghezza della zona di sovrapposizione;
- nella zona di sovrapposizione la camicia sia mantenuta aderente in pressione contro le facce dell’elemento mediante almeno due file di bulloni ad alta resistenza;
- nel caso in cui la sovrapposizione sia alla base del pilastro, le file di bulloni siano disposte una alla sommità della zona di sovrapposizione, l’altra ad un terzo dell’altezza di tale zona misurata a partire dalla base.

C8.7.4.2.3 Placcatura e fasciatura in materiali compositi
L’uso di idonei materiali compositi (o altri materiali resistenti a trazione) nel rinforzo sismico di elementi di c.a. è finalizzato a conseguire i seguenti obiettivi:
- aumento della resistenza a taglio di pilastri, travi, nodi trave-pilastro e pareti mediante applicazione di fasce con le fibre disposte secondo la direzione delle staffe;
- aumento della resistenza nelle parti terminali di travi e pilastri mediante applicazione di fasce con le fibre disposte secondo la direzione delle barre longitudinali ed opportunamente ancorate, purché si garantisca l’efficacia dell’ancoraggio nel tempo
- un aumento della duttilità degli elementi monodimensionali, per effetto dell’azione di confinamento passivo esercitata dalle fasce con le fibre disposte secondo la direzione delle staffe.
Ai fini delle verifiche di sicurezza degli elementi rafforzati con materiali compositi si possono adottare documenti di comprovata validità.

C8.7.5. ELABORATI DEL PROGETTO DELL’INTERVENTO
Di seguito è riportato, come promemoria, un elenco più dettagliato del contenuto degli elaborati necessari per illustrare i progetti relativamente al punto (a) dell’elenco presente al § 8.7.5 delle NTC:
- analisi storico critica;
- rilievo completo della geometria;
- rilievo dei sintomi di dissesto, dei quadri fessurativi e dei fenomeni di degrado;
- identificazione dei materiali, dei dettagli strutturali e delle tecniche costruttive;
- identificazione dei dissesti manifestatisi nel tempo e delle relative cause;
- identificazione delle trasformazioni subite dal fabbricato;
- identificazione delle criticità statiche e sismiche di elementi non strettamente strutturali;
- analisi della struttura nella situazione attuale;
- identificazione delle carenze e indicazione del livello di azione sismica per il quale si ritiene venga raggiunto lo SLU(e SLE se richiesto).
Gli elaborati sopra elencati sono da considerare necessari anche per le valutazioni della sicurezza richieste al § 8.3 in assenza di interventi. In tal caso, in una specifica relazione devono essere indicati i presupposti delle valutazioni effettuate, i risultati, le eventuali criticità esistenti, anche di elementi non pensati per svolgere funzioni strutturali, e le eventuali conseguenze sull’utilizzo dei fabbricati, anche con riferimento ai parametri ζ introdotti al § 8.3.
Per un’esaustiva documentazione relativa al punto (f), ovvero per una completa comprensione dei risultati attesi con l’intervento in progetto, è necessario che sia ugualmente redatta una relazione nella quale si illustrano i miglioramenti attesi, le criticità e le eventuali conseguenze sull’utilizzo delle costruzioni in esame, anche con riferimento ai parametri ζ introdotti al § 8.3.
Per gli interventi di riparazione e rafforzamento locale, le analisi strutturali possono essere limitate alla sola parte oggetto dell’intervento, valutando in ogni caso le eventuali conseguenze sul complesso del fabbricato.

C8.7.6 INDICAZIONI AGGIUNTIVE PER GLI ELEMENTI NON STRUTTURALI E GLI IMPIANTI SOGGETTI AD AZIONI SISMICHE
I danni causati dal terremoto ai componenti e ai sistemi non strutturali possono essere significativi. Ai notevoli miglioramenti nella concezione sismica dei sistemi strutturali resistenti non sono corrisposti significativi progressi nell’ambito dell’ancoraggio e del controventamento dei componenti e dei sistemi non strutturali, che spesso hanno subito danni estesi, anche nel caso di terremoti di modesta intensità. D’altro canto, i danni sismici di componenti non strutturali e impianti possono essere tali da rendere la struttura inutilizzabile per un periodo di tempo anche molto lungo, con conseguenze notevoli, in particolare per le strutture strategiche.
Le NTC, ai §§ 7.2.3 e 7.2.4, contengono prescrizioni esplicite per la progettazione di sistemi e componenti non strutturali.

C8.7.6.1 INDIVIDUAZIONE DEI COMPONENTI NON STRUTTURALI CHE RICHIEDONO UNA VALUTAZIONE SISMICA
La scelta dei componenti non strutturali da sottoporre ad una valutazione sismica si basa sulle seguenti considerazioni:
- la pericolosità sismica,
- la vulnerabilità sismica del componente,
- l’importanza del componente per la funzionalità nel periodo post-terremoto,
- il costo e il grado di interruzione dei servizi necessari per adeguare o ancorare il componente.

C8.7.6.2 CRITERI DI PROGETTAZIONE E AZIONI DI VERIFICA
In assenza di valutazioni più dettagliate, le sollecitazioni agenti sui componenti non strutturali possono essere calcolate in base ai §§ 7.2.3 e 7.2.4 delle NTC. Possibili formulazioni per la valutazione dell’azione sismica agente su un componente non strutturale è proposta al § C7.2.3 (spettri di piano).
E’ possibile altresì valutare l’azione sismica agente su un componente non strutturale utilizzando direttamente i risultati delle analisi dinamiche incrementali determinando, ad esempio, la massima accelerazione o gli spettri di risposta in corrispondenza di ciascun piano. In tal caso occorre fare attenzione alla selezione degli accelerogrammi, che devono essere compatibili con lo spettro di progetto, e ai possibili effetti sfavorevoli sulla risposta dell’edificio causati da componenti non strutturali, come ad esempio i tamponamenti. Si raccomanda infine di utilizzare l’inviluppo di più analisi dinamiche.

C8.7.6.3 RACCOMANDAZIONI AGGIUNTIVE PER LA LIMITAZIONE DEL RISCHIO DI FUORIUSCITE INCONTROLLATE DI GAS A CAUSA DEL SISMA
Esistono diverse alternative per migliorare le condizioni di sicurezza sismica degli impianti di gas, in ottemperanza a quanto richiesto dal § 7.2.4 delle NTC. La Tabella C8.7.6.3.II descrive queste alternative, basate sul miglioramento dell’integrità degli impianti o delle strutture o sull’utilizzo di dispositivi per la limitazione del flusso di gas. Ogni alternativa presenta vantaggi e svantaggi, in relazione a costi di realizzazione, livello di miglioramento della sicurezza, benefici collaterali per emergenze non sismiche. La scelta della opzione migliore andrà, quindi, condotta caso per caso.
Per limitare questo rischio l’opzione più efficace, ed in generale priva di controindicazioni, consiste nella messa in atto di opportuni controventamenti e vincoli sismici degli impianti e delle apparecchiature, ai quali si è fatto cenno nei paragrafi precedenti.
Per le valvole ad attivazione automatica, i criteri per l’accettazione e per il controllo sono disciplinate dalle norme di settore, che potranno essere basate su standard internazionali esistenti.
La prescrizione di cui al § 7.2.4 delle NTC, relativa al passaggio dal terreno alla costruzione dei tubi per la fornitura del gas, evidenzia il problema che può derivare dagli assestamenti del terreno in prossimità delle fondazioni e dei danni che questi cedimenti possono produrre sulle tubature.
Sono da esaminare, inoltre, quei casi in cui le tubature possono subire distorsioni significative a causa del moto sismico relativo tra i punti di vincolo delle stesse alla struttura. Questa circostanza si verifica, in particolare, negli edifici dotati di sistemi di isolamento alla base, nelle zone di passaggio tra basamento ed elevazione. Si può verificare anche quando le tubature attraversano giunti strutturali tra corpi diversi quando non sono adottati accorgimenti che evitino i danni conseguenti agli spostamenti differenziali.
Tabella C8.7.6.3.I - Raccomandazioni per la valutazione e l’adeguamento di componenti non strutturali esistenti e per l’ancoraggio di componenti non strutturali di nuova installazione al variare della zona sismica

Tabella C8.7.6.3.II - Possibili alternative per la limitazione del rischio di fuoriuscite di gas sotto azioni sismiche

C8.8 INDICAZIONI AGGIUNTIVERELATIVE AI PONTI ESISTENTI
I paragrafi che seguono non hanno corrispondenza nelle NTC, essi comunque forniscono utili indicazioni per la valutazione della sicurezza e la progettazione degli interventi sui ponti esistenti.
In merito alla compatibilità idraulica si fa riferimento alle indicazioni riportate, per i ponti esistenti, ai §§ 5.1.2.3 delle NTC e C5.1.2.3.

C8.8.1 AZIONE SISMICA
Si fa riferimento a quanto previsto nel § 3 delle NTC.

C8.8.2 CRITERI GENERALI
Le disposizioni di carattere generale richiamate nel § 8.2 delle NTC nel caso dei ponti sono contenute nei: § 7.2; § 7.9.2; § 7.10.2.
Qualora non sia possibile rispettare le indicazioni inerenti la “distanza tra costruzioni contigue” e gli “spostamenti relativi in appoggi mobili” occorre porre in essere idonei accorgimenti finalizzati a minimizzarne le conseguenze.
Con riferimento ai ponti gli esiti delle verifiche devono permettere di stabilire quali provvedimenti adottare affinché l’uso della struttura possa essere conforme ai criteri di sicurezza delle NTC ed alle norme funzionali e di sicurezza dell’esercizio.

C8.8.3 LIVELLO DI CONOSCENZA E FATTORE DI CONFIDENZA
Occorre disporre dei valori di tutte le grandezze geometriche e meccaniche che consentono una verifica del tipo indicato al § C8.8.5.

C8.8.4 MODELLO STRUTTURALE
Valgono le indicazioni al Capitolo 7 delle NTC, con particolare riferimento alla corretta rappresentazione della rigidezza.
I valori delle caratteristiche dei materiali da utilizzare nel modello sono i valori medi derivanti dalla documentazione disponibile e dalle ulteriori indagini effettuate.

C8.8.5 METODI DI ANALISI E CRITERI DI VERIFICA
Le verifiche di sicurezza comportano l’esecuzione di un’analisi strutturale, di tipo lineare oppure non lineare, e di successive verifiche di resistenza e/o di deformabilità di tutti gli elementi critici dell’opera.
La valutazione della sicurezza può essere limitata alle sole strutture di elevazione solo nel caso in cui non sussistano le condizioni di cui al sesto capoverso del § 8.3 delle NTC.
Per quanto riguarda i metodi di analisi, con riferimento alle raccomandazioni del Capitolo 7 delle NTC valgono per i ponti esistenti le seguenti precisazioni.

C8.8.5.1 ANALISI LINEARE STATICA
Si adottano le regole introdotte con riferimento agli edifici esistenti, di cui al § C8.7.2.2.1, per l’analisi con spettro elastico (q=1) e l’analisi con spettro di progetto (q>1).

C8.8.5.2 ANALISI LINEARE DINAMICA
Si adottano le regole introdotte con riferimento agli edifici esistenti, di cui al § C8.7.2.2.2, per l’analisi con spettro elastico (q=1) e l’analisi con spettro di progetto (q>1). Occorre altresì soddisfare i requisiti con riferimento ai ponti di nuova realizzazione al § 7.9.4.1.

C8.8.5.3 ANALISI NON LINEARE STATICA
Il metodo, nella sua versione più semplice, consiste nell'applicazione alla struttura di un sistema di forze statiche di intensità crescente fino al raggiungimento della capacità massima in termini di resistenza o di deformabilità. La struttura viene ridotta ad un sistema bilineare equivalente ad un grado di libertà. La domanda di spostamento al periodo dell’oscillatore equivalente T si ottiene mediante spettro di risposta inelastico. In assenza di più accurate determinazioni quest’ultimo può essere approssimato con le seguenti espressioni:

dove:
q = mSe (T) / Fy
con
m =∑mi Φi e Fy la massa e la resistenza dell’oscillatore equivalente.
La verifica consiste nel controllare che la configurazione della struttura corrispondente alla domanda in spostamento del sistema equivalente produca domande di duttilità compatibili con le rispettive capacità e forze di taglio minori delle rispettive resistenze.
Si distinguono due casi:
a) Ponti a travi semplicemente appoggiate. I ponti costituiti da impalcati semplicemente appoggiati sulle pile sono modellabili in ogni caso come sistemi ad un grado di libertà. In direzione trasversale ciascuna pila costituisce un oscillatore semplice la cui massa m è data dalla somma della massa efficace della pila e della massa dell'impalcato ad essa afferente. In direzione longitudinale si distingue il caso in cui le travate siano in qualche modo vincolate ad avere uno spostamento rigido, da quello in cui ciascun sistema pila-impalcato è indipendente da quelli contigui (su ogni testa-pila un impalcato è vincolato con appoggi fissi e l'altro con appoggi scorrevoli). Nel primo caso l'intero ponte è assimilabile ad un oscillatore semplice di massa m pari alla somma della massa totale dell'impalcato e delle masse efficaci delle pile, e di rigidezza pari alla somma della rigidezza delle pile in direzione longitudinale. Nel secondo caso ciascuna pila è assimilabile ad un oscillatore semplice come indicato per l'analisi nella direzione trasversale.
b) Ponti con impalcato continuo. La versione più semplice del metodo è applicabile per ponti per i quali la massa corrispondente al primo modo di vibrazione è non inferiore all’80% della massa totale. Quando questa condizione non è soddisfatta occorre considerare più modi fino al raggiungimento di una massa modale pari all’80%. Una possibilità è quella di eseguire ripetutamente il procedimento sopra indicato con riferimento a una singola distribuzione di forze, con le distribuzioni derivanti da ciascuno dei modi considerati e ricavando per ciascun caso la corrispondente risposta in termini di distorsione degli elementi duttili. La risposta complessiva per tali elementi si ottiene quindi con la regola SRSS oppure CQC. Le sollecitazioni agenti negli elementi/meccanismi fragili si ottengono infine mediante condizioni di equilibrio. Per quanto riguarda il punto di controllo da adottare per ciascuna distribuzione di forze, l’esperienza ha mostrato che la scelta più opportuna consiste nell’assumere come punto il nodo avente la massima ampiezza modale.

C8.8.5.4 VERIFICA DEI MECCANISMI DUTTILI
Gli elementi soggetti a presso-flessione sono verificati confrontando la domanda di rotazione rispetto alla corda con la rispettiva
capacità.
Le espressioni seguenti forniscono i valori medi della rotazione rispetto alla corda allo snervamento e al collasso:


Nelle espressioni riportate Φy (N) e Φu (N) sono le curvature di snervamento e ultima della sezione trasversale dell’elemento, calcolate mediante una serie di analisi momento-curvatura della stessa effettuate per un numero discreto di valori dello sforzo normale N . Ad ogni livello dello sforzo normale, i valori delle curvature Φy e Φu si ottengono approssimando il diagramma M - Φ con una curva bilineare. La curvatura ultima è quella minima tra la più piccola delle curvature che si ottengono imponendo ai lembi della sezione le deformazioni limite dei materiali, e quella per la quale il momento flettente diminuisce all’85% del valore massimo. Il calcolo delle deformazioni limite viene effettuato per tutti i materiali componenti la sezione dell’elemento adeguato, e cioè acciaio (in trazione) e calcestruzzo (in compressione) delle parti esistenti e di eventuali ampliamenti di sezione. Nel calcolo della deformazione limite del calcestruzzo occorre tenere conto dell’effettivo stato di confinamento. Il limite inferiore per l’acciaio può essere convenzionalmente assunto pari a εsu = 0.040 , indipendentemente dalla qualità dell’acciaio. Le lunghezze Ls e Lp sono rispettivamente la lunghezza di taglio e quella della cerniera plastica. In assenza di più accurate determinazioni, quest’ultima può essere assunta pari a Lp = 0,1 Ls .
Nel caso di verifica allo SLC la capacità di rotazione rispetto alla corda da utilizzare vale:

con γel = 1.5. Nel caso di verifica allo SLV la capacità è pari a ¾ di quella per lo SLC.

C8.8.5.5 VERIFICA DEI MECCANISMI FRAGILI
Il valore di verifica della domanda per sollecitazione di taglio è:
- quello fornito dall’analisi, se a entrambe le estremità dell’elemento la distorsione non supera il valore di snervamento (l’elemento è elastico);
- quello equilibrato dai momenti di estremità, limitati al loro valore di snervamento quando risulta per una o entrambe le estremità.
La capacità resistente a taglio deve essere valutata in accordo a modelli di comprovata validità. Ad esempio, può essere la formula seguente che fornisce la resistenza come somma dei contributi del calcestruzzo, dello sforzo normale e delle armature trasversali:

dove Ac, Asw sono rispettivamente l’area della sezione di calcestruzzo interna alle staffe e quella dell’armatura trasversale, h, x e z l’altezza efficace della sezione, la profondità dell’asse neutro e il braccio delle forze interne, s il passo delle staffe. Il parametro k = k (μΔ) varia in generale tra 0.29 e 0.1 in funzione della duttilità in spostamento dell’elemento tra 1 e 4) e tiene conto del degrado ciclico del contributo del calcestruzzo alla resistenza a taglio.
Il valore della resistenza a taglio da impiegare nelle verifiche (SLV e SLC) è quello sopra riportato diviso per un coefficiente di sicurezza pari a γel = 1.25.

C8.8.6 FONDAZIONI E SPALLE
Per quanto riguarda la verifica delle fondazioni e delle spalle valgono le indicazioni di cui al §7 delle NTC.

C8.8.7 CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI
Le tipologie di intervento sui ponti sono descritte nel § 8.4 delle NTC.
Interventi di riparazione o locali
Purché il numero delle corsie fisiche non sia incrementato, e ove non ricorrano gli estremi per l’esecuzione di interventi di miglioramento o adeguamento, possono rientrare in questa categoria i seguenti interventi:
- Sostituzione dei vincoli, a condizione che ciò non comporti una variazione di rigidezza del sistema “pile-vincoli” superiore al 10%.
- Allargamento della piattaforma dedicata all’esercizio principale dell’infrastruttura (al fine di aumentare la superficie carrabile, ovvero la superficie disponibile per il transito ciclo-pedonale). In tal caso le verifiche dell’impalcato devono essere effettuate, in generale, considerando i carichi variabili previsti dalle NTC. E’ possibile, con adeguata motivazione e adottando apposite limitazioni d’uso, considerare i carichi variabili previsti nel progetto dell’impalcato originario.
- Sostituzione degli impalcati. Le verifiche dell'impalcato di nuova realizzazione, in generale, devono essere effettuate considerando i carichi da traffico previsti dalle NTC. Per i ponti ferroviari, considerando che tutte le linee ferroviarie esistenti sono classificate secondo i massimi carichi ammessi a circolare, le verifiche dell'impalcato di nuova realizzazione possono essere effettuate adottando i carichi da traffico previsti nel progetto dell'impalcato originario, ovvero utilizzando i carichi relativi alla categoria di linea cui l'opera appartiene.
- La combinazione degli interventi indicati nei punti precedenti, purché essa non determini la necessità di interventi di miglioramento o adeguamento
Interventi di miglioramento
Possono ricadere in questa in questa categoria i seguenti interventi:
- Interventi finalizzati ad accrescere la capacità dell’opera nel suo insieme.
- Interventi finalizzati a mitigare gli effetti dell’azione sismica. Possono rientrare in questa fattispecie anche gli interventi che modificano lo schema statico della travata (ad esempio mediante l’uso di nuovi impalcati a trave continua o mediante la creazione di una catena cinematica tra campate adiacenti) con o senza l’impiego di sistemi di isolamento e/o dissipazione, purché non determinino incremento delle sollecitazioni trasmesse alla sottostruttura.
- La combinazione degli interventi indicati nei punti precedenti, purché essa non determini la necessità di interventi di adeguamento.
Interventi di adeguamento
Per gli interventi di adeguamento conseguiti mediante idonei accorgimenti mirati a mitigare gli effetti dell’azione sismica sull’opera, la valutazione della sicurezza può essere limitata alle sole strutture di elevazione solo nel caso in cui, oltre a non sussistere le condizioni di cui al sesto capoverso del § 8.3 delle NTC, non siano previsti interventi di rinforzo delle strutture originarie in elevazione. Possono rientrare in questa fattispecie gli interventi che modificano lo schema statico della travata (ad esempio mediante l’uso di nuovi impalcati a trave continua o mediante la creazione di una catena cinematica tra campate adiacenti) con o senza l’impiego di sistemi di isolamento e/o dissipazione.
Ove non ricorrano condizioni diverse, gli interventi inerenti l’adeguamento sismico di infrastrutture esistenti progettate e realizzate antecedentemente alla classificazione sismica dell’area su cui insistono o nel rispetto di una normativa tecnica antecedenti delle Norme Tecniche possono inquadrarsi nella lettera c) del § 8.4.3, per essi, pertanto, si può assumere ζE=0,80.